di Leopoldo Benacchio
AFP
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Supponiamo di avere un business in Usa, che comporta molti viaggi e anche la consulenza in loco. Supponiamo ci arrivi una lettera dalla compagnia aerea con cui siamo convenzionati in cui si annuncia un ritocco delle tariffe. Va bene dai, abbiamo fatto il budget complessivo con intelligenza e un po' di elasticità ci è permessa. Arriva però la doccia fredda: sia il biglietto di viaggio che la manodopera costeranno sette volte tanto.
Non è uno scherzo, ma quel che è successo a Nanoracks, cliente di Nasa per l'utilizzo della International Space Station, ma anche ad altri. Situazione imbarazzante e grande arrabbiatura, ma cosa ha spinto Nasa a una mossa così inaspettata e sgradevole? È una storia di creme di bellezza, iniziata bene e finita, come appena visto, assai male.
Nasa a fine 2019 annuncia che, per la sua parte di Stazione Spaziale Internazionale (Iss), si può pensare a un utilizzo commerciale: ricerche di industrie che possono avere vantaggio dall'ambiente spaziale, studi sul corpo umano o i farmaci sono benvenuti. Prezzi modici, anche se stiamo sempre parlando di ambiente spaziale, e quindi un chilogrammo di materiale costa 3.000 euro in upstream, cioè per portarlo da terra alla Iss e il doppio per riportarlo giù.
Costi giustificati anche se noi non siamo proprio abituati a pagare un biglietto per il cinema e un biglietto doppio per uscirne. Comunque, siccome come dice il proverbio le vie dell'Inferno sono lastricate di buoni propositi, il primo utilizzo della Iss in veste commerciale è stato fare da set di un film, con Tom Cruise, e come secondo si è vista la famosa cupola, una bow window spaziale incredibilmente sofisticata dal punto di vista tecnologico che, fra parentesi, è stato costruita da Thales Alenia Space, fare da set fotografico per una crema da viso per signore.
Dieci vasetti sono stati portati sulla Iss nel settembre scorso, fotografati dagli astronauti, che non compaiono comunque nelle foto, e ritornano sulla Terra dove verranno messi all'asta. È prevedibile che buona parte, se non tutta la cifra, dei 128.000 dollari sborsati dalla famosa ditta di cosmetici a Nasa verranno recuperati, grazie ad acquirenti benestanti che vorranno avere la prima “crema di bellezza spaziale”, o quasi.
La Iss è grande come un paio di campi da calcio, è costata, giusto per avere un'idea, sui cento miliardi di dollari, ed è stata costruita grazie a Usa, Europa, Giappone e Canada. Su queste basi si può ben pensare che la vicenda sia rimasta un poco indigesta a qualcuno, cui non è piaciuto di aver tassato i contribuenti per oltre 30 anni, tanti ne son passati dalla sua costruzione, per poi cederla a prezzo stracciato ai privati.
A Capitol Hill, sede del Congresso Usa, la senatrice Jeanne Shaheen, pur dichiarandosi personalmente una grande estimatrice della crema di cui stiamo parlando, ha però pesantemente questionato sulla operazione e sui costi, che per noi sembrano assurdi ma per la senatrice, membro della commissione commercio del Congresso, sono, pare avvedutamente, sembrati un regalo tout court.
Il tutto succedeva il 29 settembre scorso in sede di dibattito del bilancio Nasa 2021. Nasa rispondeva prontamente che tutto era nella piena regolarità e i permessi interni all'Agenzia erano a posto, ma pur tuttavia correva subito a cercare di rimediare la figuraccia rimediata nel finanziare, di fatto, la campagna pubblicitaria di una crema di bellezza.
Da qui l'aumento dei prezzi per l'utilizzo della ISS, pubblicato a fine febbraio nel sito di Nasa: da 3.000 a 20.000 dollari per portare 1 chilogrammo di materiale da terra alla Iss e il doppio per riportarlo a terra, da 6.000 a 40.000 dollari. Per la collaborazione di un astronauta poi si passa dai 17.500 ai 128.000 dollari.
È possibile anche andare sulla Iss per seguire i propri affari, ma costa sui 34.000 dollari al giorno, non proprio regalato.
La decisione ha preso in contropiede attori del settore come Nanoracks, la prima azienda ad avere introdotto un modello veramente innovativo per la messa in orbita di nanosatelliti dalla Stazione Spaziale, un mercato che sta crescendo a vista d'occhio. «La Nasa non ha fatto un buon lavoro nella comunicazione con gli stakeholder - ha affermato Jeffrey Manber, Ceo di Nanoracks -. Eravamo in trattativa con i clienti e all’improvviso ci è stato notificato l’incremento dei prezzi».
Non è l'unica impresa messa in difficoltà dalle nuove tariffe e nelle prossime settimane si capirà come rimediare alla nuova situazione. Insomma, come si sapeva dai tempi dell'Amleto di Shakespeare, col suo immortale «Dio vi ha dato un viso e voi ve ne create un altro»: con i trucchi e le creme meglio andarci piano.
Leopoldo Benacchio
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