di Andrea Beretta *
(AP)
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Uno degli effetti di questi dodici mesi di remote e/o smart working è che si è ridotto e compresso a dismisura il tempo delle sessioni formative. Mi spiego meglio: fino a febbraio del 2020, per attività di formazione su temi di people management e/o su competenze dell’area sales, a seconda degli obiettivi, del profilo delle persone coinvolte, del tema trattato e delle competenze su cui intervenire, in genere si aveva la disponibilità di almeno una giornata, talvolta due. Scrivo “in genere”, perché le situazioni non sempre erano identiche.
Ma quando l’obiettivo era attivare un contesto formativo non per sensibilizzare o ingaggiare le persone, bensì per promuovere, attivare o consolidare comportamenti diversi rispetto al passato, consuetudine voleva che quello fosse il tempo a disposizione per lavorarci. Una consuetudine diffusa, ogni tanto minacciata da esigenze di efficienza o da richieste di contenimento dei costi, ma considerata prassi consolidata anche alla luce dei benefici che era in grado di generare.
Oggi, con frequenza sempre maggiore, capita che arrivino richieste di lavorare su situazioni simili (per target, temi, competenze e profili delle persone coinvolte) con un tempo a disposizione decisamente inferiore: mezza giornata, quando va bene; spesso un paio d’ore, ovvero un quarto di giornata. La motivazione più diffusa è che le persone cui è rivolta l’attività formativa non sarebbero in grado di reggere un’intera giornata di distance learning, proprio perché gestita interamente a distanza e tramite device.
L’aspetto curioso di questa richiesta è che è accompagnata dalla presunzione che persone per decenni abituate a partecipare ad attività formative con modalità completamente differenti (aule in presenza), dovrebbero trarne uguale beneficio con la metà o un quarto del tempo a disposizione; senza avere ancora familiarizzato con le nuove modalità (ci sono ancora persone che non trovano la chat di teams) oppure senza avere ancora le dotazioni necessarie per un’efficace partecipazione (pc senza webcam o simili).
Queste ultime due ragioni dovrebbero indurre le aziende, o almeno i responsabili della formazione, a garantire alle persone il doppio del tempo rispetto al passato affinché le attività di formazione generino i cambiamenti auspicati. Ma questo pensiero, oggi, è vissuto dai più come un’inutile provocazione. Perché? Il dubbio è che dietro a questa tendenza a ridurre i tempi da dedicare alle attività formative si celi un desiderio diffuso di iperefficienza che, in futuro, potrebbe far guardare alla formazione come a un tempo e a uno spazio da ridurre o da contenere perché rallenta (interrompendola de factu) la produttività delle persone.
Se così fosse, dovrebbero venir-ci (il “ci” sta per tutti gli addetti ai lavori) i brividi alla schiena, dopo tutti questi anni passati da una parte ad esaltare le learning organisation e l'importanza/necessità dell'apprendimento continuo, e dall’altra a sottolineare il valore delle persone e del loro equilibrio e benessere individuale.Nel report del Capgemini Research Institute (dicembre 2020) “The future of work: from remote to hybrid” è emerso che il 63% delle organizzazioni coinvolte nell’indagine ha registrato un incremento della produttività dei dipendenti nel terzo trimestre del 2020.
Le funzioni IT e digitali guidano la classifica della produttività (68%), seguite da Servizio Clienti (60%), Vendite e Marketing (59%) e, infine, Produzione e Manufacturing, Ricerca e Sviluppo, Supply Chain, che hanno invece riportato un aumento della produttività solo del 51%. Nel medesimo report le aziende coinvolte hanno previsto per i prossimi due/tre anni un aumento complessivo della produttività del 17% e quasi il 70% delle organizzazioni ritiene che l’aumento della produttività, legato al lavoro da remoto, sia sostenibile anche una volta terminata la pandemia.
Ultimo dato: i dipendenti delle organizzazioni consultate hanno espresso preoccupazioni in merito alla possibilità di svolgere l’attività lavorativa da remoto sul lungo periodo: circa il 56% (una persona su due) teme infatti che venga loro richiesto di essere always on. Questi dati potrebbero far temere che il legittimo desiderio di una migliore produttività aziendale si possa trasformare in un impulso all’ingordigia e che l’orientamento a implementare lo smart working e modalità di lavoro ibride possano volgere verso una deriva che si focalizzi solo sul contenimento dei costi (per l’azienda) e non anche sulla soddisfazione dei bisogni dei dipendenti.
In primis legati alla necessità di trovare nuove forme di work life balance: lo stiamo vedendo e vivendo in questi ultimi mesi a causa del perdurare della pandemia e delle conseguenti, e spesso improvvise, decisioni Governative e Regionali sull’'apertura e chiusura delle scuole, che hanno un impatto talvolta devastante sulle già precarie organizzazioni famigliari. In secondo luogo, o terzo o quarto ma certo non ultimo, legati al desiderio e alla necessità di poter fruire di adeguate occasioni formative che, in un mercato in continua e veloce evoluzione, possano permettere alle persone di continuare a svolgere il proprio lavoro con efficacia e di coltivare sogni e possibilità di auto-realizzazione.
Sappiamo, per esperienza diretta e per evidenza scientifica, che è il tempo che trasforma l’apprendimento in comportamento, il sapere in saper fare, le conoscenze in metodo e approccio. E che l’apprendimento richiede confronto, talvolta conforto, metabolizzazione, superamento di resistenze e ortodossie, individuazione e sperimentazione di nuove pratiche che possono consolidarsi in nuove e più attuali abitudini.
Tutto ciò non può svolgersi solo nel corso delle attività e delle sessioni formative, che siano in aula o in distance, che durino due ore o due giorni. Ma non possiamo nemmeno ridurre il tempo e lo spazio della formazione a uno dei tanti appuntamenti in calendario, tra una riunione e l’altra, che riempiono le agende delle persone. Seneca diceva che “c’è un tempo per capire, un tempo per scegliere, un altro per decidere”: forse, dopo un anno di nuova e inattesa riorganizzazione delle politiche del personale e di sperimentazione emergenziale di diversi modelli formativi, è venuto il tempo della scelta e quello della decisione. Speriamo, di una diversa decisione.
* Partner di Newton Spa
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