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Commercio: dalla Chinatown di Milano al Gambrinus di Napoli, ecco chi lascia le saracinesche chiuse

di Andrea Carli

18 maggio: ecco l’Italia che riapre

Una scelta sofferta, scaturita dalla considerazione che in questa fase le uscite non avrebbero nemmeno lontanamente compensato le entrate. In qualche caso, come a Roma, la decisione è stata una forma di protesta contro le misure del decreto Rilancio, considerate poco adeguate e insufficienti

19 maggio 2020
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5' di lettura

“È meglio di no”. Nonostante potessero farlo, molti titolari di attività commerciali il giorno della riapertura dopo due mesi di pesante lockdown hanno scelto di tenere le saracinesche abbassate. Una decisione sicuramente non facile, ma che per negozianti, proprietari di bar e ristoratori si è resa necessaria nel momento in cui il verdetto non ha lasciato adito a fraintendimenti: se si fosse fatta una scelta diversa, le uscite avrebbero superato le entrate, e i margini di guadagno, laddove ci fossero stati, si sarebbero ridotti al lumicino. Anche perché molti di loro lavorano con il turismo, e di turisti ancora ne circolano pochi.

Tre negozi su dieci non hanno aperto. Dalla Chinatown di Milano ai bar di Napoli, dai proprietari di ristoranti nel centro di Roma alle boutique di Capri. I centri storici delle città turistiche con le saracinesche dei ristoranti abbassate. La protesta dei tanti commercianti di Roma che nel giorno della riapertura hanno fatto uno sciopero simbolico contro gli “aiuti insufficienti” per fronteggiare bollette, affitti e merce nei magazzini da smaltire.

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Quasi tutto chiuso a Chinatown Milano
In un clima di basta al lockdown, ovvero la chiusura delle attività e il confinamento a casa che dura da oltre due mesi, Milano, capoluogo della regione più colpita dal Covid-19, ha riaperto. C’è stata però un’eccezione: molti negozianti cinesi hanno deciso di non riaprire al pubblico le loro attività. Quasi nessun ristorante aperto su via Paolo Sarpi, cuore del quartiere cinese, mentre è attivo il servizio di asporto di raviolerie e affini. Qualche bar con i tavolini fuori ha ospitato qualche cliente a pranzo, ma nel complesso la sensazione è stata che Chinatown preferisse aspettare ancora prima di riaprire le sue attività.

Aperto salotto shopping Roma, ma mille negozi scioperano
A Roma diversi commercianti, tra ristoratori e negozi nel campo dell’abbigliamento, sono rimasti chiusi nonostante la riapertura prevista dal Dpcm sulla fase 2. Il motivo dello “sciopero” è dovuto - spiega Giulio Anticoli, uno dei commercianti - «alle proteste per le misure del governo insufficienti a far fronte ai debiti generati in queste settimane per affitti, bollette e tasse. E ora siamo alle prese con magazzini pieni di merce da pagare. Nella Capitale - aggiunge - hanno aderito allo sciopero circa un migliaio di persone, di cui la metà sono ristoratori. Ma in tutta Italia ci sono diverse iniziative analoghe». Aperti i negozi delle vie del lusso a Roma, come quelli a via Condotti, via Frattina e via Borgognona, ovvero il salotto dello shopping capitolino. «Le catene che si rivolgono alla massa però, in assenza del turismo, segnano il passo. Di fatto, a parte la cassa integrazione, sono state escluse dagli aiuti di Stato», spiega David Sermoneta, presidente di Federmoda Roma.

Ristoratori Roma: 90% dei locali in centro storico non riaprirà adesso
Accanto all’abbigliamento, anche il settore della ristorazione nella capitale è in ginocchio. «Il 90% dei ristoranti del centro storico di Roma non riapriranno in questi giorni» sottolinea Gianfranco Contini, portavoce de “La Voce dei locali di Roma”, movimento nato da alcune settimane durante l’emergenza coronavirus. «Se il locale di quartiere ha qualche chance -spiega ancora -, il nostro prossimo step invece è il 12 giugno, vediamo per quella data cosa succede: se non verrà rinnovata la cassa integrazione saranno licenziati i dipendenti o seguiremo la linea che adottano gli alberghi, che riapriranno il primo settembre o il 31 dicembre, a seconda dei flussi turistici. Fintanto che non riaprono gli hotel, inutile riaprire in una situazione del genere, senza clienti».

