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Ex Alcoa, l’alluminio italiano riparte da Portovesme

di Davide Madeddu

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Ingresso dello stabilimento di Portovesme

Ingresso dello stabilimento di Portovesme

Sider Alloys ha aperto il cantiere per ammodernare, con un investimento di 150 milioni, lo stabilimento da tempo fermo: la produzione potrebbe partire nel 2022

16 ottobre 2020
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3' di lettura

Il nuovo corso per l’alluminio made in Italy è già tracciato. E parte da Portovesme, stabilimento Sider Alloys, l’azienda italiana che ha rilevato dall’Alcoa gli impianti per la produzione di alluminio primario, fermi dall’ottobre del 2012. Nello stabilimento del Sud Sardegna, dove i nuovi colori che segnano la svolta sono il bianco e l’arancione, si programmano i lavori per riportare la produzione che avverrà non prima di un anno e mezzo. «Una volta riattivati gli impianti saremo la prima azienda italiana e anche l’unica che lo produce in Italia - dice il direttore generale Eros Brega -. E questa è una sfida importante che ci stiamo apprestando ad affrontare con la massima determinazione, cercando di recuperare il tempo perso».

L’obiettivo, una volta riavviato l’intero sistema produttivo è coprire «il 14-15% del mercato nazionale di alluminio primario che vale circa 2 milioni di tonnellate l’anno». Lo scoglio più insidioso, ossia quello legato alla fornitura dell’energia per far funzionare gli impianti è stato superato. L’azienda ha siglato un contratto di cinque anni più cinque con l’Enel per la fornitura a 49,24 euro a megawattora, una cifra che dovrebbe calare, in virtù di una serie di abbattimenti legati alla cosiddetta interrompibilità e agli oneri indiretti per l’abbattimento della CO2. «Bisogna poi rimarcare che nell’arco di un mese si è chiusa la partita perché l’amministratore delegato Giuseppe Mannina ha depositato una fideiussione da poco meno di 50 milioni».

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Ora a Portovesme si pianificano gli interventi e si punta alla ricostruzione degli impianti con tecnologie all’avanguardia. Il tutto all’interno di un piano di investimenti rimodulato diverse volte e che vale 150 milioni. Risorse che arrivano in parte da finanziamenti a fondo perduto (7,8 milioni di euro), in parte da finanziamenti a tasso agevolato (84 milioni di euro),il resto dall’Alcoa (20 milioni) e da risorse proprie dell’imprenditore. Alcune opere sono già state avviate e all’interno dello stabilimento lavorano, tra dipendenti diretti e tra quelli della controllata Gms, 73 persone che con l’indotto diventano 116. L’attenzione è tutta per il grosso delle opere che dovranno essere portate a termine nell’arco di un tempo abbastanza breve. L’intervento più importante che porterà avanti la Chinalco riguarda la ricostruzione dell’impianto elettrolitico: l’area è ferma dall’ottobre del 2012 e da ricostruire con tecniche all’avanguardia . Da tempo i tecnici cinesi sono al lavoro per la definizione dei progetti e avviare quindi il programma di ricostruzione. «È la parte più delicata e importante dell’intero sistema produttivo - prosegue ancora -. L’impianto da cui potrà poi uscire l’alluminio primario che dovrà essere di ottima qualità». Il completamento dei lavori è previsto per la fine del 2021. la prima colata di alluminio primario nel gennaio 2022. Attualmente all’interno dell’area industriale sono in corso sia i lavori propedeutici alla ristrutturazione del resto degli impianti produttivi, sia quelli per rendere «l’intero compendio competitivo ed efficiente». Per vedere il primo pezzo di alluminio colato a Portovesme bisognerà attendere poco meno di un anno. «Entro ottobre 2021 - dice ancora Brega - contiamo di vedere la prima colata in fonderia». Attesa dovuta al fatto che l’intero sistema di produzione dovrà essere rivisto e adeguato alle nuove tecnologie. «I nuovi impianti e le tecnologie che saranno impiegate - dice Carla Cicilloni, responsabile del settore ambientale dello stabilimento - ci permetteranno di abbattere le emissioni e di avere una produzione di elevata qualità». L’inserimento delle maestranze all’interno del ciclo produttivo sarà progressivo. «Contiamo di arrivare al completo e a pieno regime a settembre 2023 - prosegue Brega - quando stimiamo di avere 378 dipendenti diretti, 70 addetti alle manutenzioni e la produzione a pieno regime. Complessivamente, tra diretti, indiretti e indotto si supereranno le 700 unità lavorative».

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