di Cl.T.
(Ansa)
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Duro il primo commento dei commercianti alla bozza di Dpcm che prevede la chiusura di locali e ristoranti alle 18. «Non possiamo sopportare gli oneri di un’ulteriore chiusura; o ci sono interventi economici seri e immediati o la ristorazione è morta», ha commentato così il direttore generale di Fipe Confcommercio, Roberto Calugi. Fipe Confcommercio chiede al governo «ristoro a fondo perduto, proroga del credito d’imposta sulle locazioni, blocco degli sfratti, cassa integrazione e sospensione delle scadenze fiscali come Ires e Irpef».
Il problema non siamo noi ma le scuole e il trasporto pubblico
«Ci penalizzano per negligenze altrui»: aggiunge arrabbiato Max Mascia, chef del ristorante San Domenico di Imola che dal 1977 può vantare due stelle Michelin e presidente della nazionale italiana Chef, per la chiusura alle 18 prevista dal nuovo Dpcm. «I ristoranti che rispettano le regole hanno il diritto di lavorare. Noi ci siamo adeguati, abbiamo investito, distanziato, rispettato le regole. Il problema non siamo noi ma le scuole e il trasporto pubblico. Sono le resse di studenti all'ingresso e all’uscita di scuola, gli autobus pieni: non è stato fatto niente dal pubblico mentre da noi privati sì».
«Il problema - spiega - sono i codici Ateco, quelli che mettono insieme tutti i locali, dai ristoranti, ai pub, a chi fa apericena; realtà diverse alcune in grado di garantire il distanziamento altre no».
Secondo il Dpcm firmato da Conte si prevede che le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite dalle ore 5 fino alle 18; il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi; dopo le ore 18 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico. Maglie più larghe in caso di asporto, consentito fino alle 24.
Dura anche Confesercenti. Con le nuove restrizioni anti-Covid si rischia di vedere 110mila attività abbassare definitivamente le serrande quest’anno, hanno lanciato l’allarme, con la riduzione complessiva della spesa delle famiglie nel 2020 che potrebbe raggiungere i 95,8 miliardi.
«Prendiamo atto di questo ulteriore Dpcm, ma sono sicuro che con un po' di buon senso si sarebbe potuta evitare la chiusura a favore invece di una limitazione oraria. Non capisco proprio il motivo della chiusura, da noi non ci sono mai stati episodi di assembramento». Così Domenico Distante, il presidente di Sapar, l’organizzazione che rappresenta i gestori degli apparecchi per il gioco pubblico, commenta le nuove disposizioni del Dpcm firmato dal premier. «Ci sono sale da 2-300 metri quadrati dove dentro ci sono appena 2-3 persone. Per questo il dispiacere è ancora maggiore. Parliamo di danno erariale, ma anche danno al settore che per l'ennesima volta sarà costretto a mettere in cassa integrazione tantissimi lavoratori senza peraltro garanzie per il futuro».
Claudio Tucci
Redattore
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