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Greco: l’arte e lo spettro delle mafie

di Marilena Pirrelli

Dagli operatori nessuna segnalazione all’Uif, ma 100 dalle banche su transazioni in contante per compravendite di opere

5 giugno 2020
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5' di lettura

Inutile scorrere i «Quaderni dell’antiriciclaggio» dell’Unità di Informazione Finanziaria sulle segnalazioni sospette da parte di operatori del mercato dell’arte, case d’asta, antiquari e galleristi, perché non ce ne sono, o forse una o due dal 2017. Gli adempimenti della V Direttiva per prevenire l’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo entrati in vigore in tutta Europa sono operativi dal 10 gennaio. In Italia già con il D.lgs 90/2017 (art. 3 co 5.c) i professionisti del mercato dell’arte sono obbligati a svolgere verifiche sui propri clienti – venditori o acquirenti – prima d’instaurare un rapporto professionale e continuativo. Ma che l’assenza di segnalazioni sia un buon segnale non convince il procuratore della Repubblica del Tribunale di Milano Francesco Greco che dalla Triennale di Milano nei giorni scorsi ha messo in connessione arte e riciclaggio: «Ci sono due tipi di riciclaggio – spiega –: quello dei soldi sporchi reinvestiti e ripuliti dalla mafia e quello che negli ultimi 20-30 anni ha reso clandestini i denari puliti, cioè il riciclaggio dell’evasione fiscale. Tre scudi fiscali e due voluntary disclosure hanno sbiancato patrimoni esteri, l’ultima ha fatto emergere 60 miliardi di capitali, un esodo biblico di soldi italiani verso l’estero».

E l’arte cosa c’entra? «Queste le premesse: dal 2008 l’evoluzione del sistema finanziario e più avanti con l’economia a tassi a zero, ha portato gli investitori a diversificare su quei beni che possono rivalutarsi facilmente, come l’arte che da zero può valere mille, dove il problema sono le valutazioni e la tracciabilità – prosegue il procuratore –. In teoria poi chi possiede un’opera all’estero dovrebbe segnalarla nella certificazione dei redditi nel quadro RW, ma pochi lo fanno. Mentre esistono porti franchi, fiduciarie, trust, società nei paradisi fiscali in tutto il mondo che servono a mascherare gli utili, evadere il fisco e permettere ai mafiosi di valorizzare le loro attività delinquenziali» spiega il procuratore Greco. «Galleristi, case d’asta e operatori del mercato dell’arte forse non lo sanno o fingono di non sapere – prosegue – che sono soggetti tenuti ad alcuni accertamenti, secondo la legge antiriciclaggio: all’adeguata verifica dell’identità della clientela, dello scopo e della natura dell’attività instaurata con la stessa, alla conservazione della documentazione dell’informazione ottenuta in sede di valutazione, alla segnalazione alle autorità di intelligence finanziaria delle operazioni potenzialmente frutto o strumento di attività di riciclaggio o evasione fiscale, all’astensione dal compiere operazioni se ci si trova nell’impossibilità di effettuare l’adeguata verifica o, se in seguito alla stessa, è stata effettuata la segnalazione. Abbiamo fatto verifiche con Banca d’Italia e non esistono segnalazioni da parte di questi soggetti del mercato dell’arte. Ogni anno all’Uif arrivano 100mila segnalazioni per qualche milione di operazioni. Abbiamo fatto ricerche dalla banca dati a disposizione dell’Uif e della GdF estrapolando un centinaio di segnalazioni dalle banche di transazioni in contante su compravendite di opere d’arte. Abbiamo creato un dipartimento che cerca di contrastare anche il traffico di opere d’arte». E poi c’è un problema fiscale in Italia. «Non essendoci regole sulla tracciabilità e il rispetto su quelle sulla notifica, l’arte viaggia sul mercato nero spesso con pagamenti in contante» afferma il procuratore. «La fiscalità è fatta male: se compro un quadro e poi va in successione ed è nella casa del de cuius pago il 10% del valore della successione: su 5 milioni per esempio pago 500mila euro. Gli strumenti per combattere il nero ci sono: come i Carabinieri della Tpc (tutela patrimonio culturale) manca forse un approccio su fiscalità e riciclaggio più deciso da parte nostra: manca l’obiettivo di rendere trasparente un mercato che è sempre stato opaco e che oggi è un asset importante per reinvestire la liquidità» conclude Greco.

