di Giovanna Mancini
Effetto Covid su imprese femminili, -10mila le nuove
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Che la crisi economica innescata dalla pandemia colpisca in Italia soprattutto le donne, sembra un dato ormai acquisito. Lo hanno ripetuto in questi mesi economisti e i sociologi, sottolineando che tra i lavori più esposti vi sono molte mansioni ricoperte per lo più da donne (infermiere o commesse dei supermercati ad esempio), ma anche che sulla popolazione femminile ricadono in gran parte gli effetti collaterali delle nuove modalità di studio dei figli (la didattica a distanza) e di lavoro (lo smartworking).
Ebbene, ora i dati di Unincamere confermano che anche nel mondo dell’imprenditoria l’impatto del Covid-19 ha picchiato più duro sulle realtà a guida femminile. Probabilmente perché una parte cospicua si concentra nei settori più colpiti dalla crisi (ristorazione, turismo, spettacolo), ma anche perché, come detto, sulle donne ricadono molte incombenze familiari scatenate dalla pandemia.
Fatto sta che, dopo anni in cui in ogni trimestre le imprese femminili crescevano per numero più di quelle maschili, lo scoppio della pandemia ha frenato questo dinamismo, spiegano da Unioncamere, che in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, dà il via al suo «Giro d’Italia delle donne che fanno impresa». L’iniziativa, arrivata alla 12esima edizione, si svolge in dieci tappe (virtuali) in tutta Italia, partendo da Torino per concludersi a Milano il 16 dicembre.
I dati da cui far partire la riflessione, quest’anno, sono allarmanti: tra aprile e settembre c’è stato un significativo arresto della voglia di mettersi in proprio da parte delle donne: nel secondo trimestre, in particolare, il numero di nuove imprese femminili è crollato del 42,3%, ben più del -35,2% registrato dalle aziende maschili. Anche nel terzo trimestre, nonostante la ripresa dell’economia, le nuove iscrizioni al registro camerale hanno continuato a scendere, segnando un -4,8%, mentre le nuove imprese maschili sono aumentate dello 0,8%.
In totale, oggi in Italia sono attive 1,3 milioni di imprese guidate da donne, pari al 22% del totale, in prevalenza nel settore dei servizi (il 66,5% del totale società femminili). L’11,3% opera nell’industria e il 15,6% nel settore primario. Sono concentrate per due terzi nel Centro-Nord del Paese, anche se è nelle province del Sud che si concentra la maggiore incidenza di imprese femminili sul totale (con punte fino al 30% a Benevento e Avellino).
«La ripresa da questa fase così difficile per il nostro Paese passa soprattutto dalle donne – commenta il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli –. Si tratta di una componente fondamentale della nostra economia. Anzi, le imprese guidate da donne sono più socialmente responsabili, più attente alla sostenibilità ambientale e hanno grandi margini di crescita del loro ruolo. Un ruolo su cui il sistema camerale, attraverso la rete dei Comitati per l'imprenditoria femminile, continuerà ad investire. Sicuramente i fondi europei del Recovery Fund contribuiranno al loro ulteriore sviluppo».
I numeri ritraggono però un’imprenditoria femminile significativamente colpita dalla crisi: oltre la metà delle realtà intervistate da Unioncamere prevede una riduzione del fatturato nel 2020 e solo il 29% pensa che già nel 2021 si potrà tornare ai livelli pre-Covid (contro il 34% degli uomini). Un quarto di esse pospone al 2022 questo traguardo e un 10% addirittura al 2023.
Rispetto alle imprese maschili, quelle femminili dimostrano a seguito della crisi maggiori problemi di liquidità (38% contro il 33% degli uomini), di approvvigionamento delle forniture e di accesso al credito. Per questo hanno chiesto di accedere alle misure di ristoro più delel imprese maschili (28% contro il 20%) e chiedono aiuti per accedere al credito, oltre che supporto per la digitalizzaizione.
Giovanna Mancini
Redattore ordinario
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