di Sissi Bellomo
Petrolio, il colosso russo Rosneft colpisce ancora nell'Artico
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Il Covid è tornato a fare paura. Anche all’Opec Plus, che ora si appresta a rivedere i piani, rinviando – con tutta probabilità – l’aumento della produzione di petrolio che aveva programmato per gennaio.
Al vertice plenario, l’unica sede in cui la coalizione può prendere (all’unanimità) una decisione del genere, manca più di un mese: l’appuntamento è per il 30 novembre e 1° dicembre. E il comitato tecnico che monitora i tagli, riunitosi lunedì 19, non ha fatto alcuna raccomandazione specifica, limitandosi a raccomandare rigore nel rispetto delle quote e ad osservare che eventuali nuovi lockdown metterebbero a rischio la ripresa della domanda. Ma Russia e Arabia Saudita hanno colto l’occasione per segnalare di essere pronte a un cambio di rotta.
Nei giorni scorsi il presidente russo Vladimir Putin e il principe ereditario saudita Mohamed bin Salman si erano sentiti due volte al telefono per discutere di petrolio: una frequenza di contatti che non si verificava da aprile, nel periodo in cui il prezzo del Wti precipitava sotto zero.
Al Joint Ministerial Monitoring Committee (Jmcc) i ministri dell’Energia dei due Paesi hanno evidenziato con forza come l’Opec Plus sia flessibile, adattabile e soprattutto determinata a non lasciarsi sfuggire di mano la situazione.
«Il mercato è molto più volatile di quanto possa sembrare», ha riconosciuto il russo Alexander Novak, lasciando intendere che Mosca non ha fretta di riaprire i rubinetti:con la risalita dei contagi da Covid «ci sono molte incertezze, vediamo tutti come sia diventato difficile per la domanda proseguire il recupero verso i livelli pre crisi».
Più sfumate le considerazioni del saudita Abdulaziz bin Salman, secondo cui dal mercato «nell’ultimo mese sono arrivati molti messaggi diversi». Tuttavia, ha aggiunto il principe-ministro, «nessuno dovrebbe dubitare della nostra risolutezza e delle nostre intenzioni».
Abdulaziz è anche tornato, come un mese fa, ad ammonire gli speculatori: «Non sarebbe saggio scommettere contro la nostra determinazione», l’Opec Plus «farà tutto ciò che è necessario, nell’interesse di tutti».
Secondo i piani approvati lo scorso aprile, la coalizione avrebbe dovuto gradualmente ridurre i tagli di produzione man mano che la domanda di petrolio avesse recuperato dopo lo shock da pandemia. Da 9,7 milioni di barili al giorno i tagli sono stati già attenuati a 7,7 mbg, ma ora ci sono dubbi crescenti sull’opportunità di portarli a 5,8 mbg dal 1° gennaio, com’era stato programmato.
Oltre al timore per l’effetto di nuove misure anti-contagio a preoccupare l’Opec Plus c’è l’inatteso ritorno del petrolio libico. La rimozione del blocco dei porti da parte delle forze del generale Khalifa Haftar ha permesso al Paese nordafricano di riavviare alcuni giacimenti e nel giro di poche settimane la sua produzione è quintuplicata, raggiungendo 500mila barili al giorno. Entro fine anno potrebbe esserci un ulteriore incremento di 200mila bg, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia.
L’Opec Plus sta inoltre faticando ad ottenere i tagli compensativi promessi dai Paesi che non avevano rispettato prontamente le quote di produzione. Riad può dirsi soddisfatta dei risultati ottenuti finora, ha detto ieri il ministro Abdulaziz, «ma c’è ancora del lavoro dal fare».
Tra gli ammoniti ci sono Iraq e Nigeria: con i loro ministri «ci sentiamo continuamente, più spesso di quanto non parliamo con le nostre mogli», ha scherzato Abdulaziz. Anche sull’intensificarsi dei contatti tra Mosca e Riad «non c’è nulla di misterioso, è un periodo che richiede una partecipazione attiva». Di certo, ha sottolineato il ministro saudita, «l’Opec Plus non si sta disgregando, come qualcuno suggerisce. In realtà stiamo anzi diventando molto più forti».
Sissi Bellomo
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