di Barbara Fiammeri
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
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Matteo Salvini ha appena concluso l'intervento al Senato per ribadire il “no” della Lega e del centrodestra al Cura Italia. Si attende la ripresa dei lavori per votare. Salvini esce dall’Aula, è impaziente. «Ho sentito il presidente Mattarella più volte in questo mese e lo ringrazio, davvero, per i suoi interventi anche quelli che non sono stati resi pubblici, e per la vicinanza manifestata verso le regioni più colpite, a partire dalla Lombardia. Ma devo dirlo e con rammarico - dice il leader della Lega al Sole 24 Ore - , non staremo più zitti perché la collaborazione c'è stata solo da parte nostra: abbiamo ascoltato i suggerimenti di imprese, professionisti, consulenti del lavoro, commercialisti traducendoli in proposte concrete, molte, moltissime delle quali a costo zero. Risultato, nessuna è stata accolta. In Italia finora non un lavoratore o un imprenditore ha ricevuto 1 euro dallo Stato. Solo annunci. Come quelli a sostegno dei medici eroi ai quali però hanno negato la detassazione almeno di parte dello stipendio. Non è possibile andare avanti così».
Il Governo sostiene che in questo decreto non ci fossero più margini, che le proposte dell'opposizione troveranno spazio nel prossimo provvedimento, il cosiddetto decreto Aprile: non ci crede?
Azzerare gli ammortamenti 2020 avrebbe dato un po' d'ossigeno e rassicurazione. Ma soprattutto in un momento come questo rinviare le scadenze fiscali al 31 maggio, anziché al 31 gennaio del prossimo anno, come avevamo proposto e come hanno fatto già la Francia ed altri Paesi, è un'offesa non a noi ma agli italiani che non stanno guadagnando, non prendono gli stipendi ma a cui neppure si offre la garanzia di essere lasciati in pace fino alla fine dell'anno. A meno che i 25mila euro previsti dal decreto Liquidità siano un prestito per pagare le tasse anziché fornitori e dipendenti.
Ma il decreto Liquidità non prevede solo prestiti fino a 25mila euro...
Quelli sono gli unici sicuri. Per il resto hanno messo in piedi un meccanismo burocratico di 100 pagine, con una serie di passaggi e di interventi di diversi apparati per cui ancora non si capisce chi ha diritto ad utilizzarlo e chi no. Né si hanno certezze sui tempi, che è il punto determinante. Tant'è vero che saranno in molti a non ricorrervi anche perché rischia di arrivare troppo tardi. Un imprenditore italiano che produce anche in Svizzera mi ha raccontato di aver ricevuto in un giorno 200mila franchi sul suo conto corrente presentando un semplice modulo, per il grosso dell'azienda a Varese il commercialista non gli ha invece saputo dare alcuna risposta. Il rischio concreto è quindi che la parte italiana chiuda. Insisto: non si può andare avanti così. Dobbiamo rimetterci in moto e presto.
A proposito di rimettersi in moto: c'è un forte pressing delle imprese a riaprire, ma per gli esperti della Sanità potrebbe essere pericoloso. Lei da che parte sta?
Io penso che la politica debba recuperare il suo ruolo e quindi dopo aver ascoltato gli esperti debba assumersi l'onere della scelta. La maggioranza delle aziende in Germania è aperta, in Polonia e Ungheria pure e in generale sono in attività quelle degli altri Paesi del Nord. Laddove ci sono imprese in grado di mettere in sicurezza i lavoratori perfino a proprie spese – visto che anche su questo è stato respinto il nostro emendamento – deve essergli data la possibilità di riaprire perché altrimenti molte resteranno chiuse per sempre. Dico di più:sfruttiamo questa tragedia come un'occasione per cambiare radicalmente.
Che intende dire?
Che serve un approccio diverso Quando gli italiani dopo Pasqua si accorgeranno che la cassa integrazione non è arrivata, così come l'indennità per gli autonomi, salirà la rabbia. Dobbiamo offrire al Paese una prospettiva e per farlo servono le risorse migliori,come ha detto la presidente di Confindustria Udine.
La quale fa esplicitamente il nome di Mario Draghi come futuro premier: condivide?
