di Jacopo Giliberto
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Arriva una nuova mappa. La mappa del deposito atomico da costruire. Mentre gli italiani vengono spaventati dalla mappa che divide le regioni rosse, arancio, gialle secondo gli andamenti del contagio virale, il Governo ha tolto il segreto e ha pubblicato la Cnapi, sigla improbabile di Carta nazionale delle aree più idonee sulle 67 selezionate.
Anche qui i colori, ma diversi da quelli sanitari; verde smeraldo (punteggio più alto), verde pisello (buono), celeste (isole) e giallo (zone possibili ma meno adeguate).
Il 30 dicembre la Sogin, la società pubblica di gestione del nucleare, ha ricevuto il nullaosta del Governo e nella notte tra il 4 e il 5 gennaio ha pubblicato sul sito web https://www.depositonazionale.it/ la documentazione completa, il progetto e la carta segretissima, attesissima e temutissima per anni, tenuta dal 2015 sotto riservatezza assoluta con minaccia di sanzioni penali per chi ne rivelasse dettagli.
Le “aree potenzialmente idonee” delineate sulla carta Cnapi sono le aree idonee a ospitare lo spauracchio agitato da tutti i comitati nimby, dagli ecologisti di risulta e da gran parte dei Governi che si sono alternati dal 2003: è la carta delle zone fra cui sarà scelto il luogo in cui costruire con quasi 900 milioni di preventivo (una stima completa con le infrastrutture e i correlati può far pensare a un impegno complessivo di 1,5 miliardi) il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, rifiuti che oggi sono distribuiti dal Piemonte alla Sicilia in una ventina di depositi locali.
E c’è già chi insorge in via preventiva contro l’ipotesi di entrare nella mappatura, come la reattiva Sardegna.
La carta non dice il punto in cui bisognerà costruire il deposito.
Delinea invece tutti i 67 luoghi in cui ci sono le condizioni tecniche per costruirlo e assegna i voti con una graduatoria.
Ne emerge una mappa di 12 zone “verde smeraldo” con candidature molto solide che si concentrano in Piemonte (due in provincia di Torino e cinque in provincia di Alessandria) e nel Lazio (cinque in provincia di Viterbo).
Eccole.
Provincia di Torino: Rondissone-Mazze-Caluso; Carmagnola.
Provincia di Alessandria: Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento; Fubine-Quargnento; Alessandria-Oviglio; Bosco Marengo-Frugarolo; Bosco Marengo-Novi Ligure. L’area fra Alessandria-Castelletto-Quargnento e l’area Bosco Marengo-Novi sono le uniche di tutte le 67 aree individuate ad avere conseguito votazione piena con lode.
Provincia di Viterbo: Montalto di Castro (due localizzazioni), Canino-Montalto di Castro, Corchiano-Vignanello, Corchiano.
Altre 11 zone “verde chiaro” comprendono altri lotti ritenuti dai tecnici molto buoni per localizzarvi un deposito ma meno interessanti.
Tecnicamente ottima ma con una votazione meno piena (nella mappatura hanno la classificazione verde chiaro) sono Castelnuovo Bormida-Sezzadio (Alessandria), un’area a Siena (in val d’Orcia fra Pienza e Trequanda) e una a Grosseto (Campagnatico).
Interessata la zona a cavallo tra le Murge e la provincia di Matera è molto coinvolta: un territorio in provincia di Bari (Gravina), due vaste aree tra Bari (Altamura) e Matera, una nella provincia di Matera e altre due zone ampie fra Matera e Taranto (Laterza).