A Napoli torna a tazzulella e cafè ma big non aprono
Dopo oltre due mesi di quarantena, i napoletani hanno riabbracciato il rito della “tazzulella e cafe’”, celebrato dal cantante Pino Daniele come toccasana per dimenticare i guai e cominciare bene la giornata, ma non in tutti i bar della città. Nel giorno della riapertura, non sono passate inosservate infatti le saracinesche abbassate di alcuni degli esercizi più “gettonati” dai turisti, dallo storico caffè Gambrinus alla Caffetteria di piazza dei Martiri. L’ordinanza della Regione Campania emanata nella tarda serata di domenica 17 maggio in esecuzione del decreto del governo sulle riaperture degli esercizi commerciali giunto poche ore prima, rinvia infatti a giovedì 21 maggio la possibilità del servizio ai tavoli nei bar limitando per il momento le consumazioni al solo banco. Una misura, in buona parte annunciata da De Luca, che ha determinato scelte diverse tra i commercianti. Aperti i piccoli bar, chiusi quasi tutti quelli di maggior tradizione che hanno nel servizio ai tavoli il loro punto di forza. Per questi saracinesche abbassate e appuntamento rinviato a giovedì per avere il tempo assieme ai ristoranti - questa la ratio del provvedimento regionale - di adeguarsi alle misure richieste in fatto di distanziamento.

A Capri le grandi griffe non riaprono
Non c’è stata a Capri la riapertura prevista di tutti gli esercizi commerciali così come consentono le ultime norme. Nel territorio del comune, nella strada famosa delle griffe, ad aprire i battenti il 18 maggio è stato solo il patron di Capri Watch Silvio Staiano, ceo del brand dell’orologio diventato un must nel mondo. A pochi metri di distanza, tra i tanti brand internazionali che sono rimasti chiusi, ha voluto invece riaprire la boutique Falconeri, il brand del cachemire made in Italy che ha esposto i suoi capi in vetrina. Due sole attività commerciali nella strada del lusso dove si trovano i marchi più importanti, da Chanel a Louis Vuitton; analoga situazione in via Vittorio Emanuele dove si trovano Prada e Benetton. Chiusi anche i bar della “piazzetta” che fino a giovedì non potranno mettere i loro tavolini all’esterno ma solo servire il caffè al banco. Luciano Bersani presidente dell’Ascom Capri, ha confidato: «Contiamo che la data prevista di apertura per la maggior parte delle attività sia fine maggio-inizio giugno».

A Firenze continuano a stare chiusi gli orafi di Ponte Vecchio
A Firenze ancora chiusi i bar e caffè della centralissima piazza della Repubblica con Gilli che dovrebbe riaprire sabato 23 maggio e Paszkowski che invece ancora non ha fissato una data certa. Continuano a restare chiusi gli orafi di Ponte Vecchio, che la settimana scorsa hanno protestato contro le misure del Governo. Non ha riaperto ancora il negozio della Apple che ha le vetrine oscurate con teli neri.

Nel salotto di Genova alcuni ristoranti sono rimasti chiusi
Nonostante in Liguria un’ordinanza regionale consente di tornare alla vita prima del lockdown ma con le dovute misure di sicurezza - bar, ristoranti, palestre e piscine, negozi parrucchieri possono tornare ad accogliere i clienti - la ripartenza è stata lenta. Alcuni bar e ristoranti hanno mantenuto le saracinesche abbassate. È accaduto nella centrale galleria Mazzini, il salotto di Genova, dove tra i locali ancora chiusi c’è il ristorante Europa, luogo frequentato da imprenditori e politici. Negli esercizi molto personale è ancora a casa. Si naviga a vista, anche in questa fase di auspicata ripartenza.

Per approfondire:
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