di Gianni Rusconi
(AFP)
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L’emergenza Coronavirus non è finita, e non solo dal punto di vista sanitario. Il ritorno al lavoro, per molte aziende, è ancora un work in progress e per molti professionisti e manager chiamati a svolgere ancora da casa la propria funzione non è cambiato molto rispetto ai mesi del lockdown totale. Un sondaggio condotto da EasyHunters a Fase 2 già avviata, fra circa 13mila lavoratori di aziende di diversa grandezza e di diversi settori, ha delineato uno scenario attendibile sulle aspettative e i timori dei dipendenti che ancora non sono rientrati in ufficio, delineando per prima cosa una spaccatura netta tra chi si è espresso favorevole al rientro, il 44% del totale, e chi invece ha confermato la preferenza per rimanere a casa, il restante 56%.
Più interessanti, perché riflettono una situazione ancora in divenire per chi è ancora in smart working, sono i dati che fotografano le paure dei lavoratori stessi. Il timore principale registrato dall’indagine, espresso da circa il 65% del campione, è di tipo sanitario e riguarda la presenza di colleghi affetti da Coronavirus e asintomatici, seguito dalla possibilità di contagiarsi prendendo i mezzi pubblici (citata nel 40% dei casi).
Per ovviare a questo problema, la maggior parte degli intervistati (il 69%) ha confermato di voler ricorrere all’auto privata e il 4,9% alla bicicletta, mentre il 13% circa si sposterà a piedi o con i mezzi pubblici. Sintomatico il fatto che nessuno, infine, opterà per car sharing o sistemi di spostamento simili.
L’assunto però più significativo emerso dallo studio di Easy Hunters ha per oggetto l’evoluzione del modello di home working definito da molte imprese per ovviare all’obbligo di quarantena forzata. L’83% dei rispondenti vorrebbe infatti avere, anche in futuro, la possibilità di continuare a operare da casa per qualche giorno alla settimana e una percentuale altrettanto elevata (l’80%) è convinto che questa modalità di lavoro non abbia alcun impatto sulle performance professionali, anzi.
Il 90% dei dipendenti interpellati, infine, chiede alle aziende di ripensare l’organizzazione aziendale, le modalità di interazione con colleghi e persone esterne, nonché di prevedere l’uso di dispositivi digitali per poter lavorare meglio, anche lontano dagli uffici.
Dall’Osservatorio Copernico sullo Smart Working, in tal senso, emergono una serie di fattori chiave che segneranno il rientro in ufficio. L’ergonomia degli ambienti, per esempio, è una delle priorità più importanti. Come affrontarla? Attraverso il riposizionamento delle scrivanie per garantire la distanza e là dove necessario l’introduzione di barriere separatorie (pannelli in plexiglass o mobili su misura), la ventilazione continua degli ambienti e una grande attenzione al tempo di permanenza all’interno degli stessi.
Le persone, oggi più che mai, dovranno essere al centro dell’ufficio post Covid-19, che dovrà elaborare e integrare soluzioni finalizzate al migliore equilibrio tra il sistema uomo-macchina-ambiente di lavoro e le capacità e caratteristiche psico-fisiologiche dell’uomo. Si affermerà, in poche parole, un modello di ufficio intelligente, in cui la parola d’ordine sarà sì la sicurezza ma accompagnata da varie altre buone pratiche: costante igienizzazione dei locali e delle postazioni di lavoro, re-design degli spazi, “work rotation” organizzata, sistemi di filtraggio dell’aria adeguati, tecnologie per il controllo della temperatura e il monitoraggio della distanza.
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