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Vaticano, la rimozione di Becciu per la gestione della cassa. L'affare di Londra e il sospetto dei soldi ad una società di famiglia

di Carlo Marroni

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(IMAGOECONOMICA)

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Il Papa ha dimissionato il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione dei Santi, e rimosso dalle funzioni di cardinale. I sospetti dell’uso della cassa della Segreteria di Stato quando era Sostituto.

25 settembre 2020
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3' di lettura

Il “dimissionamento” del cardinale Angelo Becciu è certamente un fatto clamoroso, che segna un passaggio-chiave del pontificato di Francesco: la decisione del Papa di far dimettere il porporato – 72 anni, diplomatico di carriera – dalla guida della Congregazione dei Santi e dalle funzioni di cardinale, quindi niente eventuale Conclave o altre prerogative. Le motivazioni? E' ormai chiaro che si tratta del provvedimento del Papa per quanto accertato sulla gestione della “cassa” della prima sezione della Segreteria di Stato quando Becciu era “Sostituto”, carica molto potente, in sostanza il numero tre della Curia. Un'inchiesta de L'Espresso i cui contenuti sono stati diffusi nella notte di giovedì afferma che il porporato avrebbe dirottato denaro – si parla di 100mila euro - delle offerte dell'Obolo di San Pietro, un collettore di elemosine e donazioni per le azioni sociali della Chiesa, verso una cooperativa legata alla sua famiglia in Sardegna.

La “tempesta perfetta” che ha sconvolta la Curia

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Un “licenziamento” comunicato con tre righe, dopo un incontro con Francesco, al quale sarebbero state date le conclusioni preliminari dell'inchiesta sull'affaire dell'immobile di Londra acquistato nel 2013 per metà e poi completamente nel 2018, un investimento costato complessivamente oltre 200 milioni. La vicenda di Sloane Avenue è stata sin da subito una tempesta perfetta dentro la Curia: dipendenti sospesi, cambi alla guida dell'Aif, l'ente di controllo dei flussi finanziari dello Ior, e della Gendarmeria, addirittura il “fermo” di uno dei finanzieri coinvolti nel tempo nell'affare immobiliare, Gianluigi Torzi. L'inchiesta sull'operazione di Sloane Avenue per 200 milioniL'operazione di Londra fu il risultato di un investimento deciso per impiegare i fondi della Segreteria di Stato, stimati in 700 milioni, compreso l'Obolo di San Pietro, i flussi delle offerte destinate al Papa. Becciu all'epoca era Sostituto (lo è stato dal 2011 al 2018), e dopo aver verificato la possibilità di un investimento petrolifero in Angola fu deciso di sterzare su Londra, attraverso il finanziere Raffaele Mincione, che fece entrate la Santa Sede in un fondo con una quota minoritaria. Il nuovo Sostituto, il venezuelano Pena Parra, decise di mettere mano all'investimento, che non rendeva, e attraverso Torzi fu acquistato l'intero immobile. E' stato questo passaggio che ha fatto scattare l'inchiesta, con accuse di estorsione per 15 milioni, e a catena il coinvolgimento di altri funzionari e prelati della Santa Sede (tra cui monsignor Mauro Carlino, a lungo segretario personale dello stesso Becciu), ora perlopioù estromessi dalle cariche.

Becciu nel 2019 aveva respinto le prime accuse, “macchina del fango”

Che Becciu fosse interessato dall'inchiesta fu chiaro sin da subito, viste le cariche che aveva ricoperto, ma anche per la sua influenza dentro la Curia in tutte le principali questioni (anche per la fiducia in lui confermata dal Papa dopo l'elezione). Ma il cardinale Becciu ha invece sempre dichiarato l'estrema correttezza della trattativa, definita tuttavia «opaca» dal Segretario di Stato, Pietro Parolin, pochi giorni dopo in una dichiarazione ai giornalisti a margine di un convegno all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede. Dichiarazione che fece scattare nel porporato sardo una reazione inusuale per i modi curiali, arrivando a definire «infanganti» le accuse che la Santa Sede abbia usato i soldi dei poveri per acquistare il lussuoso palazzo di Sloane Avenue.

La centralizzazione della finanza nell'Apsa (via i soldi anche da Ior)

La vicenda dell'immobile di Londra, oltre al dimissionamento di Becciu (che non ha mani mancato di criticare più o meno apertamente gli altri esponenti di primo piano del nuovo corso di Francesco) ha innescato una reazione a catena anche nel futuro della gestione delle finanze vaticane, ormai da un decennio in riforma, come un infinito cantiere aperto. Tra le principali novità c'è la disposizione di centralizzare presso l'Apsa – il dicastero che gestisce il patrimonio, guidato dal vescovo Nunzio Galantino – tutte le finanze della Santa Sede. Infatti quasi ogni dicastero curiale ha un suo tesoretto, che gestisce a piacimento, e spesso male come si è visto (si ricordi i casi del passato di Propaganda Fide). Ora c'è un ordine chiaro, del nuovo prefetto dell'Economia, il gesuita Guerrero Alves, e naturalmente approvato da Francesco: via tutti i soldi dallo Ior e dalle banche estere, e far confluire la liquidità nella nuova centrale finanziaria, una sorta di “fondo sovrano”. Si parla di almeno cinque miliardi liquidi.


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