di Carlo Melzi d'Eril e Giulio Enea Vigevani
La regina si vaccinera', "testimonial" contro i no-vax
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A molti giuristi in questi tempi viene rivolta una domanda: lo Stato può rendere obbligatoria la vaccinazione per il Covid-19? La speranza dell’interlocutore è un responso semplice e chiaro: sì o no.
Purtroppo, come sempre accade quando si tratta di questioni delicate, la risposta più corretta è “dipende”. Dipende dagli esiti della sperimentazione scientifica, dipende da chi sia il destinatario dell’obbligo, dipende anche da che cosa si intenda per obbligo.
Partendo dall’alto, la nostra Costituzione consente al legislatore di prevedere un obbligo vaccinale, se ciò è ragionevole allo stato attuale delle condizioni epidemiologiche e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica. L’art. 32, infatti, tutela la salute non solo come diritto fondamentale del singolo ma altresì come interesse della collettività e permette di imporre un trattamento sanitario se diretto «non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri» (così la Corte costituzionale, nella importante sentenza n. 5 del 2018).
Nel caso del coronavirus il contesto è noto: una pandemia che ha fatto decine di migliaia di morti solo nel nostro Paese, lo ha fermato del tutto per mesi e ancora oggi impone notevolissime restrizioni alle più elementari libertà, radicalmente cambiando la vita quotidiana di tutti e rischiando di abbatterne il sistema economico. In una simile situazione, converremo tutti eccezionale, diamo per assodati un certo numero di presupposti: anzitutto che la comunità scientifica nel suo complesso garantisca, con il tasso di sicurezza seriamente assicurabile, cioè mai la certezza assoluta, che un vaccino, adeguatamente testato, può giocare una parte importante nel superamento dell’emergenza. In secondo luogo, che vi sia una campagna di informazione capillare e adeguata a convincere della ragionevolezza della scelta di vaccinarsi chiunque non sia accecato da bizzarre superstizioni e che spieghi i (remoti) rischi per chi si vaccina e i (certi) vantaggi per chiunque, soprattutto per le persone più deboli. Inoltre, che sia prevista una indennità in favore di chi subisca danni dalla vaccinazione. Infine, che sia predisposto un piano che garantisca a tutti la possibilità di vaccinarsi.
A queste condizioni, riteniamo possa essere disposto, beninteso dal Parlamento e con legge, una sorta di obbligo rispetto a un trattamento sanitario in grado di contribuire a debellare la pandemia.Ma come potrebbe declinarsi un simile obbligo? Certo, non immaginiamo scenari di altri tempi e altri luoghi, con le forze dell’ordine che, casa per casa, somministrino coattivamente il vaccino. Ci pare invece concepibile un sistema di imposizioni per alcune categorie e di oneri e incentivi per tutti gli altri, che inducano i cittadini a vaccinarsi. Dunque, tenuto conto di quali sono le attività più pericolose per la diffusione del virus, soprattutto alle categorie più fragili, nonché di quali sono quelle indispensabili per la vita quotidiana, possiamo tentare di formulare qualche ipotesi che non ci sembra priva di razionalità e che dunque potrebbe essere adottata da un legislatore che, come ricordava Michele Ainis qualche giorno fa su Repubblica, decida di decidere.
La profilassi potrebbe essere requisito indispensabile per l’esercizio della professione medica o infermieristica e per chiunque lavori nelle residenze per anziani, per l’inevitabile contatto dei sanitari con persone affette da altre patologie o in là con gli anni. Così come non vediamo difficoltà a prevedere un obbligo di vaccinazione per il corpo docente e non docente delle scuole, per i rappresentanti delle forze dell'ordine e per tutti i soggetti che per lavoro hanno un contatto frequente e diretto con un numero elevato di persone, soprattutto se fanno parte della pubblica amministrazione. Chi non esercita queste professioni non sarebbe così soggetto ad alcuna imposizione.
Tuttavia, alcune attività pericolose per la trasmissione del virus sarebbero riservate solo a chi è vaccinato. Ci riferiamo, ad esempio, a tutte quelle in cui è altamente probabile la compresenza di molte persone in un unico luogo. Dagli stadi, ai cinema, ai teatri, per passare ai campi sportivi, ai bar, ai locali, ai ristoranti, fino ai mezzi di trasporto. Tutti questi luoghi potrebbe riprendere gradualmente vita, se a frequentarli fossero solo persone che non sono a rischio di contagio e dunque di ulteriore diffusione della malattia.
Dunque, non vediamo ostacoli a una esclusione di chi, per scelta e non per necessità, decide di non vaccinarsi, almeno sino a quando il virus continui a essere una minaccia per la salute pubblica. Anche rispetto all’esercizio di diritti fondamentali come l’istruzione e la religione, qualora la scienza affermasse a chiare lettere che scuole e chiese sono luoghi di possibile estensione del contagio, permanendo la situazione di emergenza odierna, non suonerebbe impossibile alle nostre orecchie consentire l’ingresso in aula o nei luoghi di culto solo a chi si sottopone al vaccino. E ciò proprio per consentire a chi è più fragile e non può essere vaccinato di esercitare proprio quei diritti fondamentali.
Lo ammettiamo: ci sembra già di ascoltare le obiezioni di chi lamenta che così un onere rischia di trascolorare in un obbligo. E ci pare anche di sentire i più ironici paragonare le nostre parole a quelle di padre Florestano Pizzarro, interpretato da quel geniaccio di Corrado Guzzanti. L’alto prelato immaginario, a proposito dell’abolizione della legge sull’aborto, prima ruggisce: «Ce piacerebbe, magaaari…», ma poi suggerisce una condotta più subdola ed efficace: riempire gli ospedali di medici obiettori e far fare carriera solo a quelli. A costoro, tuttavia, si può rispondere che la logica degli oneri descritti sopra non è quella di essere punitivi nei confronti di chi non adempie, in ossequio a una ideologia o a una religione, bensì quella di garantire tutela nei confronti di chi è più debole, per età, salute o perché non può essere vaccinato. Una declinazione di quella solidarietà sociale che è tra le non poche, e preziose, vene aurifere di cui è innervata la nostra Costituzione.
Giulio Enea Vigevani
collaboratore
Carlo Melzi d’Eril
collaboratore
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