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Cristiana Perrella al Pecci: «abituati a fare molto con poco»

di Maria Adelaide Marchesoni

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Cristiana Perrella

Cristiana Perrella

Nei primi mesi di riapertura, rispetto al 2019, aumento a due cifre del numero medio giornaliero dei visitatori e della biglietteria nonostante l'ingresso gratuito. La legge regionale aiuta chi dona

24 settembre 2020
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6' di lettura

Il Centro Pecci è fuori dai flussi del turismo è in una posizione periferica anche rispetto alla città di Prato e pertanto chi visita il museo lo fa perché è fidelizzato oppure interessato specificamente all'offerta artistica. A fine 2019 l'affluenza aveva raggiunto 41.756 presenze, di cui 21.397 sono stati i visitatori delle mostre (7953 a titolo gratuito). In questo difficile 2020 il museo ha potuto contare prevalentemente solo sui visitatori del territorio e dai numeri emerge che l'affluenza ha raggiunto risultati significativi. Per i prossimi anni il Pecci investirà sempre di più sul digitale per permettere di mantenere vivo lo scambio con una comunità più vasta e internazionale. Sul fronte dello sviluppo delle risorse proprie il museo rimane ancora molto dipendente dal sostegno pubblico che genera il 76% circa dei ricavi netti. Cristiana Perrella, direttrice dal 2018 del Centro Pecci spiega ad ArtEconomy24 quali sono i programmi futuri anche per quanto riguardo lo sviluppo delle attività di fundraising.

La struttura del vostro museo in che modo permette di gestire un'affluenza post Covid-19?
Il Centro Pecci è un museo dai grandi spazi, con percorsi molto fluidi e direzionati: l'adozione delle misure di sicurezza non cambia molto le modalità della visita né la sua piacevolezza. Abbiamo il termoscan all'entrata, l'uscita separata, numerosi punti in cui è possibile igienizzarsi le mani, la segnalazione della distanza da tenere dove si potrebbero creare delle file, un numero massimo di 60 persone presenti contemporaneamente nelle sale (con una densità molto più rarefatta del dovuto), e la climatizzazione impostata senza il ricircolo d'aria (con consumi molto più alti del solito) ma, a parte questo, non abbiamo dovuto cambiare altro. Abbiamo poi dedicato due grandi sale espositive alle attività di laboratorio didattico, in modo da poterle realizzare in piena sicurezza e con le distanze necessarie. Credo che il pubblico percepisca che siamo un luogo sicuro, dove venire senza preoccupazioni e godere di un'esperienza estetica ma anche sociale. Con il museo hanno infatti riaperto anche il ristorante e il bar, entrambi dotati di spazi esterni e da fine giugno all'8 settembre si è svolto il nostro programma estivo all'aperto, Pecci Summer. Quest'anno, i posti nel teatro dove Pecci Summer si tiene sono ridotti da 900 a 200. Nonostante questo abbiamo rafforzato e prolungato il programma: dal 26 giugno all'8 settembre non solo musica, come di solito, ma anche cinema, e talk e il piazzale davanti al teatro trasformato in un giardino temporaneo grazie all'allestimento di Ecòl un collettivo di giovani architetti pratesi. Vorrei che il museo venisse percepito come una piazza della città, dove venire spesso perché c'è sempre qualcosa di nuovo e di interessante da fare, un luogo dove si sta bene, familiare soprattutto per il pubblico di prossimità e stimolante per tutti.

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Come è stata l'affluenza media giornaliera e il numero di visitatori dall'apertura post lockdown, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso?
La risposta del pubblico è stata per ora sorprendente, anche considerando che in questi primi mesi di riapertura abbiamo potuto contare prevalentemente solo su visitatori del territorio. Rispetto allo scorso anno, da giugno abbiamo avuto un incremento del 49% medio giornaliero sugli ingressi e un 39% in più di incassi da biglietteria, nonostante che il museo sia stato fino all'8 settembre a ingresso gratuito tranne che per la mostra di Ren Hang. Vuol dire che il pubblico non è venuto solo per la gratuità ma che c'è stato un rapporto virtuoso tra numero di accessi gratuiti e numero di visitatori paganti.

