Norme e Tributi
Pubblicità

Norme e Tributi

Coronavirus, ecco quando è ancora permesso circolare per lavoro

di Maurizio Caprino

Immagine non disponibile
(Ansa)

(Ansa)

La chiusura di molte attività decisa dal Governo rende ordinario lo smart working. Chi deve ancora uscire di casa per lavorare deve dimostrare che non ha alternative

12 marzo 2020
Pubblicità

2' di lettura

Fino a che punto è ancora possibile invocare le esigenze di lavoro per poter circolare, ora che c’è il blocco delle attività non fondamentali? Il Dpcm emanato nella tarda serata dell’11 marzo segna probabilmente una svolta: nella sostanza, stabilisce che la modalità ordinaria di lavoro è quella da casa. Quindi chiunque esca di casa per lavoro è chiamato a dimostrare che la sua attività non può svolgersi in maniera diversa dallo smart working.

Immagine non disponibile

(Ansa/Daniel Dal Zennaro)

Pubblicità

Uffici pubblici
L’inversione della modalità organizzativa del lavoro sembra esplicita per le pubbliche amministrazioni: l’articolo 1, n. 6) del Dpcm afferma che esse «assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente». Inoltre, «individuano le attività indifferibili da rendere in presenza».

Insomma, ogni amministrazione deve:

- fissare quali sono i servizi che richiedono ancora il lavoro in ufficio;

- valutare in che misura questi servizi devono essere garantiti;

- stabilire di conseguenza quanti addetti devono recarsi sul posto di lavoro;

- individuare i nomi di questi addetti (eventualmente anche stabilendo una turnazione);

- comunicare a questi addetti che, contrariamente a tutti gli altri colleghi, loro non possono lavorare da casa (tale comunicazione serve poi come giustificativo in caso di controlli su strada).

Il tutto tenendo conto che, come stabilito dal Dpcm dell’8 marzo, al momento l’attività delle pubbliche amministrazioni prosegue normalmente, tranne le eccezioni causate da emergenze contingenti o da norme esplicite (al momento esse consistono solo nel rinvio delle scadenze fiscali e degli esami per la patente).

I dirigenti delle amministrazioni dovranno anche tenere conto che lo smart working non vale «per le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza» e che , dove possibile, va promossa la fruizione del congedo ordinario e delle ferie.

Attività private
Più sfumate sono le disposizioni per le attività produttive e professionali. A parte le categorie per le quali è imposto un obbligo di chiusura, il Dpcm dell’11 marzo «raccomanda» che «sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza» e «siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione».

Dunque, pare di capire che i datori di lavoro debbano prima accertarsi che nel suo caso sia materialmente impossibile organizzarsi in questo modo. E sembra consigliabile munire i lavoratori si un’attestazione che dichiari questa impossibilità, da esibire in caso di controllo su strada.

Per approfondire:
Coronavirus, autodichiarazione sugli spostamenti: come funziona e quando si può usare
Coronavirus, imprese, negozi, trasporti e servizi pubblici essenziali: cosa chiude e cosa no
Tutti a casa, le multe per chi guida e per chi va a piedi

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy