Regeni, Conte: ho chiesto all'Egitto progressi rapidi e concreti
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Un primissimo passo che, come hanno sottolineato Claudio e Paola Regeni, i genitori del dottorando italiano dell'Università di Cambridge ucciso in Egitto quattro anni fa, non è sufficiente. Serve una risposta esaustiva da parte delle autorità del Cairo a tutte quelle domande previste nella rogatoria inviata dalla Procura di Roma nell’aprile del 2019 che ad oggi non hanno ricevuto una risposta.
I documenti di Giulio, il passaporto e due tessere universitarie, sono stati consegnati nelle scorse ore dalle autorità egiziane agli inquirenti italiani insieme a una serie di oggetti che, secondo gli investigatori egiziani, appartenevano al ricercatore sequestrato e ucciso al Cairo nel 2016. Gli oggetti furono sequestrati alla banda di presunti killer, 5 criminali comuni uccisi in Egitto il 24 marzo di quattro anni fa.
Da anni, con grandi difficoltà, gli inquirenti italiani stanno cercando la verità sulla tragica morte del giovane friulano. Il via libera delle autorità egiziane alla consegna dei documenti e degli oggetti appartenuti a Giulio è scattato a pochi giorni dall’incontro tra le procure di Roma e del Cairo che è si terrà il prossimo prossimo primo luglio in videoconferenza. Ed è giunto a una decina di giorni dal via libera del Consiglio dei ministri alla vendita di due fregate Fremm all'EgittoIl materiale giunto dall’Egitto è quello di cui fu trovato in possesso la banda di cinque “criminali comuni” uccisi nella capitale egiziana il 24 marzo di quattro anni fa. I cinque furono fatti passare dalle autorità locali come gli autori dell’omicidio di Regeni, in quello che per gli investigatori italiani è stato, invece, un tentativo di depistaggio.
Un mossa per avvalorare altri moventi dietro l’omicidio, anche quello legato a una rapina finita male o al movente sessuale. Gli oggetti arrivati in Italia sono quelli mostrati in alcune foto dopo il blitz ai danni dei cinque malviventi: il passaporto di Giulio, le tessere di riconoscimento dell’università di Cambridge e dell’università americana del Cairo. E ancora: un marsupio rosso con lo scudetto dell’Italia, alcuni occhiali da sole (di cui due modelli da donna), un cellulare, un pezzo di hashish, un orologio, un bancomat e due borselli neri di cui uno con la scritta Love.
In passato i genitori di Giulio, assisti dall’avvocato Alessandra Ballerini, hanno compiuto una perizia sulle foto da cui è emerso che solo i documenti di riconoscimento sono del ricercatore mentre l’altro materiale, come ad esempio gli occhiali da donna e la droga, è stata ritenuta forse funzionale ad avvalorare false piste per insabbiare la verità e depistare le indagini. Non è escluso che i genitori di Giulio Regeni vengano convocati a breve per effettuare un nuovo riconoscimento degli oggetti giunti dal Cairo nelle scorse ore.
Nei giorni scorsi sul punto Claudio e Paola Regeni non avevano utilizzato mezze parole. «Non intendiamo più farci prendere in giro dall’Egitto: non basterà inviarci quattro cianfrusaglie, indumenti vari e chiacchiere o carta inutile. Basta atti simbolici, il tempo è scaduto», avevano affermato nel corso di una intervista televisiva chiedendo alle autorità nordafricane «una risposta esaustiva a tutti i punti della rogatoria inviata dalla Procura di Roma nell’aprile del 2019, rimasta priva di risposta».
Risposte che potrebbero arrivare nel corso del vertice di luglio e che riguardano, in primo luogo, l’elezione di domicilio dei cinque funzionari degli apparati egiziani indagati. Si tratta del generale Sabir Tareq, dei colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, del maggiore Magdi Sharif e dell’agente Mhamoud Najem. Sono loro, secondo quanto accertato da Ros e Sco, ad avere organizzato e portato a termine il sequestro di Regeni nel gennaio del 2016. Se le autorità egiziane dovessero accogliere la richiesta, contenuta nella rogatoria, potrebbe aprirsi uno spiraglio per un eventuale processo a carico dei cinque.
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