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Lucchetti, ripensare al museo come centro di produzione

di Francesca Guerisoli

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Performance di Marinella Senatore, Protest Forms: Memory and Celebration, presso la 16a Quadriennale di Roma, nella sezione “De Rerum Rurale” a cura di Matteo Lucchetti, Palazzo delle esposizioni, Ottobre 2016. Foto di Okno studio.

Performance di Marinella Senatore, Protest Forms: Memory and Celebration, presso la 16a Quadriennale di Roma, nella sezione “De Rerum Rurale” a cura di Matteo Lucchetti, Palazzo delle esposizioni, Ottobre 2016. Foto di Okno studio.

Il curatore parte da “Visible”, progetto di ricerca curato con Judith Wielander per Cittadellarte – Fondazione Pistoletto e Fondazione Zegna, e il Madre di Napoli. Ripensare al ruolo delle istituzioni museali per il contemporaneo

5 maggio 2020
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5' di lettura

In queste settimane di lockdown, associazioni, fondazioni e gruppi informali di operatori dell'arte contemporanea stanno inoltrando diversi appelli alla politica affinché non ci si dimentichi degli artisti visivi, categoria già molto fragile in Italia, ben prima dello stato di emergenza sanitaria. Ne parliamo con Matteo Lucchetti, da dieci anni co-curatore progetto Visible (Cittadellarte – Fondazione Pistoletto / Fondazione Zegna ) e curatore indipendente.

L'attuale stato di emergenza ha portato prepotentemente a galla il precario stato di salute del sistema dell'arte contemporanea italiano. Quali sono, a tuo avviso, i problemi strutturali relativi alla sopravvivenza dell'artista in Italia? Dove emigrano gli artisti e perché?
Il supporto pubblico alla produzione artistica è episodico e purtroppo si colloca all'interno di una cultura di sfruttamento della classe creativa. Probabilmente dovuto alle condizioni di privilegio sociale che hanno da sempre contraddistinto le logiche di committenza e alla credenza che la presenza di un mercato dell'arte stabile possa aiutare il sostentamento agli artisti. Se questo può essere vero per una piccola percentuale di artisti affermati, il vero effetto è in realtà la perdita di sperimentazione e connessione di una grandissima parte di artisti con la sfera pubblica, che diventa al massimo un tema, più che un interlocutore con il quale dialogare. Credo che la maggior parte degli artisti e curatori che emigrano stabilmente in altri paesi lo facciano per ricercare condizioni di supporto che gli permettano di vivere dalla loro professione. Il necessario programma dell' Italian Council , per fare un esempio, rappresenta sicuramente una grande opportunità per l'artista, ma è legata all'evento, la mostra, il progetto editoriale, e non rappresenta un canale di sostegno stabile per la ricerca artistica, ma piuttosto un aiuto verso il sistema museale che difficilmente riusciva a commissionare con budget adeguati, o senza l'intervento di privati. Delle bombe d'acqua in un deserto non aiutano a far germogliare nulla, creano solo delle oasi temporanee.

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Quali misure di sostegno pubblico agli artisti immagini, in relazione al momento attuale e in futuro?
Avrebbe senso ripensare al ruolo delle istituzioni museali per il contemporaneo come centri di produzione aperti a molteplici interazioni con la sfera pubblica. In questo senso gli artisti – ma più in generale una classe creativa composta anche di curatori, teorici, scrittori, grafici, esperti di comunicazione, ecc. – sarebbero il primo agente di cambiamento, laddove gliene fosse data l'occasione sotto forma di contratti di medio termine, budget di produzione e infrastrutture. Bisogna, in generale, pensare agli artisti non come imprese, ma come cittadini che hanno costruito la loro professionalità sulla capacità di immaginare le cose altrimenti, speculando concettualmente su ciò che ancora non esiste, e costruendo sulla diversità dei nuovi immaginari inclusivi. Quale società accorta, specialmente in momenti di crisi come questo, non farebbe bene a riconoscere tale risorsa garantendogli forme di sostentamento, sviluppo e azione?

Mostre e progetti di Lucchetti

8 foto

Matteo Lucchetti. Foto di Francesco D'Amore
Parlamento temporaneo Visible presso l'Hotel de Ville di Parigi, 16 Novembre 2019, a cura di Matteo Lucchetti e Judith Wielander. In collaborazione con Fondazione LaFayette. Foto di Benoit Laurent
Performance di Marinella Senatore, Protest Forms: Memory and Celebration, presso la 16a Quadriennale di Roma, nella sezione De Rerum Rurale a cura di Matteo Lucchetti, Palazzo delle esposizioni, Ottobre 2016. Foto di Okno studio
Marzia Migliora, Lo spettro di Malthus, 2020. Immagini di progetto, miniera di salgemma, Sicilia. Parte della mostra Marzia Migliora: Lo spettro di Malthus. a cura di Matteo Lucchetti, per il MAGA di Gallarate, mostra posticipata all'autunno 2020. Foto di Mybosswas
Enacting Populism in Its Mediæscape, a cura di Matteo Lucchetti, presso Kadist Art Foundation, Parigi, 2012. Foto di Aurélien Mole.
Marinella Senatore: Piazza Universale/Social Stages, a cura di Matteo Lucchetti, presso Queens Museum, New York, 2017. Foto di Stephanie Berger.
First Person Plural: Empathy, Intimacy, Irony, and Anger (opera di Liz Magic Laser), a cura di Matteo Lucchetti, presso BAK, Utrecht, 2018. Foto di Tom Janssen.
Inaugurazione di De Rerum Rurale, a cura di Matteo Lucchetti, all'interno della 16ma Quadriennale di Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini, il Commissario Europeo all'Economia Paolo Gentiloni, e il vice sindaco di Roma Luca Bergamo, Palazzo delle Esposizioni di Roma, 2016. Foto di Okno studio