Nella prima selezione di 67 aree idonee erano entrate, ma hanno una votazione molto bassa con colore celeste o giallo, anche alcune zone in provincia di Potenza e nelle due grandi isole Sicilia (in provincia di Caltanissetta, Trapani e Palermo con i comuni di Calatafimi-Segesta, Petralia Sottana e Butera) e la Sardegna (4 aree idonee in provincia di Oristano e 10 nella provincia del Sulcis, tutte sulle ondulazioni che circondano il Campidano: Siapiccia, Albagiara, Assolo, Mogorella, Usellus, Villa Sant'Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Tuili, Ussaramanna, Gergei, Las Plassas, Villamar, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Guasila, Ortacesus),
Fra tutte quelle in provincia di Viterbo ci sono anche Ischia di Castro, Canino-Cellere-Ischia di Castro, due lotti a Canino, Tessennano-Tuscania, Arlena di Castro-Piansano-Tuscania, Piansano-Tuscania, Tuscania, un’altra area Canino-Montalto, Arlena di Castro-Tessennano-Tuscania, Arlena di Castro-Tuscania 1 e 2, Tarquinia-Tuscania, Soriano nel Cimino, Soriano nel Cimino-Vasanello-Vignanello, Gallese-Vignanello, Corchiano-Gallese.
In Basilicata sono ricomprese nella mappa delle candidature diverse località a Genzano di Lucania (Potenza), Acerenza, Oppido Lucano (Potenza) e Irsina (Matera).
Da decenni il Governo pianifica la realizzazione di un deposito nazionale temporaneo ad alta sicurezza in cui riunire i materiali radioattivi meno pericolosi che l’Italia continua a produrre. (Per i materiali più pericolosi è verosimile il ricorso a un deposito sotterraneo consortile fra più Paesi europei).
Lo snodo fra questo bisogno e la sua realizzazione è avvenuto nel 2003, ai tempi del Governo Berlusconi 2. In autunno il generale Carlo Jean, commissario del Governo, avviò la procedura per costruire un deposito sotterraneo, definitivo, geologico per rifiuti ad altissima radioattività nel sottosuolo salino della piana di Metaponto, dove la provincia di Matera è lambita dallo Ionio.
Comune di Scanzano Ionico, località Terzo Cavone.
Esplose una mezza rivoluzione, anticipatrice dei fenomeni simili che poi si videro in Valsusa contro l’alta velocità e nel Salento contro il metanodotto Tap.
Oltre a una parte della cittadinanza, che attorno alla contestazione ritrovò quei legami sociali e quell’identità che il cambiamento della società andava dissolvendo, la contestazione contro il progetto concentrò tutti i politici in cerca di visibilità elettorale, le associazioni in cerca di adesioni, i gruppi di contestazione sociale non solamente italiani.
Il progetto venne accantonato e condizionò il sentimento dei governanti per la costruzione del meno impegnativo ma obbligatorio deposito nazionale: da allora, tutti i Governi ebbero il terrore di confrontarsi con il tema.
(Nota a margine: in Valsusa il contenzioso continua mentre si sta costruendo la linea ferroviaria; in Puglia il gasdotto Tap è finito da alcuni mesi e da alcuni giorni sta consegnando il metano).
Una regione dalla reattività alta è la Sardegna. Prima ancora che la Sogin potesse aver pubblicato qualsiasi carta, con un tempismo imbarazzante alcuni politici sardi lunedì 4 gennaio avevano già messo le mani avanti con una dichiarazione dalla pelle sensibile. Ecco la nota congiunta del segretario del Pd sardo, Emanuele Cani, e del capogruppo Pd in Consiglio regionale, Gianfranco Ganau: «Apprendiamo che sarebbe prossima la pubblicazione della relazione tecnica predisposta dalla Sogin, per l'individuazione delle aree idonee allo smaltimento di scorie nucleari sul territorio nazionale. In attesa dell'ufficializzazione e che siano quindi pubblicati i risultati dello studio che potrebbe vedere la Sardegna come sede idonea, ribadiamo con forza la contrarietà ad accogliere il deposito di scorie nucleari sul nostro territorio regionale». E poi «l'unanime posizione più volte ribadita dall'intera popolazione sarda», e ancora «una seria mobilitazione in difesa dei sardi», perché la Sardegna «ha già dato tanto al Paese in materia di servitù militari e non solo».
Giammai, una proposta irricevibile, rigorosa contrarietà, sciagurata ipotesi, non negoziabile, questo territorio è vocato per il turismo culturale e l’agricoltura di qualità. La consultazione con i cittadini avviata dalla pubblicazione della carta delle 67 aree candidate ha suscitato una carriolata di commenti indignati dei politici rivolti al loro bacino elettorale. Quasi fotocopiabili nella loro ripetitività e nella battagliera opposizione.
