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Ex Ilva, a Genova nessun passo indietro: Mittal va avanti con la Cig

di Domenico Palmiotti

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(REUTERS)

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Nulla di fatto dall’incontro tra istituzioni locali, sindacati e azienda convocato dal prefetto di Genova, Carmen Perrotta. Sempre oggi incontro a Taranto tra sindacati e azienda.

18 maggio 2020
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3' di lettura

Fumata nera a Genova per ArcelorMittal nell'incontro del pomeriggio del 18 maggio tra Prefettura, istituzioni locali, sindacati e azienda. Mentre Fim, Fiom e Uilm nazionali chiedono l’intervento urgente del governo. A Genova, ArcelorMittal non ha fatto alcun passo indietro, come chiesto, sull’ampliamento della cassa integrazione Covid che coinvolge circa 200 lavoratori. I rappresentanti sindacali liguri, con il sostegno delle istituzioni locali, hanno proposto all’azienda di sospendere la procedura - da loro giudicata “illegittima” - fino a giovedì, in attesa della firma del decreto “Rilancio” da parte del presidente Sergio Mattarella. «L’azienda si è rifiutata», hanno spiegato i sindacati al termine dell'incontro. Per questo il 19 maggio i lavoratori saranno dalle 8.30 in assemblea e i sindacati presenteranno un esposto in Procura contro l’azienda. E un altro esposto sarà presentato all’Inps. «Hanno detto no alle mediazioni - hanno detto i sindacati - quella di ArcelorMittal è una scelta politica perché le commesse ci sono».

A Genova nella mattinata del 18 maggio c'è stato un corteo, definito dalle sigle metalmeccaniche «una passeggiata con mascherine e rispetto del distanziamento sociale». C’erano circa 500 persone. Spiccavano uno striscione rosso con la scritta «I lavoratori non sono merce. Non siamo schiavi di Mittal» e una bandiera dell'azienda dove è stata cancellata la sigla Arcelor sostituendola con la parola Corona e l’unione con Mittal ha formato il nuovo termine “CoronaMittal”. Sotto è stato scritto “Indegni”.

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A Taranto il 18 maggio non c’è stata alcuna manifestazione ma la situazione è egualmente molto tesa, con lo stabilimento che è ormai al minimo produttivo. L’azienda ha incontrato i sindacati e ha annunciato nuove fermate e nuova cassa integrazione dal 19 maggio, nonché una riduzione della manutenzione al laminatoio a freddo. Stretta, questa, mitigata dalla ripartenza di qualche impianto e dal ritorno al lavoro per pochi giorni di una sessantina di lavoratori.

Intanto, i segretari generali di Fim Cisl, Marco Bentivogli, Fiom Cgil, Francesca Re David, e Uilm, Rocco Palombella, hanno chiesto ai ministri dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e del Lavoro, Nunzia Catalfo, un incontro “urgente” su ArcelorMittal, ex Ilva. «Le tensioni di queste ore in merito alla drammatica situazione industriale ed alla gestione della cassa integrazione per Covid in tutti gli stabilimenti ArcelorMittal Italia, la perdita salariale per i lavoratori in cig, la riduzione al minimo della produzione di acciaio e la quasi totalità degli impianti fermi a valle del ciclo produttivo in tutti i siti italiani, il blocco degli investimenti per l'ambientalizzazione, lo stato di abbandono degli impianti, la mancanza di interlocuzione con ArcelorMittal» sono i motivi per cui le sigle metalmeccaniche chiedono l'incontro al Governo.

All’incontro le sigle sindacali chiedono la presenza dei vertici societari «per conoscere e valutare l’effettivo stato della trattativa sugli assetti societari, sul piano industriale, occupazionale e ambientale, sulle strategie, sulle prospettive tecnologiche e industriali del gruppo». Infatti la lettera è inviata anche all’ad di ArcelorMittal, Lucia Morselli. I sindacati ricordano infine che la cassa ordinaria scade a fine giugno e che l’accordo del 4 marzo scorso prevede, entro la scadenza del 31 maggio, un accordo sul piano industriale e il ricorso alla cassa integrazione straordinaria.

L’episodio che ha riacceso la tensione a Genova è la decisione di ArcelorMittal di mettere dalla serata del 14 maggio altri 1.000 lavoratori in cassa integrazione divisi tra i siti di Genova, Novi Ligure, Taranto ed altri. Secondo i sindacati, si tratterebbe del tentativo di ArcelorMittal di risparmiare sul costo del lavoro, in attesa di riprendere la trattativa con il Governo sugli stabilimenti ex Ilva che, entro fine anno, potrebbe portare ad una restituzione degli impianti da parte della società dopo averli presi in fitto l'1 novembre 2018. La possibilità che ArcelorMittal lasci tutto pagando 500 milioni è infatti prevista dall'accordo del 4 marzo tra Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti, e ArcelorMittal, che è gestore. Nel frattempo, quest'ultimo non ha pagato a Ilva l'ultima rata trimestrale del fitto, sebbene ridotta del 50 per cento rispetto all'importo iniziale (45 milioni).

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