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Sostenibilità o avidità? Un rendimento del 21% per lavarsi la coscienza

di Vitaliano D'Angerio

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(AdobeStock)

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È quanto chiedono gli investitori nel mondo per usare i soldi contro i propri principi. Emerge da un’indagine realizzata dall’asset manager inglese Schroders

12 ottobre 2020
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2' di lettura

Qual è il prezzo da pagare per rimanere fedeli ai propri ideali? Un rendimento medio del 21 per cento. A quel punto l’investitore supera il senso di colpa per aver utilizzato i soldi in maniera contraria ai propri principi. È quanto emerge da un sondaggio online realizzato da Raconteur per Schroders, gruppo di risparmio gestito britannico; un documento che rientra nel rapporto internazionale 2020 della società di asset management inglese sull’investimento sostenibile.

Chi si percepisce più virtuoso

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Per realizzare la ricerca sono state intervistate 23 mila persone in 32 Paesi. Si è scoperto così che il 77% degli investitori non deroga dai propri valori. Tra i popoli che si percepiscono più intransigenti al primo posto i cinesi, seguiti da italiani e portoghesi. I meno virtuosi abitano in Thailandia, Singapore e Stati Uniti: questo 23% di investitori, in media, è disposto a derogare dal quadro di valori di riferimento se ottiene in media un rendimento appunto del 21 per cento.

«Interessanti anche le divergenze a livello generazionale – viene evidenziato –. I millennial (18-37 anni, ndr), spesso ritenuti la generazione più attenta alla sostenibilità, sono lievemente più propensi a scendere a compromessi in presenza di rendimenti superiori rispetto alle precedenti generazioni (il 25% dichiara che anteporrebbe il rendimento ai propri valori).

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Focus sull’Italia

Nel report vi è un focus sull’Italia a proposito di investimenti sostenibili.

Il 41% degli intervistati italiani ha scelto fondi socialmente responsabili; una percentuale che potrebbe aumentare se vi fosse più informazione su tali prodotti. Il 51% degli intervistati italiani spiega infatti che il consulente finanziario gli ha fornito notizie sui fondi sostenibili soltanto su sua precisa richiesta. Ma vi sono rilievi anche per le società di gestione: il 59% degli intervistati, sempre in Italia, ritiene che «la mancanza di visibilità sulle caratteristiche di sostenibilità potrebbe minare la fiducia nella società di investimento».

Informazioni Esg (ambiente sociale, governance) che, per il 43%, dovrebbero essere certificate da un ente terzo mentre il 31% si accontenta anche di un’autocertificazione della stessa società di gestione.

Gestori tra profitti e pianeta

Fare profitti o tutelare i pianeta? Un po’ contraddittorie le risposte, a livello internazionale, sul tema climate change e fonti fossili. «Anche se appena il 46% delle persone considera i gestori di investimenti responsabili della mitigazione del cambiamento climatico – rilevano gli esperti di Schroders –, il 58% ritiene che dovrebbero ritirare capitali dal settore dei combustibili fossili». E aggiungono: «Il contrasto tra l’affidabilità dei gestori e le attese nei loro confronti conferma che, quando si tratta di mitigare il cambiamento climatico, la gente si aspetta che i gestori esercitino la loro influenza».

Sta dunque aumentando la consapevolezza nel mondo che “votando con il portafoglio” si può dare una mano a contenere il riscaldamento climatico? Appuntamento al prossimo sondaggio.

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