di Laura Cavestri
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«La domanda, al momento, non c’è. Ma quando riprenderà non sarà quella di prima. Sarà flessibile, intermittente, attenta al rapporto qualità/prezzo e ai servizi offerti». Per Maurizio Carvelli, amministratore e founder di Camplus, con la popolazione studentesca internazionale che è rimasta a casa causa pandemia e restrizioni e quella italiana che ha seguito le lezioni del proprio ateneo online, è adesso il momento di investire nella residenzialità per universitari, ma anche per giovani lavoratori.
E annuncia l’apertura, entro settembre 2021, di cinque nuovi campus in Italia e uno in Spagna, a Siviglia, (dopo i tre inaugurati nei mesi scorsi a Pavia, Torino e Bologna).
Le ulteriori nuove cinque aperture sono previste a Torino, Roma, Bologna e Firenze per un totale di 1834 posti letto. Sommati ai posti letto già esistenti (e alla 6° apertura, quella di Siviglia), entro il 2021, Camplus arriverà a una gestione totale di 10mila posti letto tra Italia e Spagna.
Un investimento complessivo di 141 milioni di euro, di cui 50 milioni erogati da Camplus e il resto da banche e sei diversi fondi di investimento. Camplus – il più grande provider di housing per studenti universitari in Italia – nasce nel 2007 dalla partnership tra Fondazione Ceur (Centro europeo università e Ricerca) e Fondazione Falciola, nata nel 1995 come player di housing sociale. Nel 2017 è avvenuta la fusione delle due fondazioni che agiscono su 3 fronti: i college (che alle stanze uniscono servizi di mensa, tutoring, formazione), i residence (edifici di appartamenti gestiti direttamente dalla società) e la gestione di appartamenti di proprietà di privati. Camplus è presente in 12 città italiane: Milano, Torino, Bologna, Roma, Firenze, Ferrara, Palermo, Catania, Parma, Venezia, Padova, Cesena e, in Spagna, a Pamplona.
Nonostante in Europa gli atenei italiani abbiano rafforzato offerta e apertura internazionali, mancano però alloggi di alto livello con servizi, dalla palestra alla piscina, dagli spazi comuni alle aree di studio. In questo segmento si inseriscono investitori internazionali pronti a colmare il gap con il resto d’Europa.
Nonostante lo student housing sia passato da un tasso di copertura del 3% all’attuale 9% «Il comparto italiano – ha aggiunto Carvelli – risulta comunque in gran parte sottosviluppato e arretrato rispetto agli altri Paesi stranieri ed europei, contraddistinto in larga parte da un’offerta frammentata tra alloggi tradizionali in stile dormitorio e ancora lontani dal concept di sviluppo e gestione presente all’estero». Per altro, gli studentati rendono. Negli ultimi anni hanno registrato una rapida crescita, con ritorni, in Europa, per un investitore, del 5,7-6%, che scendono al 4,5% in mercati maturi. Rendimenti ben superiori al residenziale tradizionale (i cui yield sono del 2,5-3,8%).
«Il covid – ha aggiunto Carvelli – ha aumentato l’offerta di case sul mercato e abbassato i prezzi nelle città universitarie. Noi abbiamo restituito ai proprietari circa 2mila alloggi. Ma abbiamo anche alzato il livello di fidelizzazione delle nostre residenze e avuto il 70% di riconferme, con un tasso di occupazione che è arrivato al 90 per cento».
Quella che è cambiata è la loro fruibilità: più flessibile. Una modalità più ibrida, che coniuga il format dello studentato di un ostello, insieme all’offerta di affitti brevi. «Circa il 25% delle stanze è occupato con modalità “affitto breve”. Non tutte le facoltà e le università sono frequentabili solo online. Ma è anche vero che la presenza fisica è concentrata in pochi giorni o settimane. Si vivono le residenze in maniera “intermittente” e se si offrono servizi quali la mensa, formazione e orientamento, palestra, verde, spazi comuni, si è anche disposti a pagare un po’ di più per una migliore vivibilità. E poi c’è chi ha scelto di trascorrere nei college il lockdown piuttosto che tornare a casa». Un trend, ha concluso Carvelli, «che continuerà anche dopo il covid e che rappresenta anche un’opportunità di innovazione». Tra il 2014 e il 2019, i volumi di investimento nel settore sono cresciuti del 135 per cento.
Laura Cavestri
Redattrice di Economia
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