di Chiara Bussi
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Germania e Svizzera, ma anche Cina, Corea e Singapore. Sono questi, secondo Alessandra Lanza, senior partner di Prometeia, i mercati più promettenti per l’autunno dell’export del Made in Italy. «Mai come in questo periodo – afferma l’economista - le rotte delle esportazioni saranno influenzate dall’andamento della pandemia. Questi Paesi hanno saputo fronteggiare l’emergenza prima o meglio degli altri ed è stato possibile ripristinare i canali di vendita. Ma il quadro è in continuo mutamento e la cautela è d’obbligo. Proprio per questa ragione le imprese devono avere un atteggiamento tattico, tenendosi pronte a correggere il tiro in caso di necessità, spostandosi verso altri mercati».
Più che il tasso di cambio euro/dollaro e le tensioni geopolitiche sarà il fattore P (che sta per pandemia, appunto) a guidare le scelte. Con una premessa: il Covid ha impresso una ferita profonda e per tornare ai livelli del 2019 bisognerà attendere almeno due anni.
Se l’Europa è ormai diventata mercato domestico per il made in Italy, la prima destinazione su cui puntare è ancora la vicina Germania. Qui il calo del Pil previsto per il 2020 (-6%) è il meno accentuato rispetto alle altre economia dell'Eurozona (-8%) e il Paese dovrebbe restare dovrebbe centrale anche nel medio termine: le ultime stime di Prometeia elaborate per Ice-Istat a luglio vedono proprio tra il Reno e il Meno un aumento cumulato delle importazioni da altri Paesi del 15% nel 2021 e 2022.
«Le aziende italiane, in particolare della meccanica – afferma Lanza - potranno continuare ad avere un ruolo di primo piano». Da non sottovalutare è la Svizzera, che anche nel periodo più buio è stato l’unico mercato a calamitare le imprese estere, con un aumento delle importazioni del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2019. «Il Paese – spiega l'economista – si sta affermando sempre più come un hub della distribuzione di prodotti farmaceutici».
Nei prossimi due anni l’accelerazione prevista è intorno all’8 per cento. Più difficile in questo momento il mercato francese, tradizionalmente secondo punto di approdo per le esportazioni del Made in Italy. Qui la situazione è a macchia di leopardo dei contagi e (dunque anche delle restrizioni per chi fa impresa), anche se nei settori della meccanica e alimentare potrebbero non mancare le opportunità.
Da tenere d’occhio sono anche i Paesi dell'’Est Europa, con Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Romania in testa. Proprio la Repubblica Ceca, secondo le stime di Prometeia, dovrebbe segnare un balzo delle importazioni dall’estero di oltre il 20% nel 2020-2021. Le prospettive del commercio mondiale in seguito alla pandemia guardano verso Est.
In Asia gli occhi saranno puntati sulla Cina, primo Paese di diffusione del Covid, ma anche il primo ad aver superato la pandemia. I contraccolpi si sentiranno certo anche qui. Il periodo d’oro della crescita di Pechino sembra ormai lontano con una frenata del ritmo di accelerazione del Pil che arriverà all’1,6% del 2020, dopo aver segnato nel 2019 +6,1% ai minimi da 29 anni.
Ma gli ingranaggi del commercio si stanno gradualmente rimettendo in moto e secondo le stime della società di consulenza e ricerca nel 2020 e 2021 il Paese dovrebbe attirare importazioni in aumento intorno al 20 per cento.
Opportunità secondo Lanza potrebbero arrivare anche da Corea del Sud e Singapore che hanno saputo superare la pandemia anche grazie alla tecnologia. «Raggiungerli – dice Lanza – potrebbe essere ancora complicato dal punto di vista logistico, soprattutto per settori come moda e design che necessitano di una rete commerciale e di flagship store sul posto. Per superare gli ostacoli il maggiore utilizzo dell’e-commerce potrebbe diventare strutturale».
Cautela invece sugli Usa dove la situazione sanitaria resta fragile. Anche se secondo le stime di Prometeia il calo del Pil quest'anno sarà meno accentuato (-4,2%) rispetto a quello della media europea. «Essendo un grande mercato – fa notare Lanza – anche in una situazione di questo tipo potranno presentarsi nicchie di opportunità, soprattutto per meccanica e alimentare».
Non è nella top five delle mete ma non va dimenticata l'Africa, in particolare il Sudafrica e i Paesi del Nord. Da tenere alla larga, almeno per un po', sono invece i paesi dell'America Latina, India e Medio Oriente.
A livello di settori nel 2021-2022 la domanda di made in Italy sarà alta soprattutto dell'alimentare, dei metalli e dei mezzi di trasporto con un aumento delle importazioni dal mondo stimato del 14 per cento. Per macchinari e apparecchi l’incremento dovrebbe attestarsi al 13%, per tessile e farmaceutico poco sopra l'11 per cento.
«Al momento – conclude Lanza – è diminuita un po’ ovunque la corsa ai beni voluttuari, ma se dovesse esserci un secondo lockdown generalizzato a livello mondiale è probabile un ritorno a forme di acquisto consolatorio. Dopo il boom di prodotti elettronici in inverno per attrezzarsi con lo smart working questa volta l’attenzione potrebbe spostarsi sul comfort della persona (cibo e vino) e della casa (design e illuminazione), su un terreno di gioco dove il made in Italy eccelle».
Chiara Bussi
Redattore
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