Norme e Tributi
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Ammalata dopo vaccinazione non obbligatoria: si all’indennizzo

di Annarita D'Ambrosio

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Dichiarata l’illegittimità della norma che non prevedeva il risarcimento per i danni prodotti da una vaccinazione fortemente raccomandata

23 giugno 2020
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3' di lettura

Lede il diritto costituzionale alla salute il mancato indennizzo per i danni irreversibili da vaccinazione non obbligatoria ma ‘raccomandata'. Il principio enunciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 118/2020 depositata il 23 giugno ha riflessi importanti a livello nazionale, pur prendendo le mosse da un caso verificatosi in Puglia relativo ad una donna a suo tempo sottoposta alla vaccinazione contro il virus dell'epatite A, e che, in conseguenza di ciò, era poi risultata affetta da «lupus eritematoso sistemico».

I motivi del ricorso alla Consulta

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Il giudice di merito aveva considerato provata la sussistenza del nesso causale tra somministrazione del vaccino e patologia successiva. A rivolgersi alla Consulta era stata quindi, con ordinanza dell'11 ottobre 2019, la Cassazione, sezione lavoro, sollevando, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, numero 210 sull’ndennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.

La Cassazione chiedeva l’illegittimità della parte in cui la vigente normativa esclude il diritto all'indennizzo per soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente, a causa di una vaccinazione non obbligatoria, ma solo raccomandata.

A suffragare le ragioni del ricorso la Corte rimettente sottolineava come risultasse accertato che «la vaccinazione era stata fortemente raccomandata dalla autorità sanitaria. La Giunta regionale della Regione Puglia, nel 2003, aveva anche preso atto di come le vaccinazioni raccomandate, al pari di quelle obbligatorie, fossero comprese nei Lea, i livelli essenziali di assistenza, garantiti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale e recepiti con delibera della medesima Giunta».

D'altra parte, nel periodo in cui l'interessata era stata vaccinata (anni 2003 e 2004), era in corso una specifica campagna contro l'epatite A e la persona interessata era stata individualmente convocata negli ambulatori della Asl, mediante una comunicazione che presentava la vaccinazione «non tanto come prestazione raccomandata, ma quasi come se fosse stata obbligatoria».

La decisione della Corte

Fondate le ragioni secondo la Corte Costizionale presieduta da Marta Cartabia, relatore Nicolò Zanon. Provato il nesso tra la malattia successivamente contratta e la vaccinazione, la Corte precisa che, seppur non obbligatoria, la campagna vaccinale antiepatite A in Puglia, originata, nel 1997 da una peculiare situazione epidemica regionale, era proseguita anche negli anni successivi, preceduta da approfondite indicazioni dell'Osservatorio epidemiologico regionale, nonché tradotta in delibere del Consiglio e della Giunta regionale.

Non solo. Scrive la Corte, richiamando una sua precedente pronuncia (sentenza 268 del 2017) che «benché la tecnica della raccomandazione esprima maggiore attenzione all'autodeterminazione individuale ... essa è pur sempre indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche) collettivo».

Nessuna valutazione negativa sul grado di affidabilità medico-scientifica della somministrazione di vaccini, puntualizza la Consulta dunque nel dichiarare illegittimo l'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, numero 210 nella parte in cui non prevede il diritto a un indennizzo, anche in caso di vaccinazioni solo raccomandate.

Conta la tutela collettiva della salute insomma anche perchè la Corte ha concluso che «la campagna vaccinale è stata essenzialmente regionale, ma ha trovato anche vari riscontri e corrispondenze nei piani vaccinali nazionali (in particolare, di recente, il Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019), nonché in una specifica raccomandazione del ministero della Salute del 26 luglio 2017».

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