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Ex Ilva, firmato l’accordo Mittal-Invitalia. Lo Stato rientra nell’acciaio. Contrari Regione e sindaco

di Paolo Bricco e Domenico Palmiotti

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(IMAGOECONOMICA)

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ArcelorMittal e Invitalia si alleano e lo Stato, attraverso la società del Mef, entra nel capitale dell'azienda dell'acciaio che a Taranto ha lo stabilimento più grande d'Europa. Contrari all’accordo il Governatore Emiliano e il sindaco di Taranto

10 dicembre 2020
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5' di lettura

Una intera giornata frenetica, telefonate e call che si sono incrociate a più livelli, attesa sino alle ultimissime ore per ufficializzare il tutto, e poi l'annuncio: lo Stato entra in ArcelorMittal Italia attraverso Invitalia, che è società del Mef, la firma all'accordo tra le parti è stata messa. Per quello che è un ritorno del pubblico nella siderurgia - perché lo Stato era già nell'acciaio 25 anni fa, prima della privatizzazione al gruppo Riva -, la comunicazione si scinde. A farla per primi, sono i ministri Stefano Patuanelli (Mise) e Roberto Gualtieri (Mef), che sono da pochi minuti passati le 23 del 10 dicembre, che era anche la data ultima per la firma. Pochi minuti dopo la mezzanotte del 10 dicembre, è ArcelorMittal corporate a rendere noto quello che nella serata precedente è avvenuto in Italia.

Intervento in due tranche

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È ArcelorMittal, nella sua comunicazione, a delineare il percorso che ora si apre. «L'Accordo di Investimento - si spiega nella nota arrivata in Italia via Londra dove ha sede la corporate - comporterà la ricapitalizzazione di AM InvestCo, la società controllata da ArcelorMittal che ha sottoscritto il contratto di affitto con obbligo di acquisto dei rami d'azienda Ilva. Invitalia investirà in AM InvestCo in due tranche».

In particolare, il primo investimento di 400 milioni di euro «sarà effettuato entro il 31 gennaio 2021 (subordinatamente all'autorizzazione antitrust dell'Unione Europea), attribuendo a Invitalia il controllo congiunto su AM InvestCo». Il secondo investimento fino a 680 milioni di euro sarà invece «dovuto al closing dell'acquisto da parte di AM InvestCo dei rami d'azienda Ilva, che è soggetto al soddisfacimento di varie condizioni sospensive, entro maggio 2022». A quel punto - si chiarisce - la partecipazione di Invitalia in AM InvestCo raggiungerà il 60%. Inoltre - si aggiunge - ArcelorMittal investirà fino a 70 milioni di euro «nella misura necessaria a mantenere una partecipazione del 40% e il controllo congiunto della società».

La necessità del dissequestro a Taranto

Cosa si intenda per condizioni sospensive, la nota di ArcelorMittal lo spiega subito. Sono essenzialmente tre: la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale; la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto; l'assenza di misure restrittive, nell'ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata, nei confronti di AM InvestCo. Gli impianti dell'area a caldo del siderurgico di Taranto, il motore produttivo dello stabilimento, sono infatti sottoposti a sequestro penale (con facoltà d'uso) sin dal luglio 2012. È la misura scattata con l'inchiesta “Ambiente Svenduto”, attualmente in fase di processo in Corte D'Assise a Taranto.

Il debutto del forno elettrico

ArcelorMittal ufficializza poi quella che costituirà una novità impiantistica per Taranto, che sin dal suo avvio, 60 anni fa, ha avuto solo altiforni tradizionali (tre quelli ora installati, di cui solo due operativi): il forno elettrico. Viene infatti annunciato che «il piano industriale aggiornato concordato tra AM InvestCo e Invitalia prevede investimenti in tecnologie per la produzione di acciaio a basso utilizzo di carbonio, tra cui la costruzione di un forno ad arco elettrico di 2,5 milioni di tonnellate». Inoltre, si precisa «il piano industriale, che mira a raggiungere 8 milioni di tonnellate di produzione nel 2025, contempla una serie di misure di sostegno pubblico, tra cui il finanziamento all'occupazione finanziato dal governo».

Un ulteriore passaggio la comunicazione di ArcelorMittal lo dedica alla gestione dell'azienda da ora in poi. «La governance di AM InvestCo si baserebbe sul principio del controllo congiunto a partire dal primo investimento di Invitalia», si afferma. In altri termini, i due soci avranno tre esponenti a testa nel cda, col pubblico che esprimerà il presidente e il privato l'ad, ma si tratterà di scelte condivise.

