di Angelo Flaccavento
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La settimana milanese della moda si è chiusa lunedì riportando al centro, con decisione, Milano. Un anno intero di oscillazioni tra confinamenti, riaperture, chiusure – delle quali peraltro, al momento, non si vede la fine – ha inferto un duro colpo alla capitale più europea d’Italia, città del progetto e dell’innovazione. Però ci sono fermento ed energia, perché Milano si rialza sempre, anzi dà il meglio proprio nei momenti bui.
Pierpaolo Piccioli sceglie un luogo doppiamente simbolico per il live streaming dello show di Valentino: il Piccolo teatro Strehler. Un avamposto di cultura, come i tanti che stanno patendo terribilmente visti gli attuali protocolli, viene riaperto per un giorno solo, a platea vuota, con un gesto affermativo che Piccioli definisce punk. Ma lo Strehler non è un teatro qualsiasi: è stato la culla di un modo radicale di programmare gli spettacoli, aprendosi a un pubblico trasversale per creare vera condivisione, al di là di censi ed elitarismi.
La collezione va in scena sul palco, immerso nel buio totale perforato da lame di luce, espanso dalla quinta specchiata. Modelle e modelli - la sfilata è mista, e la collezione prevede capi che migrano dal guardaroba di lei a quello di lui, e viceversa, incluse la maglie aderenti di grossa rete - percorrono tutta la scena per poi fermarsi in plotone, sulle note struggenti del brano Nothing compares to you cantato live dalla performer Cosima. È una marcia solenne e malinconica quanto potente e grafica per la scelta di limitare i colori ai non colori nero e bianco, nella quale si dipana il ritratto di una variegata umanità: la nuova generazione cui Piccioli intende parlare, senza tagliar via la precedente perché qui si include invece di escludere. Il tutto è condensato non in un racconto di parole e comunicazione, ma in un atto di moda: la proposta di una silhouette cortissima o lunghissima, senza tiepidi compromessi, che ogni personaggio interpreta a suo modo. L’urgenza di non uniformare rimanendo coerente è il vero messaggio. Vibra di un romanticismo che rima con individualità perché romantica, dice Piccioli, è «la forza di essere se stessi».
Anche Massimo Giorgetti sceglie un teatro per il fashion film di Msgm, girato dal capace Alessandro Calabrese, con le modelle che camminano all’indietro. E non è meno simbolico: il Teatro Manzoni del benessere e del progresso anni 50. Qui prende forma un manifesto visivo e sonoro, di moda e di idee, scandito da un’ode bifronte alla città di Milano parlata dalla voce di Gea Politi. Milano is alive dice il verso di apertura: Milano è viva. È quello di cui Giorgetti è convinto da sempre – ha dedicato varie collezioni alla sua città di adozione – e che adesso ribadisce con verve compiaciutamente underground, tra colori acrilici, zatteroni discotecari e vinili alternativi.
C’è energia in abbondanza, e il gusto provocatorio di mescolare alto e basso, ruvido e prezioso senza riverenza ma con il senso di una femminilità più morbida che in passato, da DSquared2, mentre da Ports il direttore artistico Karl Templer esplora lo spazio elastico tra funzione e desiderio, comfort e design dal forte impatto. Da Giada, infine, si materializza una elevazione verticale fatta di linee fluide, materie preziose, colori terrosi. Una visione di eleganza naturale, perfetta per suggellare una stagione di profondi contrasti.
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