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Nuova Zelanda: scoperti abusi su oltre 250 bambini e adolescenti

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Il ministro neozelandese alla Pubblica amministrazione Chris Hipkins

Il ministro neozelandese alla Pubblica amministrazione Chris Hipkins

La commissione di inchiesta istituita nel 2019 è giunta alla conclusione che il 40% degli ospiti di istituzioni pubbliche o religiose, molti dei quali maori, è stata vittime di violenze di ogni tipo.

16 dicembre 2020
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2' di lettura

Abusi fisici, sessuali. Scariche elettriche su gambe e genitali, anche più volte al giorno, trattamenti farmacologici. Per cinque o dieci anni di seguito. Tra il 1950 e il 2019 più di 250mila persone, in massima parte minori, ospiti di istituzioni pubbliche o religiose, sono state vittime in Nuova Zelanda di una lunga serie di violenze. I numeri sono contenuti in un rapporto pubblicato dalla Royal Commission of Inquiry e sono particolarmente inquietanti non solo per la natura degli abusi, ma anche per le dimensioni del fenomeno.

La Nuova Zelanda ha oggi una popolazione di cinque milioni di persone. I 256mila casi si sono verificati tra una popolazione affidata a istituzioni pubbliche e private di 655mila persone – un numero che è superiore di sei volte alle precedenti stime del governo – ospitate nei 70 anni esaminati dall'inchiesta, con una percentuale pari almeno al 40% (tra il 21% e il 42% nelle istituzioni religiose, tra 42mila a 83mila bambini). La maggior parte delle vittime aveva tra i 5 e i 17 anni, la più piccola aveva nove mesi, la più grande 20 anni.

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In alcuni casi lo staff ha costretto i pazienti maschi a violentare le ragazze. Non sono mancati episodi di perquisizioni “inappropriate”, con manipolazioni dei genitali. Il razzismo sembra essere un fattore importante di questi abusi: l’81 delle persone abusate era maori, che costituiscono il 69% del totale delle persone ospitate. Nelle istituzioni religiose è stata consapevolmente perseguita una strategia di “pulizia etnica” contro la popolazione maori, che l’anno scorso ha protestato per l’eccessivo numero di bambini tolti alle famiglie.

La commissione reale di inchiesta è stata costituita nel 2018 dalla premier Jacinda Ardern dopo una serie di rivelazioni. Occorreva, disse in quell’occasione, fare luce su «un capitolo oscuro» della storia del Paese. L’anno prima era toccato all’Australia la rivelazione di migliaia di casi di abusi nelle istituzioni del paese.

«Il dolore e l’angoscia che sono state causate nella storia della Nuova Zelanda non ha scuse», ha detto il ministro della Pubblica amministrazione Chris Hipkins. «Tutti i bambini affidati allo Stato - ha aggiunto - dovrebbero essere al sicuro, ma come le testimonianze hanno mostrato troppo spesso la realtà è stata l’opposto».

«A volte ho ricevuto trattamenti di elettroshock due volte al giorno – ha rivelato Anne, che nel 1979, a 17 anni, è stata affidata a un’istituzione psichiatrica – Le cartelle dicono che in un’occasione ho perso la vista, ma che quella stessa sera ho ricevuto un nuovo trattamento». «Non volevo più vivere – ha raccontato Peter, di etnia maori – Sono andato su una scogliera e ho sbattuto più volte la testa sulle rocce. Se solo qualcuno si fosse fermato e si fosse chiesto il perché, avrebbe forse scoperto qualcosa, ma nessuno lo ha fatto».

«Siamo profondamente dispiaciuti del dolore causato a così tante persone per gli abusi di cui sono state vittima e continueremo a esprimere il nostro profondo rammarico», ha detto l’arcivescovo cattolico di Wellington, il cardinale John Dew, noto all'interno della Chiesa per le sue aperture su divorziati e omosessuali.

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