Impegno finanziario dello Stato

«L'accordo prevede un significativo impegno finanziario da parte dello Stato italiano e rappresenta un passo importante verso la decarbonizzazione dell'impianto di Taranto attraverso l'avvio della produzione di acciaio con processi meno inquinanti» dicono i ministri Patuanelli e Gualtieri rendendo pubblico l'avvenuto accordo. Anche i ministri evidenziano che l'accordo raggiunto prevede l'ingresso dello Stato, tramite Invitalia, al 50 per cento e successivamente, dal 2022, il controllo pubblico dell'azienda. «Oltre alla ristrutturazione integrale dell'impianto e alla scrupolosa attuazione del piano ambientale», sarà garantito «a regime il mantenimento dei livelli occupazionali».

Sono 10.700 ora gli addetti di gruppo, di cui 8.200 a Taranto, ma circa 3mila sono attualmente in cassa integrazione. Ammortizzatore sociale che continuerà ad essere usato nella transizione sino al 2025, partendo già l'anno prossimo con 3mila in cig. «Un'attenzione straordinaria - si assicura - verrà posta sul tema delle manutenzioni e della sicurezza dell'impianto».

La nuova società pubblica per il preridotto

«È prevista la creazione di una nuova linea di produzione esterna al perimetro aziendale (DRI) e di un forno elettrico interno allo stabilimento che a regime potrà realizzare 2,6 milioni di tonnellate annue di prodotto» afferma la comunicazione dei ministri. «Circa un terzo della produzione di acciaio - si prosegue - avverrà con emissioni ridotte, grazie all'utilizzo del forno elettrico e di una tecnologia d'avanguardia, il cosiddetto “preridotto”, in coerenza con le linee guida del Next Generation EU».

Dal “preridotto” si vuole ottenere un importante taglio delle emissioni e infatti si afferma che «la riduzione dell'inquinamento realizzabile con questa tecnologia è del 93% a regime per l'ossido di zolfo, del 90% per la diossina, del 78% per le polveri sottili e per la CO2. È prevista la costituzione di una nuova società a capitale pubblico dedicata allo sviluppo di questa nuova tecnologia». Questa società è un intervento ulteriore al coinvestimento di Invitalia in ArcelorMittal.

Il rapporto con la città e la trattativa sindacale

«Consapevole delle questioni sollevate, anche in questi giorni, dalle comunità locali, il Governo accoglie la richiesta avanzata dalla Regione Puglia, dal Comune di Taranto e dalle altre rappresentanze territoriali per l'apertura di un tavolo di confronto per accompagnare, monitorare e accelerare la transizione verso le nuove produzioni verdi e per condividere gli interventi per il risanamento ambientale e il rilancio economico della città e del territorio tarantini»: è l'annuncio finale dei ministri Patuanelli e Gualtieri. Un altro passaggio essenziale è ora l'apertura delle trattative con i sindacati che reclamano risposte chiare sul mantenimento dell'occupazione, il risanamento ambientale e il rilancio produttivo e industriale del gruppo.

Ma Emiliano spara a zero

Sull'accordo firmato, arrivano intanto le bordate del governatore della Puglia, Michele Emiliano. “Tutta la maggioranza di governo della Regione Puglia da me consultata in apposita conferenza dei capigruppo, in coerenza con le linee linee programmatiche di recente approvate dal Consiglio Regionale della Puglia, esprime il proprio netto dissenso sul contenuto dell'accordo ArcelorMittal, Invitalia, Governo italiano” afferma Emiliano. Per il governatore di Puglia, “appare evidente che l'accordo è avvenuto nel solco di un piano industriale che, confermando o addirittura rilanciando la tecnologia tradizionale che ha caratterizzato la fabbrica di Taranto dalla sua costituzione ad oggi, appare anacronistico e assolutamente fuori dal perimetro di decarbonizzazione che è stato per anni oggetto di discussione ed approfondimento”. Per Emiliano, “la sola idea che il raggiungimento di una produzione industriale vicina alle 6 milioni di tonnellate di acciaio, passi attraverso la ricostruzione degli altiforni, ed in particolare di Afo 5, genera sgomento”. “Cercheremo in tutti i modi di impedire la ricostruzione di impianti a ciclo integrato a carbon coke” conclude Emiliano.

Sindaco Taranto: è carta straccia

“Noi ancora adesso non conosciamo le carte di dettaglio di questo piano e andiamo avanti con l'accordo di programma. Questo piano per noi è carta straccia, noi dobbiamo occuparci della salute del tarantini”. Così il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. E commentando le dichiarazioni a Bruxelles del premier Giuseppe Conte circa la transizione energetica e industriale verso l'idrogeno che attende il polo di Taranto, il sindaco afferma: “Dal premier Conte ne abbiamo sentite tante di parole importanti. Ci viene chiesto di fare l'ennesimo atto di fede, ma noi non possiamo accettarlo. Oggi ci viene chiesto almeno sino al 2025 di sacrificare la salute dei tarantini. Noi non lo possiamo accettare - conclude Melucci - volevamo più coraggio, più investimenti anche dal Recovery Plan”


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