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The 1975 e l’importanza fondamentale di essere onesti

di Rossano Lo Mele

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Una band quasi di altri tempi, capitanata da un leader eccentrico e dedita a un contagioso citazionismo Anni 70 e 80. Che un gruppo così e un suono del genere abbiano raggiunto i vertici delle classifiche e catturato l'attenzione internazionale ha qualcosa di fuori dall'ordinario. Ma in Italia in pochi se ne sono accorti

8 giugno 2020
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7' di lettura

Laura Snapes – la più autorevole firma mondiale femminile di music writing – ha scritto sul sito pitchfork.com queste parole: «Forse il grande merito dei 1975, essendo a metà dei loro 20 anni, è quello di essere proprio così: incasinati, onesti, vulnerabili, senza censure e sgargianti. La più grande e giovane band chitarristica inglese di questi anni boicotta il machismo più triviale, abbraccia semmai una visione da boy band e punta ai sentimenti più che all'apparenza: questo è un atteggiamento piuttosto radicale. When You Sleep forse si spinge troppo in là, ma non è certo un disco cinico». When You Sleep sta per I Like it When You sleep, for You Are so Beautiful yet so Unaware of it. Questo il titolo del disco in questione. Era il 2016 e la musica era diversa, qui come in Inghilterra. Gli indiscussi campioni del genere rock nazionale erano (e in verità restano) gli Arctic Monkeys di Alex Turner, forti di una narrazione ormai consolidata benché sempre fresca e quotidiana. I 1975 di Matty Healy erano al secondo disco, si stavano arrampicando per la loro scalata al regno (inglese) della musica, ma già con questa fissa per i titoli lunghi. Nel 2018 arrivò poi A Brief Inquiry Into Online Relationships, mentre da qualche giorno ha preso residenza dentro smartphone, computer e negozi il nuovo album: Notes On A Conditional Form.

La scalata è oggi infine arrivata all'apice: primo posto nella classifica inglese e in quella australiana (da sempre satellite di quella britannica), quarto in quella americana. Ovunque ben piazzato nel resto del mondo, il caso 1975 rappresenta una autentica anomalia in Italia, nel senso che qui il quartetto non esiste proprio. Uno dei dischi più attesi dell'anno ha appena timbrato il cartellino alla posizione numero 100 (100, sì) della classifica FIMI italiana, da cui in breve tempo verrà espulso e dimenticato. Ma chi sono mai questi 1975, di fronte a cui mezzo mondo impazzisce e invece noi rimaniamo impermeabili? Perché se sfugge la domanda, l'enigma continuerà a perpetrarsi. L'impressione è che qui la band di Matty Healy non venga minimamente presa per quella che è. O forse sono i tempi. O il virus. O la lingua ostile, chissà. Proviamoci, almeno.

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Arte e musica in modalità combinatoria
Prima di chiamarsi così, i 1975 si chiamavano Drive Like I Do. Su YouTube trovate ancora qualche antico demo della band, che, tuttavia, al momento di capire se fare sul serio o meno, ha cambiato ragione sociale tramutandosi in un numero. Prima uno fra i tanti, poi il numero e il nome dell'unica nuova band britannica in grado di riempire le arene in un paese dominato da grime (variante più autentica e stradaiola del rap), trap, e tutto il consolidato circo delle glorie nazionali che da decenni colonizzano il mondo (si chiamava British Invasion, no?). I 1975 arrivano da Manchester e questo li accomuna spiritualmente a quella genìa infinita di grandi band del Nord: dagli Oasis ai New Order, dai Buzzcocks ai Charlatans, dai James agli Stone Roses. Può sembrare solo un fatto geografico, ma non lo è: è un'attitudine. Provate a farvi un giro dentro questo mammut discografico edito nel 2017 dalla Cherry Red: Manchester, North Of England. A Story Of Independent Music. Greater Manchester 1977-1993. Dentro ci troverete, fra l'altro, due cose. Il punto di partenza dei 1975 e allo stesso tempo l'approdo della band.

Enciclopedici postmodernisti della musica, i 1975 vivono degli slanci, degli affanni, delle paure e dell'ambizione di Matty Healy. In un'epoca che ha ammainato la bandiera dell'originalità a favore di un'idea dell'arte in modalità combinatoria, i 1975 fanno dell'incrocio dei loro modelli estetici e ideologici il loro stile. Give Yourself a Try, esplicito omaggio al beat di Disorder dei Joy Division. Oppure People, a metà strada tra l'irruenza verbale dei Fall e l'orecchiabilità dei Buzzcocks. Me & You Together Song ha una scrittura dolceamara che riporta direttamente all'esordio degli Stone Roses, il disco che cambiò per sempre la musica inglese. I 1975 saltano agevolmente dalla fine del decennio che li nomina al 1989: l'anno di nascita di Matty Healy e del debutto degli Stone Roses. Passando poi oltre.

L'unicità nel panorama attuale dei 1975 sta quindi proprio nel raccontarsi e percepirsi per quello che è: una band. Matty Healy ne è il motore, figlio di attori e portatore di una visione che diremmo totale e “warholiana” di quello che fa. Il mondo dei 1975 non è mai solo strettamente musicale. Dietro può ruotarci alternativamente un concept come quello dei neon fotografati ovunque da David Drake, il quadrato nero stilizzato – un secolo dopo Kazimir Severinovič Malevič – scelto come icona, il tema fisso per quanto instabile delle relazioni on line, la scelta di mettere in commercio lo stesso album, ma con formati e copertine diverse, come nel caso del nuovo Notes On a Conditional Form.

