di Marco Bellinazzo
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Palestre, scuole-calcio, stadi e palazzetti. Il mondo dello sport si sente ancora una volta ingiustamente penalizzato dalle misure anti-pandemia inserite nell’ultimo Dpcm . Il nodo più urgente da sciogliere è quello delle palestre e delle piscine su cui il Governo ha scelto per ora di temporeggiare, dando una settimana di tempo ai gestori per adeguarsi alle prescrizioni anti- Covid .
Una soluzione di compromesso tra la posizione del Cts e del ministro della Salute Roberto Speranza che hanno chiesto una chiusura generalizzata e quella del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e delle Regioni che, col coordinatore Stefano Bonaccini, sono invece favorevoli a tenere aperte palestre e centri sportivi, semmai con più rigorosi protocolli di sicurezza. Spadafora ha sottolineato come il mondo dello sport sia «tra i settori più colpiti dall’epidemia» e come ai gestori siano già stati chiesti in questi mesi «investimenti cospicui», aggiungendo che «nessuna evidenza scientifica denuncia focolai in relazione all’allenamento individuale nei luoghi controllati». Posizione condivisa da Simone Valente, deputato del Movimento 5 Stelle ed ex sottosegretario allo Sport, che ha chiesto maggiore trasparenza sui dati dei contagi collegati all’attività sportiva, appoggiando l’idea di scongiurare le paventate chiusure di palestre e piscine, specie laddove siano stati rispettati i protocolli.
Come certificato dagli ultimi dati elaborati da Unioncamere e InfoCamere, l’universo imprenditoriale del fitness è rappresentato al 30 giugno 2019 da circa 23mila operatori. In particolare, si contano 5.167 imprese attive nella gestione degli impianti, 5.100 nella gestione di palestre e 4.986 club sportivi, cui si sommano 8.217 organizzazioni sportive e di promozione di eventi legati allo sport. Il giro d’affari stimato per le attività sportive non agonistiche legate al fitness in Italia è di circa 10 miliardi l’anno. Per quanto riguarda lo Sport Industry in senso lato, secondo i dati del Cerved, prima dell’emergenza Covid-19 , il comparto della produzione di attrezzature, calzature e abbigliamento di carattere sportivo ha raggiunto un fatturato annuo aggregato di 13 miliardi di euro.
I danni che possono derivare alla filiera dello sportsystem erano stati denunciati già a marzo in occasione del primo lockdown dalle associazioni di categoria - Assosport, Assofitness e Anif-EuroWellness - secondo cui lo stop a centri, palestre, piscine e campi disseminati in tutta Italia metteva seriamente a rischio l’occupazione di più di 1 milione di persone che a vario titolo sono impegnati nel settore.
Il Dpcm varato domenica sera lascia spazio, per quanto concerne gli sport di contatto, alle gare sportive dilettantistiche a livello nazionale e regionale, mentre per il livello provinciale, società, associazioni sportive ed enti di promozione potranno solo proseguire gli allenamenti degli sport di squadra in forma individuale. Lo stesso vale per il settore giovanile e scolastico che annovera 800mila tesserati.
La Figc con il presidente del dipartimento, Vito Tisci, ha chiesto però di avviare «un confronto urgente con le istituzioni a sostegno delle 9.000 società che svolgono quest’attività, perché sarebbe necessario consentire il diritto al gioco dei bambini e delle bambine più piccole, così come proseguire nella formazione tecnica di base dei più giovani, seppure in maniera non competitiva, all’interno dei propri centri sportivi e nel pieno rispetto dei protocolli sanitari». Le scuole calcio, circa 7mila, hanno un giro d’affari annuale stimato tra i 120 e i 150 milioni.
Quanto all’ammissione di pubblico in stadi e palazzetti il Dpmc prevede, salvo deroghe delle Regioni, una percentuale massima di riempimento del 15% rispetto alla capienza totale della struttura e comunque non oltre 1.000 spettatori all’aperto e 200 al chiuso.
Marco Bellinazzo
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