di Marta Casadei e Michela Finizio
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Prosegue la corsa dei depositi degli italiani. Se solo nel mese di ottobre, come raccontato in questo articolo, la liquidità sui conti correnti è cresciuta di 32 miliardi e la quantità sui depositi ha sfondato quota 1.700 miliardi, nei primi nove mesi di quest’anno, mentre il Paese fronteggiava gli effetti della pandemia da Covid-19, le somme in banca delle imprese sono cresciute del 21%, arrivando a sfiorare i 365 miliardi di euro. In parallelo i risparmi sui conti correnti delle famiglie, circa 1.080 miliardi di euro, sono saliti del 3,4% da gennaio a fine settembre. Una reazione alle misure restrittive imposte sul territorio e sull’economia che si traduce, da Nord a Sud, in un aumento delle somme accantonate.
In base ai dati della Banca d’Italia sulla raccolta bancaria Il Sole 24 Ore del lunedì ha mappato i depositi pro capite e stilato una classifica, per provincia, dei territori dove nei primi otto mesi del 2020 si è “risparmiato” di più. La spinta alla liquidità parte da Ragusa (+14%), dove i soli depositi delle famiglie (+6,3%) pesano per il 71% del totale, e si disperde nelle grandi città e nei centri finanziari. Qui l’incidenza delle somme accantonate da imprese e famiglie è inferiore sul totale e a pesare maggiormente sono i depositi di amministrazioni pubbliche, assicurazioni e fondi pensione, che sono in controtendenza rispetto al trend generale.
Anche a Roma, l’unica provincia dove i depositi generali risultano in calo, sono comunque in crescita sia quelli delle famiglie (+ 2,5%) sia quelli delle imprese (+12 %). Gli incrementi, ad ogni modo, sono inferiori alle medie nazionali, quasi a suggerire la presenza, nelle città metropolitane, di una maggiore capacità di investimento frutto di una diversa cultura finanziaria oppure, dall’altra parte, di una più forte erosione dei risparmi a causa del maggiore costo della vita.
Stringendo il focus sui depositi delle imprese, aggregando i dati su base regionale, la corsa alla liquidità risulta più marcata in Basilicata (+43%), Calabria (+33%), Abruzzo (+32%), Marche (+30%) e Puglia (+29,5%). Il fenomeno invece si riduce, scendendo sotto il 20%, nelle regioni dove si registrano le maggiori consistenze, in termini assoluti, come in Lazio (+13%), Lombardia (+16%), Liguria (+17%), Piemonte (+19%), Emilia Romagna (+19,7%) e Veneto (+19,9%).
Osservando, invece, i depositi delle famiglie, la somme accantonate crescono soprattutto in Sardegna e Valle d’Aosta. Mentre la liquidità sui conti correnti resta pressoché stabile a Reggio Emilia (-1%), Rimini e Vercelli (entrambe +1%).
Il fenomeno va osservato da più punti di vista. Da un lato c’è l’effetto diretto delle misure di sostegno alla liquidità introdotte per famiglie e imprese, ancora con il decreto Cura Italia (articolo 56) e grazie all’iniziativa Abi-Assofin: le moratorie hanno congelato 2,7 milioni di crediti e, di conseguenza, piani di ammortamento per 301 miliardi. Si affiancano i prestiti garantiti erogati, finora per 80 miliardi, e le sospensioni dei pagamenti (tasse, cartelle e contributi).
Dall’altro lato c’è l’incertezza che avvolge i prossimi mesi, con gli spettri di una riduzione dei redditi, della disoccupazione e di una prolungata reticenza alla spesa che potrebbe minare la ripresa: il tutto si traduce in un atteggiamento prudenziale, che porta ad accantonare liquidità. Un fenomeno non solo italiano: un’indagine della Bce, pubblicata a metà anno e relativa al mese di marzo 2020, aveva individuato un aumento esponenziale dei depositi in quattro dei cinque Paesi europei analizzati (Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, con l’unica eccezione della Germania). Un trend che, secondo Francoforte, può essere controproducente in termini di mancati consumi o investimenti, se prolungato nel tempo.
D’altro canto, il forte flusso di liquidità degli ultimi mesi, stimolato soprattutto dalle garanzie pubbliche, per le aziende è «appena sufficiente» (42%), se non addirittura insufficiente (12%). Lo hanno affermato le imprese del Lazio interpellate da Bankitalia : «L’incertezza di poter fronteggiare le spese incomprimibili - recita l’indagine - spinge a rimandare investimenti programmati e ad avere una liquidità precauzionale».
Marta Casadei
redattore
Michela Finizio
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