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La scuola oltre l’emergenza: «Opportunità per un rinnovamento necessario»

di Pierangelo Soldavini

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(ANSA)

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La ministra Azzolina: «La didattica deve essere fatta in classe, il digitale arricchisce e coinvolge»

27 novembre 2020
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4' di lettura

«Dalla crisi dobbiamo far fiorire il rinnovamento. Dobbiamo fare tesoro di quello che è successo perché dall'emergenza nasca una scuola migliore e più digitale: la didattica dovrà tornare a essere in classe, con il digitale come strumento per arricchire l'apprendimento e coinvolgere tutti gli studenti». La ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina evita qualsiasi riferimento alle polemiche sulla riapertura delle scuole.

Ma, pur ribadendo la sua posizione a favore delle lezioni in presenza, sottolinea la necessità di ripensare la scuola in un’ottica nuova: «La scuola è un motore vivo del Paese che ha accelerato proprio nell’emergenza: abbiamo provato a mettere basi solide per il futuro, soprattutto in relazione al digitale.

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La ministra dell’Istruzione è intervenuta in apertura della quinta edizione degli Stati Generali della Scuola Digitale di Bergamo, che ha rappresentato un'occasione per riflettere e porre le basi per una ripartenza del sistema scolastico nel suo complesso alla luce dell'esperienza dei mesi di didattica a distanza.

L'evento, organizzato in maniera del tutto digitale da Comune di Bergamo, Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia - A. T. Bergamo e dall'Associazione ImparaDigitale, ha registrato un successo inaspettato con la registrazione di circa 3mila docenti, dirigenti scolastici, genitori e attori del mondo scuola, in un momento in cui l'istruzione è tornata a essere al centro dell'agenza politica nazionale, anche in vista delle scelte da operare per i fondi europei del NextGenerationEU.

Pilastro fondamentale per il Paese

«La scuola ha saputo mettersi in gioco trovandosi a dover affrontare una situazione completamente nuova: i docenti hanno fatto il possibile, permettendo al sistema scuola di fare passi da gigante grazie a un nuovo patto educativo con le famiglie», ha affermato Dianora Bardi, fondatore e presidente di ImparaDigitale.

«Non c’è dubbio che la scuola sia il pilastro fondamentale per lo sviluppo del Paese, in una logica di apertura in connessione diretta con i ragazzi sul territorio. Dovrà essere rifondata sulla base di tre elementi imprescindibili: un piano nazionale contro la dispersione scolastica, un piano per la formazione delle competenze digitali e un piano di recupero della funzione critica dei ragazzi nei confronti del mondo», ha sottolineato Patrizio Bianchi, già coordinatore della task force del Miur.

«Bisogna portare la scuola a operare nel senso dell'uguaglianza sociale, connessa alle esigenze delle aziende e finalizzate alla formazione di competenze indispensabili per il Paese», ha ribadito il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, a cui ha fatto eco Pietro Guindani, presidente di Asstel e Vodafone Italia, che ha sottolineato come il sistema formativo debba adeguarsi alle esigenze mutate del mondo del lavoro: «Le competenze digitali sono ormai capacità di base come leggere, scrivere e contare. Ma la formazione deve essere proseguita lungo tutta la vita per adeguarsi alle esigenze di un mondo del lavoro dove ancora troppo spesso le aziende vedono la formazione come un costo, non un investimento».

Un altro modo di fare scuola

Il bilancio di questo mesi di didattica a distanza non sono semplici. «La Dad si è dimostrata estremamente fragile per i ragazzi in termini pedagogici, psicologici ed economici, con effetti peggiorativi dell'apprendimento, più marcati per chi è già svantaggiato. Il rischio è di un blocco della mobilità sociale garantita dalla scuola», denuncia l'economista Tito Boeri. «In realtà - ribatte Stefano Quintarelli, fondatore di ImparaDigitale – fare scuola da remoto non è inefficace, è il modo in cui l'abbiamo fatta che è stato inefficace: abbiamo dimenticato la didattica e la metodologia».

D’altra parte la didattica a distanza non potrà sostituire la lezione in presenza, ma quantomeno ha rappresentato un momento di crescita per tutto il mondo scuola, mostrando nei fatti che un modo diverso di fare scuola è davvero possibile. Tenendo conto che anche il sistema educativo , come tutto il resto del mondo, all’uscita dall’emergenza non potrà più essere quella di prima.

Sotto il profilo psicologico, ha affermato Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro, «gli adolescenti si sono adattati, nel momento in cui gli adulti li hanno responsabilizzati. Più preoccupante è la situazione dei bambini di materne e primarie, all'inizio del processo di conoscenza e di relazione. Ma la pandemia può davvero rappresentare una straordinaria occasione di crescita per tutti».

Stop all’impoverimento educativo

«L'obiettivo è proteggere i ragazzi per evitare i rischi di un pericoloso impoverimento educativo di cui farebbe le spese il Paese intero – ha sottolineato Marco Bentivogli, ex sindacalista e coordinatore di Base Italia -: il diritto all'istruzione e alla formazione life long devono diventare diritti personali a tutti gli effetti».

Ma allo stesso tempo, prosegue Bentivogli, «non possiamo più pensare a una formazione uguale per tutti: bisogna far emergere i talenti avvicinandosi alle persone». In questo l’approccio digitale rappresenta un’arma potente per rendere flessibile e personalizzabile la didattica.

«La relazione e la vicinanza può essere profonda anche a distanza, e questo periodo ce l’ha dimostrato», sottolinea Lancini che auspica scuole aperte 24 ore al giorno sette giorni su sette, connesse con il territorio. Ma già oggi la connessione digitale amplia il tempo scolastico, permettendo e favorendo contatti tra studenti e docenti ben oltre l’orario canonico.

«La scuola deve essere in grado di affrontare le difficoltà mettendosi in connessione diretta con i ragazzi sul territorio», conclude Bianchi. Che invita a liberarsi dal vecchio stereotipo per cui uguaglianza significhi che tutti sono uguali: «Non siamo tutti uguali: la vera uguaglianza creata dalla scuola è il diritto a essere diversi uno dall’altro».

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