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Ragazzi, compagni, questa canzone è per voi
Proprio da qui si può partire per decrittare la band. In un'epoca dove il narcisismo non risparmia nessuno, figurarsi la musica, e quindi il singolo individuo sta al centro di tutto (anche perché le economie scarseggiano e uno basta e avanza) i 1975 insistono sul racconto di se stessi come factory artistica. La produzione è affidata a George Daniel, batterista del quartetto che proprio assieme a Matty manda avanti un'etichetta discografica che prende il nome dalla primissima incarnazione della formazione: Drive Like I Do, appunto, come detto sopra. Premessa: Matty, voce e faccia della band, non fa nulla per nascondere questa sua bulimia artistica e, di nuovo, ambizione. Relazioni buone per i social media (ora la sua compagna è la collega FKA Twigs) e un modo di comunicare sempre assoluto, totalizzante, potremmo dire adolescenziale. Per i detrattori, questa macedonia non è una forma d'arte. Ignorando forse che da almeno 40 anni lo zibaldone in cui viviamo è esattamente questa zuppa postmoderna fatta di citazionismo. Si può però emergere con buone canzoni e una identità forte. Oppure si può replicare l'esistente. Basta saperlo riconoscere: quello che sta facendo una band come i Tame Impala è molto più che pubblicare album, bensì creare oceani di suono, nuove forme nella modalità di ascolto e creazione della musica.

Il New York Times di recente ha parlato proprio di questo, grazie alla penna di Lindsay Zoladz. Se apparentemente Notes on a Conditional Form può ricordare il concetto di playlist o mixtape, in realtà si distanzia da progetti simili – tipo More Life di Drake, 2017 – proprio per via della sua impervia direzione artistica. Questo è il segreto dei 1975: la propria auto-rappresentazione. Che passa attraverso il mettersi a nudo come band, come accade per esempio in Guys, ultimo brano del nuovo album e dichiarazione d'amore ai soci, compagni di avventura.

Del resto, Matty Healy è un ragazzo cresciuto col mito della band. Michael Azerrad, firma americana, principale responsabile e raccoglitore dell'epopea “indie” americana dei tardi anni Ottanta e dei Novanta, è il suo scrittore preferito. Matty si è formato su libri di culto come American Indie, traduzione italiana di Our Band Could Be Your Life. Da ragazzino è cresciuto con la prima ondata del punk americano a tinte emo, prima che diventasse un fenomeno da Zelig: parliamo di band misconosciute quanto di culto come Cap'N'Jazz e American Football. Guys è una dichiarazione d'amore non solo nei confronti dei propri compagni di viaggio, ma di tutta un'idea di musica. La strada, il furgone, il carico-scarico, quando il temine indie non era ancora stato derubricato dal dizionario. I riferimenti ideologici dei 1975 rimandano ai grandi del genere, dai Sonic Youth ai Pixies. Del resto, se così non fosse, pensate forse che gente come Kim Gordon, Brian Eno, Mike Kinsella o Conor Oberst avrebbe accettato di creare dei podcast per il magazine The Face dialogando proprio con Matty?

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Lo spleen che arriva (sempre) da Manchester
L'universo dei 1975 è, insomma, totalizzante. In un'epoca di turbo individualismo, prova a raccontare che le cose si possono fare anche in un altro modo: assieme. E sostanzialmente in casa. Certo, si mentirebbe se si omettesse l'accurato lavoro svolto con continuità sui social media. La produzione accorta. L'affiliazione ambientalista e la presenza nel disco di Greta Thunberg. Le battaglie per la parità di genere in musica. Lo strizzare l'occhio anche all'elettronica di consumo, sebbene sempre in modalità irregolare, come nel pop jazz di Frail State Of Mind. Se non si sottolineasse quanto l'atteggiamento da belloccio maledetto della porta accanto di Matty non facesse gioco sulle ragazzine. Ma che un gruppo così e un suono del genere abbia raggiunto i vertici di un mondo respingente a questo tipo di atteggiamento ha qualcosa di fuori dall'ordinario. Non è Ed Sheeran e nemmeno la rudezza da auto fiction immaginaria del rap.

Probabile che Matty non lo ammetterà mai: ma il suo obiettivo di lungo periodo deve essere quello di domiciliarsi nel cuore di chi ascolta, come seppero fare gli Smiths 35 anni fa. Troppe le analogie. Dalla recente, malinconica Birthday Party che rimanda in modo palese a Unhappy Birthday della ditta Morrissey & Marr, sino a dichiarazioni di masochismo sentimentale come la meravigliosa Be My Mistake, che sembra appunto presa di peso dal catalogo esistenziale degli autori The Queen Is Dead. E poi laddove un tempo Moz cantava che la «timidezza è piacevole, ma ti può bloccare», oggi Matty declama: Sincerity Is Scary, la sincerità fa paura. Già, i vecchi, compianti Smiths, un'altra band di Manchester, guarda caso. Il grande freddo del Nord dal cuore grondante spleen. Con quel Morrissey che in giovinezza si faceva sempre ritrarre con un libro di Oscar Wilde in mano. Uno si intitolava The Importance of Being Earnest. L'importanza di essere onesti. Matty Healy ha imparato bene la lezione.

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