di Andrea Carli
Coronavirus, l'Italia si prepara ad affontare la "Fase 2"
7' di lettura
Rendere ordinario ciò che allo stato attuale è straordinario. L’emergenza sanitaria dettata dal coronavirus come occasione per rivedere la mobilità urbana. Nelle ore in cui il Governo ragiona su quando e come procedere alla fase due della gestione dell’emergenza coronavirus, quella che passerà attraverso la riapertura di attività produttive e commerciali, si pone il problema di quale modello di mobilità sarà opportuno adottare per evitare che la curva dei contagi torni a impennarsi.
Si tratta di individuare soluzioni che garantiscano il requisito minimo: il distanziamento delle persone. Il problema è all’attenzione dei Comuni. Secondo il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, nella fase due sarà necessario «ripensare e riorganizzare la nostra organizzazione della vita sia nei trasporti che nel lavoro e nelle attività quotidiane».
Il confronto tra Comuni e Governo
L’Anci, l’associazione dei comuni italiani, sta dialogando con il Governo, aprendo anche alla possibilità di valutare la rimodulazione di quote di finanziamenti già assegnati, destinandoli all’attuazione di una serie di azioni a livello locale, che oltre ad una valenza sanitaria, rappresentano soluzioni sostenibili in grado di agevolare la vita e la mobilità delle persone. Allo stato attuale siamo ancora nella fase di studio della questione mobilità dopo il Covid-19. Per parlare di veri e propri piani occorrerà attendere i prossimi giorni.
Colao: su trasporti stimati 15% di utenti pre-Covid
In occasione della cabina di regia tra Governo ed enti locali che si è tenuta in videoconferenza il 22 aprile, il responsabile della task force predisposta in vista della fase due di gestione dell’emergenza Vittorio Colao ha fatto presente che con la riapertura dei trasporti pubblici e con le conseguenti misure di contingentamento si stima che gli utenti saranno il 15% di quelli che si registravano precedentemente all'emergenza Covid-19.
Ambientalisti in pressing: non abbandonare smart working
Legambiente punta sulla bici per ripensare la mobilità urbana dopo il lockdown, e col virus ancora in giro. Ma non solo: propone di spingere sul car sharing (auto soprattutto elettriche, bici, e-bike, scooter elettrici e monopattini), e di non abbandonare lo smart working che abbiamo scoperto in questi giorni e che riduce il traffico di pendolari.
Mobilità sostenibile: cinque milioni di italiani in sharing
L’Italia non partirebbe da zero. Secondo il White Paper “La mobilità sostenibile e veicoli elettrici”, elaborato da Repower prima dell’emergenza Covid-19, l’offerta disharing in Italia coinvolge oltre 5 milioni di cittadini (1 milione in più in 2 anni) e i servizi tra car sharing, scooter sharing, car pooling, bike sharing superano le 360 unità, per ben 33 milioni di spostamenti, una media di 60 al minuto.
Le ipotesi al vaglio del comune di Roma
L’intenzione di tracciare un nuovo modello di mobilità nel contesto di una grande metropoli con oltre due milioni e 800mila abitanti, quale è Roma, peraltro alle prese con il problema di sempre di servizi pubblici non sempre efficienti, diventa automaticamente una necessità impellente. Ecco allora che il Campidoglio sta già prendendo in considerazione alcune ipotesi il più possibile funzionali all’obiettivo di una progressiva riapertura delle attività in città.
Nella strategia che punta a rivedere il trasporto pubblico rientrerebbe il contingentamento sui mezzi pubblici e nelle stazioni metro, contapasseggeri e segnaletica a terra su tutti bus e alle fermate per rispettare le distanze tra passeggeri. Sarebbero altresì previsti percorsi fuori dalle stazioni più affollate e monitoraggio sui flussi di utenti sui mezzi e alle fermate attraverso le celle telefoniche.
Segnaletica droplet ad hoc nei bus e nelle stazioni
Per questo motivo oltre al contingentamento e a personale
dedicato per contare materialmente i passeggeri sulle linee più frequentate si pensa anche a delimitare lo spazio per passeggero con una segnaletica ad hoc non solo sui bus ma anche alle stazioni. Inoltre si pensa di definire percorsi per guidare i passeggeri, distanziandoli, fin fuori le stazioni, almeno quelle più frequentate.