Per esempio Alessio Valente, sindaco di Gravina in Puglia, scrive sulla sua pagina social: «La vocazione di queste nostre aree è agricola e turistica, e non permetteremo che ci trasformino in un cimitero di scorie nucleari. Mai».
Si sceglierà qui un florilegio di alcuni dei commenti più significativi e rappresentativi. Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia: «Scelte che rimandano al passato più buio».
(La Puglia già oggi ha stoccaggi di rifiuti radioattivi pari a 35 gigabequerel, secondo l’ultimo censimento Isin).
L’europarlamentare tarantina ex cinquestelle Rosa D’Amato: «Da europarlamentare del Sud urlo il mio dissenso».
(Il maggiore deposito di rifiuti radioattivi oggi presente in Puglia si trova a Taranto, secondo l’ultimo censimento Isin).
Al ministro lucano della Sanità Roberto Speranza si aggiungono il presidente della Basilicata Vito Bardi e l’assessore all’Ambiente Gianni Rosa: «Rischierebbe di mettere in discussione e di pregiudicare la prospettiva di sviluppo sostenibile».
(La Basilicata già oggi ha stoccaggi di rifiuti radioattivi pari a 251.985 gigabequerel, secondo l’ultimo censimento Isin).
Il presidente della Sardegna, Christian Solinas: «L’ennesimo atto di arroganza e prevaricazione».
Interessante fra molti il capo della Lega, Matteo Salvini, con dichiarazioni regionali multiple: «Il Governo è incapace e fa male alla Basilicata», «Il Governo si conferma incapace, pericoloso e arrogante anche sul tema del deposito nazionale di rifiuti radioattivi in Sicilia» e «Il Governo si conferma incapace, pericoloso e arrogante anche sul tema del deposito nazionale di rifiuti radioattivi in Toscana».
Di parte opposta sono invece i rappresentanti della maggioranza di governo: parlano di avvio del percorso di partecipazione dopo anni di ritardo i ministri Stefano Patuanelli (Cinquestelle, Sviluppo economico) e Sergio Costa (Cinquestelle, Ambiente), Nicola Fratoianni di Leu, Chiara Braga del Pd e altri.
Il mondo ambientalista (compresa la parlamentare Rossella Muroni, che fu presidente della Legambiente) è coeso nella soddisfazione per il superamento del ritardo nella procedura e le maggiori associazioni come la Legambiente e il Wwf assicurano che controlleranno la trasparenza e la partecipazione reale della società civile nella scelta finale.
Da notare Greenpeace, secondo la quale «sarebbe stato più logico verificare più scenari e varianti di realizzazione del programma, utilizzando i siti esistenti o parte di essi», cioè sarebbe meglio non concentrare tutti i residui in un solo luogo.
La normativa per il futuro deposito nucleare nazionale impiegò sette anni per essere scritta. Nel 2010 (decreto legislativo numero 31) furono stabilite le regole ma la carta Cnapi venne rinviata di anno in anno, ritoccata, sospesa, rifatta e così via. Finalmente il 2 gennaio 2015 la Cnapi fu consegnata in modo ufficiale e formale e in contemporanea venne sepolta in cassaforte, coperta dal segreto. Ogni tanto qualche ministro ha annunciato l’imminente pubblicazione della carta Cnapi, come fece nel marzo 2018 Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico del Governo Gentiloni.
Come sono stati scelti i luoghi potenzialmente idonei? Nel 2014 l’Ispra dettò i criteri di selezione: dovranno essere luoghi poco abitati, con una sismicità modesta, senza vulcani né rischi di frane e alluvioni. Non a quote troppo elevate (non oltre i 700 metri sul livello del mare), non su pendenze eccessive. Non troppo vicine al mare. Non molto vicine a autostrade e ferrovie, ma abbastanza vicine ad autostrade e ferrovie per poter essere raggiunte comodamente dai carichi di materiale da stoccarvi.
Ma i comitati di opposizione avranno un’arma facilissima per dire no alla collocazione del deposito, ovunque sia: il criterio di approfondimento numero 11 afferma che per la scelta del luogo bisogna valutare con attenzione le zone con «produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico». Cioè in Italia: ovunque.
