di Francesco Prisco
Una performance di giovanissimi all’ultimo Giffoni Film Festival che si è svolto rispettando il distanziamento (GettyImages)
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Quello che abbiamo alle spalle lo conosciamo bene. Quello che abbiamo di fronte no e la cosa ci spaventa non poco. Il petrolio dell’Italia si chiama cultura, lo sanno anche i bambini. I cosiddetti eventi leisure, qui da noi, hanno sempre rappresentato uno straordinario “motore” che proprio di quel petrolio si nutriva: festival e happening di musica, cinema, arti varie sono un pezzo importante d’economia.
L’emergenza sanitaria da coronavirus, quest’anno, ha fortemente limitato, in molti casi addirittura azzerato il loro giro d’affari. Per capire quello che potrà succedere nel 2021, tocca tener d’occhio i dati giornalieri sui contagi e le conseguenti mosse del decisore politico. Un orizzonte indefinito, insomma. Quello che succedeva fino al 2019, invece, lo conosciamo bene e - possiamo dirlo senza esitazioni - manca a tutti, non solo agli addetti ai lavori che tirano avanti come possono, in attesa di tempi migliori.
Secondo le elaborazioni di Oxford Economics e Astra/Adc Group, la event industry - macro-segmento comprendente festival, convegni, fiere ed eventi di tutti i campi - genera un indotto di 65,5 miliardi e un giro d’affari di 36,2 miliardi. Ogni anno, in Italia, si organizzano un milione di eventi cui lavorano direttamente 569mila addetti. Con importanti ricadute in termini di indotto: si stima che il 40% delle notti acquistate negli hotel d’Italia sia correlato agli happening. E sono 56,4 i milioni a livello complessivo le presenze annue che si registravano agli eventi italiani, contando anche i visitatori stranieri. L’annus horribilis del Covid-19, secondo l’associazione di categoria Club degli Eventi e della Live Communication, comporterà per le aziende di settore perdite di fatturato stimate intorno all’80% rispetto all’anno precedente, con tutte le conseguenze negative del caso sul versante occupazionale. Alcuni segmenti hanno sofferto più di altri. La musica per esempio: gli eventi live, secondo l’annuario Siae, da soli muovevano oltre 500 milioni l’anno. I conti si faranno alla fine, ma considerando che da febbraio a oggi - tolta la parentesi estiva che ha consentito ai concerti con massimo 200 spettatori al chiuso e mille all’aperto di svolgersi - praticamente non si è suonato, saranno sicuramente conti amari. Abbiamo perso, per esempio, i cartelloni 2020 di Firenze Rocks e Lucca Summer Festival.
In altri campi, soprattutto in estate, abbiamo assistito a formule ibride di eventi all’insegna del distanziamento con ampio ricorso alla copertura in streaming. È successo, per esempio, con il cinema (la Mostra del Cinema di Venezia, la Festa di Roma e il Giffoni Film Festival, per esempio) ma anche con il Festivaletteratura di Mantova, il Festival Filosofia di Modena o il Festival dell’Economia di Trento. «Come è immaginabile - sottolinea Salvatore Sagone, presidente di Adc Group e fondatore del Club degli Eventi - in questo contesto la digitalizzazione la sta facendo da padrona. L’unico modo per relazionarsi con i target di riferimento sono le piattaforme digitali sulle quali si stanno sperimentando nuove forme per coinvolgere emotivamente gli interlocutori come, ad esempio, la realtà virtuale o l’accentuazione dell’interazione». Formule che, per forza di cose, non muovono la stessa economia. «La digitalizzazione degli eventi - continua Sagone - incide in maniera irrisoria sui ricavi delle società che organizzano eventi fisici. Rispetto al 2019, la event industry sta comunque riscrivendo il proprio Dna».
Quando si parla di eventi in streaming, tocca sempre fare parecchia attenzione: «Non basta fare una diretta sul web», sottolinea Andrea De Micheli, ceo di Casta Diva Group, una tra le principali cinque aziende italiane specializzate in eventi, proprietaria del Blue Note di Milano. «Ci vuole un vero e proprio happening per tenere viva l’attenzione del pubblico». Stesse logiche di quando produci per la televisione «e chi come noi produceva anche per la televisione è arrivato puntuale all’appuntamento con questa sfida. E non solo sul versante leisure, ma anche per quanto riguarda gli eventi corporate».
L’orizzonte del settore è parecchio incerto. La speranza è che si arrivi presto alla tanto sospirata immunità di gregge e, in un modo o nell’altro, si riprenda con gli eventi in presenza. A quel punto, il patrimonio di competenze digital acquisito dalle imprese grazie all’anno del lockdown potrà arricchire l’offerta, senza l’ingrato compito di sostituirla. Anche perché di fatto esperienze come assistere a un concerto sotto al palco o un film visto a quattro poltroncine da chi l’ha girato sono qualcosa d’insostituibile.
Francesco Prisco
Redattore
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