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Usa: altri 6,6 milioni di disoccupati, 16 in tre settimane

di Marco Valsania

Nuova impennata sopra le attese delle richieste di sussidi. E gli analisti citano Lenin

9 aprile 2020
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4' di lettura

NEW YORK - Oltre sei milioni di nuovi disoccupati in sette giorni e più di sedici milioni in tre settimane, ben più degli impieghi persi in due anni di grande recessione all'indomani della debacle finanziaria e economica del 2008. E un tasso di senza lavoro che potrebbe già avvicinarsi al 15%, percentuale che non si ricorda a memoria di analista.

L'impatto sull'economia statunitense della pandemia da coronavirus, la crisi sanitaria e la paralisi dei business non essenziali, si aggrava con conseguenze drammatiche sul mercato del lavoro. Nell'ultima settimana, al 4 aprile, sono arrivate per la precisione 6,06 milioni di nuove richieste di sussidi di disoccupazione. Che si vanno ad aggiungere a 6,867 milioni nei sette giorni precedenti, riviste al rialzo di 219.000, e a 3,3 milioni scattate nella prima, vera settimana di chiusura delle aziende. A conti fatti, dunque, 16,6 milioni americani che hanno perso un impiego in un batter d'occhio.

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Previsioni ancora cupe
Gli economisti, davanti ai dati, si aspettano un ulteriore aumento dei disoccupati, al ritmo di milioni la settimana. L'interrogativo è di quanto: gli analisti di Berenberg indicano che data la prevalenza ormai su scala nazionale di ordini di rimanere a casa e di chiusure di attività non essenziali, gli incrementi potrebbero quantomeno aver raggiunto il picco. La Federal Reserve ha tuttavia stimato che fino a 47 milioni di posti di lavoro siano a rischio di svanire almeno temporaneamente per lo shock. E che il tasso di disoccupazione potrebbe salire oltre il 20% e anche il 30 per cento. Il tasso ufficiale, se rimanesse piu' basso, potrebbe inoltre sottostimare la reale disoccupazione perchè, avverte Citigroup che si limita a suggerire al momento un tasso forse superiore al 10%, è legato alla partecipazione alla forza lavoro, cioè a quanti sono occupati o cercano attivamente lavoro. Un fattore che potrebbe risentire significativamente di un boom di americani scoraggiati che scompaiono dalle statistiche.

Schulze cita Lenin
In un sintomo della continua preoccupazione, Jeff Schulze, investment strategist del fondo ClearBridge Investments di Legg Mason, con una profonda recessione pur se la speranza è che sia di breve durata si aspetta “ulteriori licenziamenti”. Le imprese, afferma, “taglierannno costi per far fronte a debiti”. E per dare le dimensioni di quanto sta avvenendo, di un svento che minaccia di lasciare in eredità drastiche trasformazioni nel tessuto economico e finanziario, ha scomodato Lenin: “Ci sono decenni in cui non succede nulla, e ci sono settimane in cui accadono decenni”.

Fed in campo anche per il lavoro
La Fed, per attutire un simile terremoto, ha sollevato il sipario sui suoi nuovi, inediti programmi di aiuto a business, stati e località – programmi che intendono anche assicurare soccorso al mercato del lavoro. L'iniezione di fondi ad opera della Fed sarà di fino 3.200 miliardi di dollari, attraverso cascate di prestiti alle imprese, piccole e medie (fino a 10.000 dipendenti o con meno di 2,5 miliardi di dollari di fatturato annuale) e piani senza precedenti di acquisti di titoli, compresi titoli spazzatura, e di obbligazioni municipali. Per accedere ai prestiti, elargiti dalle banche e comprati poi al 95% dalla Fed fino a un totale di 600 miliardi con garanzie del Tesoro stanziate dal Cares Act del Congresso, le aziende dovranno essere solventi e sono tenute a impegnarsi a ragionevoli sforzi per preservare proprio l'occupazione. Le piccole imprese danno lavoro a quasi metà degli americani, rappresentano il 95% del business e abitualmente generano due terzi delle nuove buste paga.

Powell auspica un rilancio “robusto” ma al momento giusto
Il chairman della Banca centrale Jerome Powell, nel presentare gli interventi della Fed, ha affermato di credere che quando sarà passata la crisi un recupero, anche per il lavoro, potrà essere significativo, “robusto” nelle sue parole. Difficile però fare oggi previsioni esatte, ha ammesso. “Il secondo trimestre sarà molto debole, con licenziamenti e lavoro da casa e aumenti dei sussidi di disoccupazione - ha precisato Powell - Quando il virus sarà passato, forse nella seconda metà dell'anno anche se non è possibile essere precisi e dipende da come sapremo controllarlo, mi aspetto un recupero”. Powell ha ammonito contro eccessiva fretta nello scongelare l'economia, affermando che occorre evitare “false partenze” che provochino il riaggravarsi della pandemia.

Dalla California a New York
La disoccupazione, di sicuro, si sta diffondendo assieme alla pandemia da una costa all'altra del Paese, compreso il cuore del Paese. La scorsa settimana la California ha guidato la classifica delle richieste di nuovi sussidi con quasi un milione, 925.450 per l'esattezza. Seguita da stati quali Georgia con 388.175, Michigan con 384.844, New York con 345.246, Texas con 313.832. Sotto il profilo delle industrie più colpite dal coronavirus, un'analisi che il Dipartimento del lavoro fornisce aggiornata soltanto ai dati di due settimane or sono, in California dominano in generale i servizi. A New York soffrono l'ospitalità, la ristorazione, il retail ma anche l'assistenza sociale. In Michigan il settore manifatturiero e quello costruzioni. In Texas dal manifatturiero al retail.

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