Il deposito nazionale non riguarda le scorie più pericolose, quelle con radioattività più alta per le quali la soluzione sarà individuata in modo congiunto con altri Paesi.
Il problema che il deposito vuole risolvere sono i rifiuti radioattivi a media e bassa attività, quelli che si producono ogni giorno: reagenti farmaceutici, mezzi radiodiagnostici degli ospedali come la risonanza magnetica nucleare, terapie nucleari, radiografie industriali, guanti e le tute dei tecnici ospedalieri, controlli micrometrici di spessore delle laminazioni siderurgiche, il torio luminescente dei vecchi quadranti degli orologi, i marker biochimici e i biomarcatori. Perfino i parafulmini e i rilevatori di fumo che lampeggiano sul soffitto di cabine di nave e camere d'albergo contengono americio radioattivo.
In Italia conserviamo 31mila metri cubi di scorie irraggiate. Una parte di queste scorie perde pericolosità perché la radioattività decade con il passare del tempo, ma ogni anno ne aggiungiamo molte di più.
Si stima che fra una cinquantina d’anni i nostri figli e nipoti dovranno gestirne 45mila metri cubi in più rispetto a quelli di oggi, per un totale di 75mila-80mila metri cubi.
Il ministero dell’Ambiente ha diffuso un comunicato. Eccone uno stralcio:
«Poche ore fa, con il nulla osta del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la Sogin ha pubblicato sul sito www.depositonazionale.it la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI), il progetto preliminare e tutti i documenti correlati alla realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e del Parco Tecnologico, che permetterà di sistemare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività. Un lavoro coordinato congiuntamente dai due ministeri, atteso da molti anni, che testimonia la forte assunzione di responsabilità da parte del governo su un tema, quello della gestione dei rifiuti radioattivi, che comporta anche per il Paese una procedura di infrazione europea: attualmente i rifiuti radioattivi sono stoccati in una ventina di siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo».
Aggiunge il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut: «Si tratta di una forte assunzione di responsabilità da parte del Governo che non si sottrae dal risolvere una questione da anni al centro di dibattito e non più rimandabile. È un provvedimento da tempo atteso e sollecitato anche dalle associazioni ambientaliste, che consentirà di dare avvio ad un processo partecipativo pubblico e trasparente al termine del quale sarà definita la localizzazione dell'opera. Un impegno che questo Governo assume anche in ottemperanza agli indirizzi comunitari e nel rispetto della piena partecipazione delle comunità alle decisioni».
Morassut lancia anche un segnale a Greenpeace, l’organizzazione che ha chiesto all’Italia di aprire la procedura internazionale per poter esprimere un parere diplomatico sul nucleare francese: il ministero sta preparando «una nota indirizzata alle autorità francesi per chiedere il coinvolgimento del nostro Paese».
L'Europa dice giustamente che ogni Paese deve avere un suo deposito nazionale per i rifiuti irraggiati meno pericolosi. In genere è un capannone tecnologico, strablindato e superprotetto dentro al quale ci sono celle multibarriera. La stima dei costi complessivi si aggira sugli 1,5 miliardi, comprese le infrastrutture, anche se l'esperienza internazionale dice che impianti con ottime caratteristiche tecniche possono costare assai meno, anche un terzo.
Le norme adottate nel 2010 dicono che, pubblicata la Cnapi e sottoposta per quattro mesi al parere dei cittadini, si terrà un seminario nazionale per esaminare il tema.
Al seminario parteciperanno enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca.
In base alla sintesi di questo processo di partecipazione, la Sogin aggiornerà la Cnapi, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri dei ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture e trasporti e dell'ispettorato di controllo nucleare Isin.
Ascoltati questi pareri, lo Sviluppo Economico convaliderà la versione definitiva della carta, ovvero la Cnai, la Carta Nazionale delle Aree Idonee.
Si cercherà di convincere i Comuni ricompresi nella mappatura a farsi avanti: ci sono incentivi, occasioni di crescita, prospettive di lavoro e di benessere, soprattutto nelle aree marginali che si stanno spopolando. I vantaggi saranno più forti della paura del deposito?
Jacopo Giliberto
giornalista
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