di Nicola Zanella
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Il Forum dell'arte contemporanea italiana dalla sua prima edizione nel 2015 al Centro Pecci di Prato si pone l'obiettivo di mettere in relazione i diversi attori del sistema italiano dell'arte contemporanea con l'obiettivo di stimolare un confronto che porti ad elaborare iniziative ed idee che migliorino questo universo e che portino alla formulazione di richieste e proposte comuni da presentare in sede ministeriale. L'edizione 2020 è in corso di svolgimento online dal 10 maggio con una serie di dibattiti tematici affrontati in video-conferenza.
ArtEconomy24 era presente al “tavolo numero 5” intitolato «Quale futuro per il mercato dell'arte?» coordinato da Adriana Polveroni, Cristina Masturzo e Stefano Pasquini. Nel dibattito sono stati affrontarti anche temi annosi che da sempre penalizzano lo sviluppo del mercato dell'arte moderna e contemporanea in Italia e, soprattutto, lo rendono poco competitivo nel panorama internazionale, quali l'Iva al 22% sull'acquisto di opere d'arte, l'Iva al 10% sulle esportazioni e sulle cessioni dirette dell'artista e i limiti stringenti sulle esportazioni e, infine, la poca propensione nazionale a sostenere l'arte contemporanea Made in Italy (a parte la Biennale di Venezia e il Padiglione Italia , l' Italian Council e l'attività della Quadriennale, uniche occasioni istituzionali), tutti temi che durante l'emergenza Covid-19 hanno accentuato le difficoltà già presenti. Il sistema si scopre vulnerabile e, soprattutto, poco capace di attrarre le risorse pubbliche messe in campo nell'emergenza.
Il dibattito
Nelle due ore di discussione le proposte più interessanti sono state quelle che valorizzano l’universo dell'arte come un sistema culturale ed economico in relazione con altri sistemi internazionali e in competizione con essi per le scarse risorse attualmente disponibili dopo il lockdown, senza dare per scontato un diritto acquisito di esistere. Quali proposte hanno più senso perché si possa migliorare l'efficienza, la sostenibilità e la redditività e la ridistribuzione di ricchezza tra i suoi attori? Gli artisti sono destinati a restare sempre indietro nelle politiche del lavoro? I galleristi ce la faranno a riaprire dopo il Covid? Quante fiere d'arte sopravviveranno?
L'incontro è stato idealmente suddiviso in quattro step animati rispettivamente da avvocati specializzati in diritto dell'arte, galleristi, collezionisti e direttori di fiere. Abbiamo registrato le proposte più interessanti dei vari player coinvolti, quelle che mirano a rendere il sistema più efficiente dall'interno senza sperare solo in un intervento dall'alto! Insomma come il sistema possa sopravvivere a se stesso e non solo al coronavirus. Ilaria Bonacossa e Antonella Crippa hanno proposto che con f ondi pubblici vengano fatte acquisizione di opere d'arte per i musei e con una particolare attenzione agli artisti e alle gallerie italiane: il beneficio sarebbe diffuso sia a breve che a lungo termine con la crescita di valore delle opere (e quindi degli artisti) data la loro presenza in collezioni museali. L'avvocato Maria Grazia Longoni ha invocato concretezza per lo sviluppo di un quadro normativo che incentivi le corporate collection che al momento non sono agevolate nell'acquisto di opere d'arte che possano essere fruite dalla collettività. L' avvocato Lavinia Savini ha fatto notare l'esistenza di una legge appena emanata, con al momento validità temporanea in cui è resa possibile la così detta postergazione del credito in cui i soci finanziatori sono ora equiparati agli altri creditori sociali, una delle conseguenze per loro è la possibilità di ricevere opere d'arte a garanzia cosa che ci si augura accettino anche gli istituti di credito allineandosi così a quelli europei ed americani. Collezionista come mecenate è il ruolo che auspicano Giorgio Fasol e Antonio dalle Nogare anche per i loro “colleghi” per promuovere gli artisti partendo, ad esempio dal sostegno della produzione di opere e mostre su commissione, stimolando così tutta la filiera creativa. Per l'imprenditore Mirko Rizzi gli artisti potrebbero avere un ruolo all'interno delle aziende per stimolarne l'innovazione e la competitività, un investimento per cui l'azienda potrebbe godere di un credito d'imposta essendo questa una spesa di ricerca e sviluppo. In questa posizione l'artista con la sua ricerca potrebbe apportare valore alla collettività in maniera più tangibile. Sarebbe forse un modo per equiparare le gallerie di produzione alle start-up aziendali - ha proposto la gallerista Veronica Veronesi - con i vantaggi che ne conseguirebbero: insomma la galleria come incubatore di innovazione. Per Veronesi il peccato originale del sistema italiano dell'arte contemporanea è l'auto-ghettizzazione: è urgente quindi un allargamento del pubblico per creare una sostenibilità a lungo termine. La pandemia ha accelerato lo sviluppo del digitale ampliando potenzialmente il mercato, ha sottolineato l’avvocato Longoni.
Le fiere
Stanno subendo l'incertezza della normativa d’emergenza che ne mette in dubbio lo svolgimento nel prossimo futuro, seppur con tutte le restrizioni del caso quella che più sta agendo come player di sistema sembra essere Artissima che ha modificato il contratto con gli espositori, togliendo la clausola “annullamento per cause di forza maggiore” e assicurando quindi il rimborso degli anticipi alle gallerie in caso di cancellazione (esclusi 500 euro che verranno invece trattenuti). Utile inoltre l'idea di chiedere alle banche una linea di credito per le gallerie in modo da poter partecipare alle fiera, contenendo l'esborso anticipato di tasca propria in un momento di scarsa liquidità. In un sistema policentrico come quello italiano, dove molte gallerie hanno sede in provincia, impossibile pensare di superare nel breve termine la dipendenza del loro fatturato dalle fiere. È emersa, infine, la frustrazione di molti galleristi poiché la lettera aperta inviata dall' ANGAMC al ministro Dario Franceschini, nella quale si richiedono interventi specifici a favore della categoria, non ha ancora ricevuto risposta, palesando purtroppo il poco peso negoziale che il settore privato dell'arte contemporanea ha all'interno del sistema culturale nel suo insieme.
Le proposte sacrosante che emergono dal Forum perché possano raggiungere i risultati prefissati devono essere accompagnate da una strategia di comunicazione efficace, capace di arrivare in modo incisivo e credibile a tutti gli interlocutori che abbiano la forza e le risorse di incidere positivamente sul sistema e che non possono essere individuati nel solo MiBACT ma anche ad esempio in AMACI e nelle grandi fondazioni bancarie.
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