di Sara Monaci
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Mezzi pubblici sì o mezzi pubblici no. Uno dei dibattiti tra il Comune di Milano e la Regione Lombardia, ai tempi della lotta contro il coronavirus. Perché se da una parte, come sostengono i vertici di Palazzo Lombardia, tram e metro possono diventare luoghi di assembramento pericolosi per il contagio, dall’altra sono indispensabili anche per quelle categorie di lavoratori che oggi riteniamo necessari più che mai (dagli operatori sanitari ai farmacisti fino ai cassieri), come evidenzia Palazzo Marino.
Inoltre, le iniziative di ridurre il numero delle corse fino al 50% almeno, su indicazione della Regione guidata da Attilio Fontana, ha prodotto il risultato non voluto, concentrando il flusso di gente in pochi mezzi. Un errore a cui il Comune ha dovuto riparare di sua iniziativa, ripristinando la frequenza al 75% rispetto alla normalità.
Quindi da una parte c’è ancora l’indicazione di un’ordinanza regionale, che dice di contrarre la frequenza; dall’altra c’è il Comune che valuta l’andamento giornaliero e si adegua. In effetti rispetto a quanto accaduto lunedì, quando le immagini mostravano un picco di persone nelle linee metropolitane tra le 6,30 e le 7,30, non si è più verificato, proprio con l’intensificarsi dei mezzi. Ed è stato subito chiaro che in quella fascia oraria non si trattava del mancato rispetto del Dpcm che invita a rimanere a casa se non per ragioni indispensabili o per attività motoria nel proprio quartiere in solitudine. È evidente che in quella fascia oraria le persone vanno a lavoro.
Non sono emersi picchi da gestire nel pomeriggio, evidentemente perché l’ampio utilizzo dello smart working e i differenti orari di lavoro fanno sì che il rientro sia più “morbido”.
In questo momento a Milano la frequenza si attesta intorno al 75%, percentuale ritenuta indispensabile dall’assessorato comunale ai Trasporti. L’utilizzo tuttavia si è ridotto tra il 75 e il 90%, e anche il traffico delle auto si è dimezzato: gli ingressi in città sono scesi al 50%.
Posizioni divergenti delle istituzioni
Le posizioni tra le due istituzioni rimangono diverse. Secondo l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera «va chiuso fortemente il trasporto
pubblico locale. Oggi vediamo sempre le metropolitane o i treni strapieni
di persone. Questo è un elemento dirimente: chi vuole si sposta
con il mezzo proprio o si organizza», ha detto Gallera. Per
l’assessore, poi, ad essere chiuso dovrebbe essere «tutto ciò
che non è filiera agroalimentare ed energia» ma anche «alcuni
uffici pubblici o alcune attività di liberi professionisti». Queste posizioni dovranno essere condivise dal governo.
L’idea è che se si riducono le attività professionali non indispensabili allora anche i mezzi non saranno più così necessari.
La questione della gestione degli orari di punta potrebbe anche riguardare i supermecati nei prossimi giorni. In Regione ritiene di dover ridurre anche gli orari della vendita dei generi alimentari. La domanda è sempre la stessa: disincentiverà le uscite o creerà inopportuni assembramenti?
La decisione verrà presa dal governo nei prossimi giorni. Intanto è atteso l’arrivo dei militari che dovrebbero scoraggiare le uscite in posti più frequentati (come in prossimità dei parchi).
Sara Monaci
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