Oltre alle sanificazioni straordinarie già messe in campo, si ragiona sulla pulizia di filtri di aerazione e climatizzazione di tutti i mezzi. Probabilmente i passeggeri continueranno a salire dalla porta anteriore, misura in atto e varata proprio per l’emergenza coronavirus.
Riaperta la pista ciclabile per chi lavora negli ospedali anti Covid
Nel piano che si sta redigendo si prevede anche di incentivare mezzi alternativi al bus come la bicicletta con la realizzazione delle piste ciclabili previste nel Piano Urbano di Mobilità Sostenibile di Roma Capitale. Nei giorni scorsi il Comune ha deciso di riaprire quella di Monte Mario, nel tratto tra Balduina, Policlinico Gemelli e Columbus Covid-2 Hospital così da permettere a medici, infermieri e personale sanitario impiegato in quelle strutture di raggiungere il posto di lavoro. «L’abbiamo ribattezzata la ciclabile degli eroi», ha spiegato la sindaca di Roma Virginia Raggi. Le associazioni ciclistiche Fiab e Salvaiciclisti hanno proposto alla sindaca un piano dettagliato di piste ciclabili sulle vie principali, restringendo le carreggiate alle auto.
Corse dei mezzi pubblici a capienza ridotta
Altro elemento fondamentale sarà quello di velocizzare le corse di bus che, per necessità sanitarie, saranno a capienza ridotta: si avvierà infatti anche la realizzazione immediata di corsie preferenziali e si sta valutando di ridurre le fermate per controllare meglio il numero dei passeggeri e rendere le corse più rapide. L’ipotesi obbligo mascherine e guanti per ora non sarebbe stata presa in considerazione confidando forse anche su indicazioni stringenti in questo senso a livello governativo.
Le difficoltà dell’Atac
Atac deve fare i conti del resto anche con i numeri di flotta e personale. Con 6.500 autisti e 250 verificatori non sarà semplice attuare misure di controllo degli ingressi, delle distanze e del contingentamento. E con 1500 bus in servizio al giorno (ante coronavirus) non sarà semplice garantire il trasporto abbattendo decisamente la capienza di autobus e vagoni della metro.
Ecco perchè si è deciso di anticipare di molto i tempi e tentare di studiare strategie compatibili con futuri volumi di traffico che anche se non raggiungeranno i numeri che Roma aveva prima (oltre 600mila
utenti in metro in un giorno e quasi il doppio per le 300 linee dei bus) saranno comunque sostenuti.
La linea Sala a Milano
Per capire quale potrebbe essere il modello di mobilità da applicare nella fase di uscita dal lockdown i Comuni attendono indicazioni dal Governo. C’è da sciogliere il nodo della gestione dei mezzi pubblici per evitare assembramenti. «Il governo deve fare chiarezza - ha sottolineato il sindaco di Milano Giuseppe Sala -, oggi sento dire che c’è la possibilità che sul trasporto pubblico si possa stare solo seduti e a distanza». «Ve lo dico io - ha aggiunto -: vuol dire che la capacità» di trasportare passeggeri «scende al 10-15% rispetto ai normali orari di punta. Se si può stare anche in piedi si va al 30% ma c’è bisogno di chiarezza», ha aggiunto. Per quanto riguarda invece quello che il Comune può fare «per esempio sulle metropolitane possiamo limitare l’accesso alle stazioni quando vediamo che l’afflusso è eccessivo. Possiamo disegnare dei cerchi sui pavimenti della metrò o del tram, possiamo, in questa fase, continuare a tenere sospese l’area B e l’area C, mi dispiace per il tema dell’inquinamento ma dobbiamo promuovere ancora di più lo sharing dei veicoli e in particolare delle biciclette elettriche e degli scooter».