Come sarà fronteggiata la diminuzione dei ricavi da biglietteria? Avete pensato ad attività di fundraising alternative?
La nostra economia non si basa tanto sui ricavi da biglietteria, ma sul totale delle attività: ingressi alle mostre ma anche al cinema, ai concerti, ai laboratori didattici per scuole e famiglie e alla concessione di spazi. Le attività didattiche, ad esempio, sono state cancellate ben prima del lockdown, da febbraio, nel momento normalmente di maggiore flusso. Le abbiamo riprese appena possibile, online e gratuite per le scuole tra aprile e maggio e in presenza per le famiglie a partire dal 15 giugno, ma con costi talmente elevati da renderle necessariamente delle attività in perdita. Lo stesso vale per i concerti e il cinema all'aperto, con la capienza ridotta a 200 posti i costi del programma e dell'allestimento sono stati ben più alti dei ricavi ma ci è sembrato importante dare un segnale di presenza e vitalità alla città, offrendo un programma molto vivo e facendo di tutto per riportare le persone nei nostri spazi, mettendoli tutti a disposizione in un'estate in cui molti non sono partiti. Naturalmente questo ha comportato una revisione del budget.

Come pensate di sopperire?
Stiamo lavorando al fundraising cercando di far conoscere meglio le opportunità per i donor offerte dall'art bonus, nazionale e regionale. In Toscana, infatti, al 65% di sgravi consueti per chi sostiene le attività del museo, si aggiunge un 20% in più grazie alla legge regionale del 2017. Ciò vuol dire che chi dona, vede rientrare in tre anni l'85 % di quanto ha dato. Per chi può farlo, è il momento di essere generosi con le istituzioni culturali. Stiamo inoltre anche lavorando a rivedere i nostri costi alla luce di una sempre maggiore ottimizzazione e sostenibilità.

Quali sono i vostri programmi per sostenere il conto economico? Che tagli avete effettuato o quali avete in pr ogramma? Come sarà gestito il minor contributo con la programmazione culturale?
Lavoriamo da sempre con una grande attenzione alla sostenibilità della proposta, le parole chiave che vengono ora imposte dalla crisi orientavano già la nostra azione. Un museo vivo, dalle proposte molteplici e di qualità, capace anche di innovazione e di ricerca nei contenuti che propone, di un ruolo attivo nella società, non è necessariamente un museo dal grande budget. Il nostro è di circa 3 milioni l'anno, di cui 2 sono assorbiti dai costi della struttura, cifra che corrisponde più o meno ai nostri finanziamenti pubblici (e qui va sottolineata l'importanza essenziale del sostegno pubblico alla cultura). Va considerato che abbiamo circa 8000 mq di spazi aperti al pubblico, una collezione di oltre 1.000 opere, funzioni molteplici oltre a quella espositiva (abbiamo un cinema, una biblioteca specializzata da 70.000 volumi, attività didattiche non solo nei nostri spazi ma anche sul territorio) e circa 25 dipendenti, più i collaboratori esterni e il personale di guardiania. Dal punto di vista dei fondi per la programmazione culturale siamo abituati a fare molto con poco, dato che la “macchina” del museo assorbe una parte maggioritaria di ciò che abbiamo. Piuttosto che produrre la “grande mostra” che richiede grandi investimenti e scommette sulla risposta di un pubblico di massa, preferiamo lavorare su una programmazione dinamica e ricca di progetti che abbiano un forte contenuto di ricerca, un'agency sociale, un rapporto stretto con il contesto culturale espresso dal territorio e dalla nostra storia, che lavorino sul ripensamento di valori e significati dominanti, sul pensiero critico. Inoltre ci interessa valorizzare l'arte italiana e interrogare costantemente le nostre collezioni, con mostre che ne rileggano criticamente le opere. Credo che per avere una voce nel dibattito internazionale oggi ci sia bisogno di esprimere una posizione individuata, un contesto culturale specifico e di aprirlo al confronto. Questa linea programmatica ci ha consentito di affrontare le difficoltà e le incognite di questo periodo in modo relativamente tranquillo e di rispondere alle nuove istanze che sono emerse con tempestività. Le mostre già annunciate del programma 2020 saranno tutte realizzate tra l'autunno e il 2021, tranne quella dedicata alla ricognizione della nuova scena artistica cinese under 35, che è spostata più avanti. Abbiamo solo cambiato la sequenza dei progetti valutando come opportuno presentare più avanti i progetti più impegnativi dal punto di vista della produzione.

Instagram, FB, le mostre online, il sito: che ruolo avrà il virtuale nella realtà museale?
Avrà il ruolo di estendere la comunità di riferimento del museo fuori dai suoi confini fisici, di rendere sempre più accessibili sia il patrimonio che i contenuti e di ampliare il dibattito critico da questi generato, di coinvolgere il pubblico, di farlo sentire parte attiva della vita del museo, di sperimentare nuove e creative modalità di proposta culturale. Il virtuale non sostituisce in alcun modo l'esperienza reale ma può permettere di integrarla, approfondirla, personalizzarla. È uno spazio che si aggiunge a quelli del museo e che può permettere, a chi imparerà ad utilizzarlo, di potenziare il proprio ruolo culturale, indipendentemente dal fatto di trovarsi in un centro o in una periferia, di essere grande o piccolo.

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