di George Soros
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L’Unione europea si trova ad affrontare una minaccia esistenziale, eppure la leadership dell’Ue sta rispondendo con un compromesso che sembra riflettere la convinzione che la minaccia possa essere semplicemente ignorata. Il regime cleptocratico del primo ministro Viktor Orbán in Ungheria e, in misura minore, il Governo illiberale di “Diritto e Giustizia” (PiS) in Polonia, sfidano sfacciatamente i valori su cui è stata costruita l’Unione europea. Trattare la loro sfida come una posizione politica legittima meritevole di riconoscimento e di una soluzione di compromesso non farà che accrescere – pesantemente – i rischi che adesso l’Ue deve affrontare.
Riconosco e comprendo l’enorme pressione sotto cui sta operando la cancelliera tedesca Angela Merkel. È stata alla guida della Germania per 15 anni e si sta avvicinando al pensionamento, nel settembre 2021. Con il presidente francese Emmanuel Macron temporaneamente distratto dalla questione della laïcité e da altre gravi preoccupazioni per la sicurezza in Francia, la Merkel è sostanzialmente diventata l’unica autorità decisionale dell’Ue.
Capisco anche perché la cancelliera tedesca non vuole che un altro Paese, l’Ungheria, annunci la sua intenzione di lasciare l’Ue sotto la sua supervisione. Secondo quanto riferito, questo è ciò che Orbán si stava preparando a fare negli ultimi giorni, perché non può permettersi di mostrare l’ampiezza della corruzione del suo regime, cosa che la condizionalità dello “Stato di diritto” dell’Ue per l’erogazione dei fondi dell’Unione avrebbe inevitabilmente messo in luce.
Orbán si è appropriato indebitamente di ingenti somme durante il suo decennio al potere, compresi i fondi dell’Ue che sarebbero dovuti andare a beneficio del popolo ungherese. Non può permettersi che vengano imposti dei limiti effettivi alla sua corruzione personale e politica, perché questi proventi illeciti sono il grasso che fa girare senza intoppi le ruote del suo regime e mantiene i suoi compari allineati.
La minaccia di silurare le finanze dell’Ue ponendo il veto al bilancio è stata una scommessa disperata da parte di Orbán. Ma era un bluff che avrebbe dovuto essere verificato. Sfortunatamente, la Merkel, a quanto pare, ha ceduto al ricatto ungherese e polacco.
Mentre scrivo, sembra chiaro che la Merkel ha raggiunto un compromesso con Orbán e il leader de facto della Polonia, il vice primo ministro Jarosław Kaczyński. L’accordo che la Germania ha fatto con i due Stati canaglia membri dell’Ue, tuttavia, costituisce il peggiore degli scenari possibili. Il testo ampiamente trapelato del compromesso proposto, da incorporare nella dichiarazione conclusiva della riunione del Consiglio europeo di questa settimana, presenta tre problemi fondamentali.
In primo luogo, la dichiarazione altera in sostanza e intenti il testo del regolamento concordato dalle istituzioni Ue il 5 novembre, indebolendo notevolmente la condizionalità legata allo Stato di diritto. Né la Commissione europea né il Parlamento europeo, per non parlare dei governi nazionali che hanno fatto dell’integrità del regolamento la loro principale preoccupazione nel Consiglio europeo, dovrebbero lasciarsi mettere da parte in questo modo.
In secondo luogo, alcune disposizioni dell’accordo servono a ritardare l’attuazione della condizionalità dello Stato di diritto fino a due anni. Sarebbe un vero colpo per Orbán, poiché ritarderebbe ogni possibile azione fino a dopo le prossime elezioni parlamentari ungheresi in programma nel 2022.
La tregua darebbe al partito Fidesz di Orbán tutto il tempo per modificare le leggi ungheresi e le disposizioni costituzionali, e consentirebbe a Orbán di continuare a modificare la definizione di cosa si intenda per “fondi pubblici” in Ungheria, in modo che gli sia consentito convogliare bottini illeciti da enti pubblici a “fondazioni” private controllate dai suoi amici. La principale vittima dell’accordo che la Merkel avrebbe concluso con Orbán sarà il popolo ungherese.
Infine, la dichiarazione proposta al vertice rappresenta un caso in cui il Consiglio europeo agisce al di là della propria autorità, limitando la facoltà della Commissione europea di interpretare e agire in base alla legislazione Ue concordata. Si tratta di un pericoloso precedente, perché riduce l’indipendenza giuridica della Commissione e può benissimo violare il Trattato dell’Unione Europea, almeno nello spirito.
L’accordo, per come viene inteso, è brutto e si fa beffe dei desideri espressi dal Parlamento europeo. Ma a causa dell’urgente necessità di utilizzare il fondo di recupero Covid-19 da 750 milioni di euro, il Parlamento europeo potrebbe benissimo approvarlo.
Tutto quello che posso fare è esprimere l’indignazione morale che devono provare le persone che credevano nell’Ue come protettrice di valori europei e universali. Desidero inoltre avvertire che questo compromesso potrebbe intaccare gravemente la fiducia faticosamente raggiunta, acquisita dalle istituzioni dell’Unione con la creazione del Recovery Fund.
George Soros
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