La strategia Rimini
Il problema di quale modello di mobilità adottare in vista della riapertura è allo studio anche del comune di Rimini. Stando alle indicazioni fornite dall’assessore con delega alla mobilità Roberta Frisoni il primo passo è quello di intervenire sulla domanda, rivedendo anche i tempi di scuola e lavoro per ridurre gli spostamenti nel corso della giornata senza avere i ‘picchi' a cui siamo stati abituati fino ad ora. Questo significa stimolare lo smart working. Sul fronte dell’offerta, spiega Frisoni, serviranno investimenti per proseguire con una costante sanificazione dei bus e si potrà valutare l’introduzione di strumenti che consentano di tracciare in tempo reale il grado di riempimento dei mezzi.
Ad esempio si possono usare app/tecnologie che informino passeggeri se i veicoli in arrivo hanno raggiunto la capienza massima consentita dalle misure di distanziamento (così come già avviene per gli avvisi sui tempi di arrivo). Tra le altre soluzioni, la promozione della mobilità attiva, cruciale soprattutto nelle città di medie e piccole dimensione, dove spesso gli spostamenti sono entro i 5 km.
Su queste distanze ci sono altre forme di mobilità “privata” a cui ricorrere al posto dell'auto: la pedonalità, la ciclabilità, la micro mobilità elettrica. La strada è quella di incentivare gli spostamenti a piedi, in bici e sfruttare anche al massimo tutti i sistemi di sharing che in molti contesti possono integrare in maniera efficace il trasporto pubblico.
I nodi del trasporto pubblico locale
A disegnare le esigenze e le difficoltà del trasporto pubblico locale nella fase2 di gestione dell’emergenza coronavirus è stata Asstra, l’associazione che riunisce le aziende - sono 930 in Italia - che trasportano ogni anno 5,4 miliardi di passeggeri e impiegano 12mila addetti. Il nuovo contesto avrà caratteristiche diverse da quelle hanno preceduto il lockdown. A cominciare dai passeggeri di bus e metropolitane, che daranno dimezzati. Ma sarà impossibile per le aziende di trasporto locale garantire il rispetto delle distanze e aumentare il numero dei mezzi in circolazione per fronteggiare eventuali nuove regole. Impossibile sarà poi prevedere attività sistematiche di misurazione della temperatura. Bisognerà invece programmare una riduzione dei flussi di passeggeri “a monte? -sostiene ancora l’associazione - concordare accordi territoriali e coinvolgere le forze dell’ordine per controlli che non potranno essere lasciati al personale viaggiante che si limiterà a fare segnalazioni.
alcuni dei nodi.
Ong ciclisti a Conte: mobilità sia sostenibile
Intanto le principali associazioni ciclistiche e alcune ong ambientaliste hanno scritto una lettera aperta al premier Conte e al capo della task force Vittorio Colao per proporre un pacchetto di misure per incentivare la mobilità sostenibile nella fase 2 dell’emergenza coronavirus. L’obiettivo è evitare che la gente prenda in massa l’automobile, visto che l’accesso ai mezzi pubblici sarà limitato per il rischio contagio.
Le associazioni propongono al primo punto la realizzazione di infrastrutture per la mobilità pedonale e ciclabile: piste ciclabili, doppi sensi per bici, intermodalità con i mezzi pubblici. I ciclisti chiedono anche «l’introduzione, già dal prossimo “decreto aprile”, di forti incentivi economici e finanziamenti per il potenziamento della mobilità sostenibile». Quindi, il mantenimento di misure come le ZTL, la sosta regolamentata, le corsie preferenziali.
Gli esempi all’estero: Bogotà e New York
Insomma, la mobilità nei centri urbani dopo l’emergenza coronavirus potrebbe riscoprire la bicicletta. E non sarebbe solo l’Italia ad andare in quella direzione. Nei giorni scorsi Bogotà, la capitale della Colombia, ha messo a disposizione 76 chilometri di ciclabili in più, per permettere ai cittadini di non accalcarsi sui mezzi pubblici. A New York gli spostamenti in bici da marzo sono raddoppiati, dopo l’invito del sindaco Bill De Blasio ad andare a piedi o pedalare, per evitare di contagiarsi su treni e metro.
Per approfondire:
● Fase due: ipotesi riapertura dopo il 25 aprile per automotive, moda e cantieri
● Coronavirus, Brusaferro: «Test per convivere col virus. Zone rosse in 100 comuni»
Andrea Carli
Redattore
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