Perché no, certamente Draghi è una delle migliori risorse. Così come Tremonti ma anche Sapelli e molti rappresentanti del mondo produttivo. Bisogna mettere assieme le migliori competenze e agevolare chi produce e dà lavoro. Il contrario di quanto fatto dal Governo e dalla maggioranza che continua a puntare sull'assistenzialismo e conferma di non conoscere neppure coloro che sostiene di voler aiutare, visto che tutela solo lavoratori autonomi con meno di 35mila euro. Significa che non sono mai entrati in un negozio! Serve una rivoluzione liberale e serve ora.
In che cosa si traduce questa rivoluzione?
Anzitutto nella massima: prima parti e poi lo Stato controlla. Non si possono aspettare mesi se non anni per avviare un'attività. Allo stesso tempo serve liberarsi delle zavorre del passato. Altro che allungare i tempi degli accertamenti del Fisco! Dobbiamo invece proporre ai contribuenti una pace fiscale. E mettere in campo un’emissione straordinaria trentennale di titoli a tasso agevolato, obbligazioni sottoscritte da persone fisiche che intendono far “emergere” contante e/o valori anche presenti nelle cassette di sicurezza (stima di almeno 150 miliardi), non se derivanti da reati penalmente perseguibili. Senso: fare emergere tutto quello che è sommerso per aiutare la ricostruzione del Paese. D'altronde un ministro in carica parla di aiuti per i lavoratori in nero...
Anche i cantieri sono fermi: in che modo si può ripartire?
Via subito anche il Codice degli appalti innalzando contemporaneamente le soglie per l'affidamento diretto. Solo per sistemare i ponti degli anni 60 servono più di 4 miliardi di euro.
Insomma totale deregulation?
Siamo di fronte a un altro mondo, come dopo una guerra. E c'è bisogno di correre. Il modello deve essere Genova. Nominiamo i sindaci commissari straordinari come avvenuto per il ponte che sta per essere completato. Un record! Senza però che gli stessi sindaci debbano poi rischiare di finire sotto processo per abuso d'ufficio o danno erariale. E a proposito: subito la riforma della giustizia, a partire da quella tributaria. La nostra proposta è che una volta assolti in primo grado il processo finisca. Anche per far ripartire l'edilizia dobbiamo siglare una pace. Ci sono domande di condono edilizio giacenti da vent’anni! Soldi da incassare per il Comune e fine di un incubo burocratico per migliaia di cittadini. Solo a Roma ci sono ancora in sospeso 180mila domande! È così che si rimette in moto il Paese, altro che aspettare l'Europa.
Ma senza l’Europa ora saremmo messi male visto che è grazie alla Bce se lo spread è ancora fermo attorno ai 200 punti base…
A fronte del nulla che arriva dalla Commissione, la Banca centrale è l'unica istituzione che sta facendo il suo, offrendo un contributo a tutti i Paesi a partire da quelli più esposti. Chiediamo che continui a sostenerci perché – e su questo sono d'accordo con il presidente Conte a meno che nelle prossime ore non se lo rimangi – possiamo farcela anche da soli.
Lei propone quelli che ha definito “bond di guerra”: sono titoli simili ai bond retail ipotizzati su queste colonne dal ministro Gualtieri?
Sono proposte simili, così come quella presentata da Giulio Tremonti: dare agli italiani debito italiano.
E se gli italiani non vogliono sottoscriverlo?
Assolutamente nessuna costrizione ma agevolazioni fiscali. E possiamo farlo a normativa vigente, senza dover chiedere permesso. Non capisco perché continuino a parlare di Mes che per noi varrebbe appena 35 miliardi, il 2% del Pil. In ogni caso, se il Governo dovesse approvare l'uso del Mes chiederemo immediatamente al Parlamento, che Conte non ha interpellato, di votare la sfiducia.
Lei che ha fatto della Lega un partito nazionale ha prospettato i bond della Lombardia: che ne penseranno nelle altre regioni?
È un'idea che sta circolando tra diversi imprenditori, i quali sottolineano che il rating della Lombardia è superiore a quello nazionale. Io ovviamente mi spendo affinché sia lo Stato a fare da salvagente dalla Puglia al Veneto. Se non sarà così chi può si aiuta da solo.
A proposito di Lombardia: non crede che qualcosa non abbia funzionato ? Il confronto con il modello Veneto è impietoso…
Si può sempre fare meglio con il senno di poi. La Lombardia è stata investita da uno tsunami non paragonabile a quello di nessun’altra Regione.
Per approfondire:
● Decreto Cura Italia: cosa prevede per le imprese
Barbara Fiammeri
Inviata parlamentare
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