di Andrea Chimento
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Non lascia mai indifferenti Pablo Larraín, grande regista cileno che ha sempre toccato corde profondissime con tutte le sue opere: basti citare come esempi «Il Club» o «Neruda» per cogliere il talento dell'autore sudamericano.Non fa certo eccezione «Ema», film allo stesso tempo diverso da tutti i precedenti, ma ugualmente coerente con la poetica della filmografia di Larraín.
Come già avvenuto in passato (si pensi, oltre a «Neruda», a «Tony Manero» e «Jackie»), Larraín sceglie un titolo che è anche il nome del personaggio principale, così da sottolineare come il film ne rappresenti la vera e propria natura.Ema è una ragazza di Valparaiso, amante del ballo e in particolare del reggaeton, che ha scelto di adottare un bambino colombiano insieme al suo compagno, coreografo della compagnia. Quando i due sono costretti a “restituirlo” ai servizi sociali, Ema non si dà pace e pensa a un piano per ottenere ciò che vuole.
Fin dalla prima inquadratura (un semaforo che brucia) si capisce che il film di Larraín è un prodotto che non vuole seguire le regole, giocando poi spesso con uno stile da videoclip e con colori accesissimi che riempiono la totalità dello schermo.Il fuoco con cui si apre il lungometraggio è il simbolo di ciò che rappresentano il personaggio e la pellicola stessa: un film che attrae e respinge, affascina e spaventa, seduce e distrugge.
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Film che ha confini astratti e una narrazione complessa e anticonvenzionale, «Ema» interrompe spesso il suo flusso drammaturgico per lasciare spazio a sequenze di danza e ai numerosi rapporti sessuali che scandiscono la pellicola.Larraín lavora sul corpo (il ballo come sfogo vero e proprio di tantissime pulsioni) dando vita a una riflessione sul nucleo familiare di grande modernità e audacia, che sicuramente dividerà, ma non lascerà indifferenti: un film che può venire in mente, per alcuni aspetti, è «Teorema» di Pasolini, che forse non a caso possiede proprio la parola “ema” nel titolo.Il risultato non è un semplice film, ma una vera e propria esperienza audiovisiva, dotata di immagini e suoni di grandissima presa emotiva ed estetica.Notevole prova della giovane protagonista Mariana Di Girolamo.
Tra le novità della settimana si segnala anche «La candidata ideale» della regista araba Haifaa Al-Mansour.Protagonista è Maryam, un'ambiziosa dottoressa che fatica, in quanto donna, a farsi rispettare dai colleghi uomini. Per sovvertire i rigidi dettami patriarcali della società in cui è immersa, decide di candidarsi in politica.Diventata famosa con «La bicicletta verde», Haifaa Al-Mansour mantiene l'impegno e la forza sociale del suo film migliore, ma in questo suo nuovo lavoro manca il brio narrativo dell'opera precedente.Le premesse e le tematiche sono importanti, mentre la messinscena presenta un'eccessiva staticità e anche la sceneggiatura risulta troppo scolastica per poter appassionare fino in fondo.Da sottolineare positivamente, oltre alla forza politica dell'operazione, diverse sequenze delicate e ben accompagnate dalla musica, oltre alla buona prova della protagonista Mila Al Zahrani.
Infine, va segnalato anche un interessante film italiano: «La vacanza» di Enrico Iannaccone.Protagonisti sono Valerio, un trentenne tormentato dal suo passato, che sembra in grado di vivere soltanto provando a distruggere la sua stessa esistenza, e Carla (Catherine Spaak), un'ex magistrato che inizia a manifestare i primi sintomi dell'Alzheimer. Tra i due nascerà un'improvvisa amicizia.Come aveva già dimostrato nel suo esordio «La buona uscita», Enrico Iannaccone è un regista a cui non mancano talento, ambizione e coraggio.Anche in quest'opera seconda il giovane autore italiano punta su una vicenda non semplice, tanto per la sua struttura narrativa, quanto per la descrizione dei personaggi in scena.Ed è proprio quest'ultimo punto il pregio principale di un lungometraggio che ha nell'approfondimento psicologico dei suoi protagonisti il massimo punto di forza.Qualcosa scricchiola nella parte centrale in termini di ritmo e di una struttura narrativa audace ma un po' troppo macchinosa negli andirivieni temporali, ma resta un prodotto sicuramente da vedere e un'ennesima conferma di un talento che merita di sbocciare presto.
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