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E la criminalità organizzata sa bene che le opere d’arte sono una forma d’investimento che si può rivalutare nel tempo e ne approfitta . Come questo accada lo spiega il Tenente Colonnello della Direzione Investigativa Antimafia di Milano Armando Tadini, coordinatore dell’operazione Metallica: «L’operazione ci ha insegnato che la criminalità organizzata si serve per i suoi fini degli uomini cerniera» Chi sono? «Faccendieri, professionisti di ogni genere – spiega Tadini – Nel caso dell’operazione Metallica, Sergio Landonio e poi il figlio Gianluca, che veicolavano denaro della ’ndrina di Giuseppe “Pepè” Onorato verso investimenti in arte, lo fecero con la collaborazione della casa d’aste di Venezia Semenzato – spiega Tadini – che, stando agli elementi in nostro possesso, acconsentì alla vendita di quadri per contanti e assegni postdatati attraverso un’asta andata deserta. L’operatore avrebbe dovuto chiedere da dove arrivavano quei soldi, verificare insomma la ragionevolezza dell’operazione in rapporto anche all’entità delle risorse impiegate dal suo cliente». Ma come fanno ad esempio un gallerista o una casa d’asta a cercare informazioni finanziarie su un nuovo cliente? «Gli operatori non devono fare gli investigatori, ma i segnalatori di anomalie» prosegue l’investigatore della Dia. «Esistono fonti aperte, come ad esempio World-Check, spesso utilizzate dalle istituzioni finanziarie per verificare la presenza di notizie circa l’eventuale coinvolgimento dei loro potenziali clienti in fatti delittuosi, o le visure camerali o intrecciare con la Tpc possibili informazioni. E se non vi sono le condizioni per affari “puliti”, soprassedere dallo scambio e valutare se inoltrare all’Uif la prevista segnalazione. Già del resto gli operatori sono obbligati ai registri di carico e scarico della merce/arte e ai mandati a vendere. E poi osserviamo che l’arte, talvolta, serve anche a gonfiare i bilanci delle società per ottenere maggiori garanzie dal sistema bancario». Ed è sempre la valutazione a rendere l’opera scivolosa. Del resto sullo stesso Modigliani, un olio con il volto di donna, che fu rintracciato nel gennaio 2007 nell’operazione Metallica comprato a 200mila euro e offerto a 2 milioni di euro da Landonio non vi è certezza che fosse vero o falso, perché il Tribunale di Milano di fronte a due perizie una a favore di Christian Parisot e l’altra contraria, non espresse alcun giudizio. L’arte non si lascia catturare né dai buoni né dai cattivi.

A COSA DEVONO STARE ATTENTI GLI OPERATORI

Le operazioni sospette
Richiesta di prestazioni o effettuazione di operazioni con modalità inusuali e ingiustificate rispetto al normale svolgimento della professione o dell’attività.

Acquisto di beni di pregio a un prezzo molto superiore al valore di mercato o di stima, specie se pagato per contanti.

Frequente utilizzo di moneta elettronica, specie non nominativa, per importi in complesso rilevanti.

Richiesta di acquisto o vendita di beni di valore in contanti per importi rilevanti.

Acquisto o vendita di opere di valore ad un prezzo incoerente rispetto al profilo economico-finanziario del cliente.

Acquisto di opere per importi molto elevati da una società con capitale sociale ridotto.

Obbligo di astensione dall’instaurare o eseguire prestazioni professionali in assenza di adeguata verifica.

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