Nelle scorse settimane sono stati inoltrati diversi appelli alla politica. Ma appelli ai musei? Spesso sono proprio i musei e gli spazi istituzionali pubblici a chiedere interventi gratuiti o sotto-pagati agli artisti, ai curatori e ai propri collaboratori. Forse sarebbe da riaffermare, come dici tu, il ruolo del museo d'arte contemporanea, come produttore culturale...
Sto riattivando la mia collaborazione con il Forum dell'arte contemporanea proprio alla luce di tale urgenza. Per tornare più specificamente ai musei, un esempio concreto di una possibilità di ripensamento è la collaborazione che stiamo realizzando tra Visible (il progetto di ricerca su pratiche artistiche socialmente impegnate che curo insieme a Judith Wielander per Cittadellarte – Fondazione Pistoletto e Fondazione Zegna) e il Museo Madre di Napoli. Con la nuova direttrice Kathryn Weir (fondatrice del progetto socially engaged “Cosmopolis” al Centre Pompidou ), stiamo infatti costruendo una carta, con il coinvolgimento di molte altre realtà internazionali, per includere nelle collezioni museali processi artistici che lavorano per la trasformazione sociale di fronte alle urgenze climatiche e sociali del nostro tempo. Immaginiamo una collezione di relazioni e conoscenze piuttosto che di soli oggetti e tracce: tanto immateriale quanto materiale. Questo ripensamento di fondi si tradurrà in fellowship per artisti dalla durata annuale, garantendo i fondi affinché le loro organizzazioni creative possano crescere e interagire con altri campi della conoscenza, con ricadute sulla cosa pubblica e il bene comune. Il modello museale di oggi lo abbiamo eredito da altre epoche e, di fatto, è urgente riorganizzarlo alla luce dei tempi che stiamo vivendo, se vogliamo che sia riconosciuto da un largo numero di persone. Non turisti che consumino ma partecipanti di un discorso collettivo e inclusivo.

Nove anni fa abbiamo fatto parte entrambi di un gruppo, Lavoratori dell'arte, volto a proporre misure di riconoscimento del lavoro artistico, oltre che a immaginare tutele per i suoi lavoratori. Come vedi il nuovo gruppo Art Workers Italia, costituitosi in queste settimane di lockdown? A quali esperienze internazionali suggeriresti loro di guardare?
Lo vedo nel migliore dei modi possibili. Come dici tu quasi dieci anni fa avevamo costituito una massa critica con i Lavoratori dell'arte rispetto alla precarietà del nostro essere giovani professionisti privi di tutele e opportunità, processi di nomine non trasparenti e l'impossibilità di progettare il nostro percorso professionale in Italia. Oggi alcune cose sono cambiate in meglio, ma in generale l'infrastruttura è ancora tutta da ripensare, quindi sono felice che ci sia un nuovo gruppo così numeroso e ben organizzato per fare proposte concrete verso la risoluzione dei problemi. Riconosco, positivamente, molte similitudini con i progetti americani W.A.G.E. (Working Artists and the Greater Economy) e People's Cultural Plan , ma più che suggerire, mi farà piacere contribuire e collaborare come coordinatore di uno dei tavoli del Forum dell'arte contemporanea, che nel mese di maggio terrà un'edizione online con le stesse motivazioni di AWI. Auspico una collaborazione tra organizzazioni per unire gli sforzi e creare una voce polifonica che porti al Ministero, nel modo più chiaro possibile, tutte le proposte che non possono più attendere oltre per essere messe in pratica.

Cosa suggeriresti al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, per non dimenticare davvero nessun artista?
A Franceschini mi sento di suggerire la costituzione di un organismo per il sostegno continuato alla ricerca e produzione artistica in linea con la dimensione transdisciplinare della creazione artistica contemporanea; forse un'evoluzione dell'Italian Council con queste caratteristiche. Tale organismo dovrebbe esistere in forma autonoma, per evitare che ogni passo in avanti possa trasformarsi in due indietro con l'alternarsi dei governi. Inoltre credo sarebbe vincente immaginare delle piattaforme di confronto permanente tra il ministero e i professionisti dei vari settori della produzione artistica contemporanea (arti visive, teatro, danza, musica, cinema) con l'obiettivo di superare le divisioni disciplinari del secolo scorso e immaginare insieme nuovi modi di incidere nell'immaginario collettivo dei complessi anni a venire.

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