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Il monumento a Falcone mette a rischio la sicurezza sull’autostrada

di Nino Amadore e Maurizio Caprino

A Capaci, le regole non rispettate nella piazzola che ricorda Falcone

L’Anas, che gestisce l’autostrada, si limita a dichiarare che le barriere di sicurezza metallica presso il monumento che ricorda Falcone, sua moglie e la sua scorta «sono state costruite con i criteri previsti dalle norme tecniche»

23 novembre 2020
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3' di lettura

L’uomo, sulla sessantina, si muove sommessamente. Va avanti e indietro dall’auto mentre più in là, a pochi passi, automobilisti distratti sfrecciano: prende i fiori freschi, l’acqua e va verso il guard-rail per depositare il mazzo. Siamo sull’autostrada Palermo-Mazara del Vallo, svincolo di Capaci, in direzione Palermo. Siamo all’ombra della Stele che ricorda la strage di Capaci, quel 23 maggio 1992 in cui morirono i magistrati Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, con gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Pare un gesto di grande senso civico, portare i fiori freschi lì. E invece l’uomo spiega, con voce sommessa e monocorde: «Non sono per loro (le vittime della strage, ndr) ma per mio nipote, morto qui in un incidente». Non ha voglia di parlarne, ma alla fine gli sale un senso di fastidio e aggiunge: «Questo punto è pericolosissimo e la piazzola è stata fatta male, dopo una curva veramente brutta: se ci arrivi di sera e magari col brutto tempo, vai a finire dritto infilato nel guard rail». Come probabilmente è accaduto al nipote. Che, scorrendo le cronache locali, non è l’unica vittima di quella curva.

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Punto sbagliato, installazione poco sicura

Una curva nata già pericolosa: non fu un caso, se la mafia la scelse come luogo della strage, visto che costringe a rallentare anche auto che corrono a sirene spiegate, dando più tempo a chi deve premere un telecomando per far scoppiare una bomba.

Da quando c’è la stele, quella curva è ancora più pericolosa: il guard-rail è installato male e nulla si è fatto per consentire una sosta in sicurezza a chi volesse portare un fiore o stare un po’ in silenzio, in questo luogo sacro della legalità e della speranza.

Una parte del guard-rail, è quasi attaccata al muretto del monumento (vedi foto). Eppure i guard-rail vanno montati lasciando dietro un vuoto, lo spazio di lavoro, quantificato dal loro certificato di omologazione. Serve a farli deformare appena vengono urtati (in modo da assorbire l’energia cinetica del veicolo fuori controllo), per poi tornare in parte elasticamente verso la posizione iniziale (spingendo il veicolo indietro, verso la carreggiata). L’Anas, che gestisce l’autostrada, si limita a dichiarare che «le barriere di sicurezza metallica sono state costruite con i criteri previsti dalle norme tecniche».

Nella pratica, si rischia di ripetere la strage del 20 gennaio 2017 sull’A4 all’altezza dello svincolo di Verona Est: un bus ungherese che trasportava una scolaresca ungherese si schiantò contro un pilone del cavalcavia, “protetto” da una barriera che però gli era praticamente attaccata. Morirono in 17, fra le fiamme. I tecnici responsabili di quell’installazione andranno a processo il 15 dicembre.

Capaci, all'ombra della Stele segnaletica carente e regole non rispettate

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Logica burocratica

Quanto alla sosta, l’Anas si era giustamente posta il problema già quando si voleva costruire il monumento, che infatti fu inaugurato solo 11 anni dopo la strage. Poi ha prevalso la logica burocratica: chi, per ragioni non di emergenza, si ferma nella piazzola di sosta adiacente alla stele, viola il Codice della strada e, se causa un incidente, è responsabilità sua.

Peccato che la gente continui a fermarsi in quella piazzola: ancora oggi ai piedi della stele si vedono fiori e bigliettini dedicati alle vittime della strada da comuni cittadini, che in quel punto proprio non potrebbero mettere piede.

Non solo: dal 2017, nel campo adiacente la curva, c’è il Giardino della memoria e chi percorre l’autostrada non può nemmeno intuirlo: nessuno si è preoccupato di mettere un segnale che indichi la possibilità di raggiungerlo, uscendo dallo svincolo appena 500 metri dopo. Si farà «con i lavori di ammodernamento complessivi degli impianti di segnaletica verticale dell’autostrada», annuncia ora l’Anas. Quando? Boh.

E non si poteva far sì che una parte del giardino fosse inglobata nel sedime autostradale, facendone un’area di sosta, per facilitare il percorso della memoria a chi percorre quell’arteria di grande comunicazione? Gli esempi non mancano, sulle autostrade italiane. Dalla chiesa dell’Autosole progettata di Pier Luigi Nervi a Firenze Nord al monumento a Enzo Ferrari a Modena Nord (poi lasciato al degrado e rimosso).

Ma l’Anas risponde che un’area di sosta «non è prevista».

E allora torna in mente un altro luogo di dolore nazionale in cui lo Stato è intervenuto per dare un segno, rimediando una magra figura: il sostituto del Ponte Morandi di Genova, il cui tracciato non è a norma. Il problema fu ampiamente denunciato dai tecnici, che suggerirono anche soluzioni alternative. Ma politicamente si decise che andava bene così.

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