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Brexit, una spinta a semplificare: «Tagliamo i costi in Dogana del 20%»

di Marco Mobili e Giovani Parente

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Primi arrivi: lo sbarco dei Tir arrivati a Dover via traghetto dopo le 23 del 31 dicembre, la mezzanotte a Bruxelles (Reuters)

Primi arrivi: lo sbarco dei Tir arrivati a Dover via traghetto dopo le 23 del 31 dicembre, la mezzanotte a Bruxelles (Reuters)

Marcello Minenna, direttore generale dell’Agenzia Dogane e Monopoli, considera Brexit un’opportunità per rendere più efficiente il sistema italiano

2 gennaio 2021
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3' di lettura

Semplificare, sia per tutelare l’operatività e la capacità di esportazione delle imprese italiane sia per tagliare i costi da adempimento. La Brexit può rivelarsi un’opportunità per rendere ancora più efficiente il sistema doganale italiano. A precisarlo è il Direttore Generale dell’Agenzia Dogane e Monopoli, Prof. Marcello Minenna.

Cosa cambia per gli operatori doganali italiani?

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A poche ore dalla Brexit abbiamo già impartito le prime istruzioni con una circolare condivisa nelle ultime settimane con oltre 700 operatori del settore. Facciamo partire, di fatto, una dogana a chilometro zero.

Che cosa intende?

Consentiamo le attività doganali in qualsiasi punto del nostro Paese. In pratica, un’impresa manifatturiera che lavora in export, nei suoi rapporti con il Regno Unito - ormai escluso dal territorio doganale dell’Ue – potrà adempiere alle formalità doganali presso l’ufficio più vicino o addirittura presso i propri stabilimenti produttivi. In questo modo tuteliamo anche il sistema Italia.

Ci sono rischi di concorrenza all’interno dell’Unione Europea?

I Paesi più vicini al Regno Unito si sono già attrezzati. Basti pensare alle misure adottate da Belgio e Francia, che hanno creato la cosiddetta “busta logistica” . Un sistema che genera corridoi logistici semplificati da e verso la Gran Bretagna. Corridoi che potrebbero invogliare le imprese manifatturiere nazionali a rivolgersi oltralpe per le attività doganali.

Il chilometro zero vuol dire anche procedure uniformi in tutta Italia?

Adm sta concentrando la sua azione anche sulla certezza dell’uniformità delle procedure su tutto il territorio. Basti pensare, ad esempio, che negli ultimi mesi ha siglato protocolli con tutte le Autorità portuali d’Italia, per arrivare a una standardizzazione dei processi. In alcuni casi ho constatato l’esistenza di una certa eterogeneità tra le modalità operative, anche frutto di consuetudini consolidate nelle differenti realtà territoriali. È stato fondamentale, dunque, uniformare le regole per replicare le stesse condotte procedurali con tutte le Autorità portuali. L’idea è che, con uguali procedure, con le medesime attività – sempre più digitalizzate – e con l’interazione tra soggetti istituzionali gli operatori non abbiano difficoltà a comprendere e dunque rispettare gli adempimenti in qualsiasi punto d’Italia.

Quanto vale la semplificazione in termini di riduzione del costo da adempimento per le imprese italiane?

I costi da adempimento, secondo le nostre stime, si possono ridurre di circa il 20% del dato attuale. È un processo che parte da lontano e che sempre più tenderà ad ampliarsi. Infatti, oltre alle procedure comuni, con il “decreto Semplificazioni”, il Governo ha affidato al Direttore Generale di Adm il potere di designare Zone Franche doganali intercluse.

Con quale impatto?

Notevole. Un’impresa che stabilisce una sua produzione in una di queste zone franche doganali non deve sostenere i diritti di confine, come dazi ed Iva all’importazione, sulla merce introdotta, oltre a beneficiare di agevolazioni sulle imposte sui redditi. In sostanza si semplificano i flussi doganali e, in quelle zone, le merci possono subire tutti i processi di trasformazione tipici delle nostre aziende manifatturiere, anche per essere poi eventualmente esportate, realizzando un risparmio di costi che, come anticipato, stimiamo prudenzialmente in almeno il 20 per cento.

Semplificare però non può comportare un abbassamento della guardia contro le frodi.

No, tutt’altro. In quest’ottica di semplificazione e di contestuale attenzione al contrasto delle frodi abbiamo previsto, con la circolare 49/2020, una procedura amministrativa snella per l’autorizzazione di luoghi approvati diversi dagli spazi doganali presso cui effettuare le formalità relative all’export, iniziativa che diventa un punto centrale di tutta l’operazione Brexit. Chi deve spedire la merce nel Regno Unito può ottenere un’autorizzazione affinché il suo sito produttivo diventi un luogo approvato per l’effettuazione degli eventuali controlli doganali, richiedendo tale decisione mediante un modulo standard che certifichi i requisiti del luogo stesso ed ottenendo l’effettuazione del sopralluogo da parte degli uffici competenti in modalità semplificata, da remoto.

Resta la questione della tracciatura delle merci verso il Regno Unito.

Negli scambi con il Regno Unito, l’Accordo UE-UK, adottato in via provvisoria fino al prossimo 28 febbraio, prevede la non applicazione dei dazi per merci originarie delle due parti. Essendo il dazio una risorsa propria della Ue, si rende necessario tracciare i movimenti. Quindi abbiamo reso disponibile, con l’allegato alla circolare, il modello di dichiarazione dell’origine con cui gli esportatori dovranno dichiarare il carattere originario delle merci. La mancata applicazione del dazio potrà aver luogo anche laddove, in assenza della dichiarazione dell’esportatore, sia dimostrata la conoscenza, da parte dell’importatore, che le merci sono originarie dell’Unione Europea.

Ma anche sulle autocertificazioni avete previsto standard documentali semplificati?

Se ci saranno criticità siamo pronti a intervenire. Intendo avviare a breve un secondo open hearing su Brexit con gli stakeholder, che si svolgerà entro la fine di gennaio: è un tema che sarà oggetto di discussione.

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