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Arbitro Consob, in tre anni richiesti risarcimenti per 300 milioni

di Antonio Criscione

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(IMAGOECONOMICA)

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A oggi i ricorsi presentati sono 5.800 e i procedimenti conclusi sfiorano quota 4.000

31 marzo 2020
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3' di lettura

Il bilancio dei tre anni di funzionamento dell'Arbitro per le controversie finanziarie (Acf) della Consob è ampiamente positivo, perché ha offerto ai risparmiatori un metodo di risoluzione delle controversie in materia di investimenti più efficiente e veloce, rispetto al ricorso alla magistratura ordinaria. Una presenza inoltre che ha anche alleggerito il lavoro di quest'ultima: anche se dati non ce ne sono, ma da opinioni raccolte presso magistrati che si occupano di queste materie, pare che la differenza si noti.

Oltre ad essere completamente gratuito per i ricorrenti (che sono solo i clienti degli intermediari o come si dice più frequentemente: i consumatori), il che non guasta.

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A guardare l'evoluzione dei numeri dei ricorsi, delle vittorie e delle sconfitte reciproche di intermediari e investitori, emergono due tendenze: la prima è che il contenzionso davanti all'Acf ha risentito negli anni di un forte peso delle situazioni contingenti, caratterizzate da casi macroscopici di risparmio tradito; la seconda è che l'Acf ha cercato un approccio equilibrato per non creare scompensi eccessivi nel sistema. Vediamo perché.

Innanzitutto c'è stata nei tre anni di attività dell'Acf una “migrazione” dei ricorsi da Nord a Sud. Se infatti nel primo anno il 2017 era stato caratterizzato da una forte presenza delle Banche venete (circa il 40 per cento dei ricorsi di quell'anno riguardavano le due banche venete), nel 2018 si era registrato un sostanziale equilibrio tra le varie aree geografiche del paese, nel 2019 invece sono diminuiti i ricorsi provenienti da soggetti residenti nel Nord e nel Centro Italia (rispettivamente 25,4% e 30,7%), mentre sono decisamente aumentati quelli provenienti da soggetti residenti nelle regioni del Sud Italia e nelle Isole (43,4%).

Tra le regioni spicca la Puglia, dalla quale nel corso del 2019 è pervenuto il maggior numero di ricorsi (quasi 400, pari al 23,4% del totale). L'itinerario è chiaro: Banche venete; Banche risolte Carife, Carichieti, Banca Etruria, e Marche che fatto (tristemente) gudagnare posizioni alle regioni del centro nel 2018, nel 2019 invece sono state banche come la Popolare di Bari ed altre banche del Sud al centro dell'attenzione. Il contenzioso davanti all'Acf diventa quindi un termometro puntuale delle situazioni di crisi nel Paese.

Passando poi a un altro numero importante, quello del valore medio delle controversie, si vede che il valore medio dei risarcimenti richiesti ha sfiorato nel 2019 i 70.000 euro, per un totale di richieste per oltre 94 milioni di euro; e nell'intero triennio 2017/19, i risarcimenti complessivamente richiesti ammontano a 300 milioni di euro, con un valore medio a ricorso di quasi 60.000 euro.

A fronte di questi dati ci sono quelli relativi ai ricorsi accolti e quelli relativi ai risarcimenti riconosciuti. Il primo dato è in calo, ovvero nel 2019 l'Acf ha accolto (in tutto o in parte) le richieste dei risparmiatori in circa il 55% dei casi. Una percentuale in calo (61,6 % di accoglimento nel 2017; 77,3% nel 2018; media del 67% nel triennio 2017/2019), anche se «questo è dovuto essenzialmente al fatto che l'Acf nel biennio precedente ha accertato numerose violazioni di tipo massivo da parte di quegli intermediari poi sottoposti a procedura di liquidazione o di risoluzione, per i quali le percentuali di accoglimento avevano sfiorato il 90%».

E per quanto riguarda gli importi, anche qui si nota una certa prudenza dell'Acf visto che nel 2019 sono stati riconosciuti risarcimenti per circa 16 milioni di euro, con una media di circa 33.586 euro per risparmiatore. I risarcimenti riconosciuti a favore dei clienti nel triennio hanno superato i 55 milioni di euro, di cui circa 30 milioni a favore di quasi mille azionisti coinvolti nelle vicende delle banche poste in liquidazione nel 2017 e di quelle risolte nel novembre 2015.

Il dato medio delle ottemperanze alle decisioni dell'Acf si è attestato intorno all'80 per cento, dato segnalato in modo positivo dallo stesso Arbitro, data l'importanza delle cifre in gioco. Rispetto all'Arbitro bancario (che, almeno prima dello scoppio della vicenda della cessione del quinto, ha sempre avuto percentuali superiori al 90 per cento) la differenza si sente proprio per la differenza delle cifre in gioco.

Il dato che emerge dunque è di equilibrio (nella ripartizione delle “vittorie”, nelle cifre riconosciute, nelle percentuali di adempimento), che in fondo è un indicatore di funzionalità del sistema. Un equilibrio che va anche oltre i numeri, nella sostanza delle decisioni, dove emerge chiaramente che il soggetto più debole, ovvero il cliente, è particolarmente tutelato dall'arbitro, ma che anche a quest'ultimo è richiesto un atteggiamento “attivo” nella gestione delle proprie risorse.

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