di Giulio Xhaet *
(AFP)
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Tra i mille dibattiti innescati dalla traumatica esperienza Covid, uno mi appassiona particolarmente, e su di esso ho riversato gran parte delle mie energie negli ultimi mesi: il dibattito sulla formazione digitale. Moltissime aziende (e ovviamente anche le scuole) stanno elaborando un vero e proprio lutto per la formazione in aula, sospesa da tempo.
Alcuni però si stanno facendo una domanda interessante: il training a distanza è per forza una formazione di serie B, il parente povero della formazione dal vivo nelle aule? E quali competenze dovrebbe sviluppare un formatore, nelle aziende e nelle scuole, per rendere le esperienze di apprendimento online efficaci e piacevoli, se non emozionanti?
Partendo dalle competenze digitali generali, che riguardano tutti i professionisti, si possono declinare le digital skill peculiari di una nuova figura, che mi piace definire digital learning architect: il designer e progettista dei percorsi nativi digitali.
La sua prima competenza prende spunto dalla classica digital information skill, ovvero la capacità di organizzare, filtrare e gestire le infinite informazioni online (oggi siamo tutti infobesi) in poche notizie e fonti realmente nutritive per il cervello. Il digital learning architect declina questa competenza in info curation: è in grado di filtrare le informazioni più pertinenti e preziose per i percorsi di apprendimento (riferimenti teorici, storytelling, modelli didattici, casi di studio), adattabili in contenuti di apprendimento per i discenti.
La seconda competenza riprende la digital content skill, la capacità di elaborare contenuti efficaci sui diversi media online: un comunicato stampa adatto a Twitter, un tutorial via social stories o un’intervista lanciata come diretta Instagram, un report in modalità infografica, una newsletter crossmediale che integri media testuali, visivi e video. Il digital learning architect declina questa competenza in learning object design: sa progettare oggetti e percorsi di formazione video-based e app-based, granulari e interattivi. In pratica, se con l’info curation separo il grano dal loglio delle banalità e delle fake news, grazie al learning object design riesco a preparare pagnotte educative croccanti.
La terza competenza si annida tra le pieghe della digital data skill, la capacità di leggere e interpretare flussi di dati online: dalle conversazioni sui social ai big data. Il digital learning architect declina questa competenza in trainee data tracking: riesce a individuare i dati da tracciare all’interno del percorso di formazione, per poi interpretarli valutando punti di forza e punti critici nell’esperienza fruita dai corsisti (trainee). Il tutto ricavando indizi utili al miglioramento costante della didattica.
La quarta competenza emerge dall’empatia digitale, la capacità di ascolto e interazione sugli ambienti digitali: chi ne è dotato sa sia rispondere a domande critiche, che coinvolgere i singoli utenti online. Il digital learning architect declina questa competenza in flow engagement, innescando interazioni per i singoli partecipanti, ingaggiandoli in momenti precisi del percorso didattico.
Per comprendere il flow engagement è necessario conoscere gli strumenti della gamification e riprendere il concetto di flow come espresso dallo psicologo ungherese Michael Csikszentmihalyi: «L’essere completamente rapiti da un’attività: l’ego viene spazzato via, il tempo vola. Ogni azione, movimento e pensiero segue quello immediatamente precedente, come nel jazz. Il tuo intero essere è coinvolto, motivato spontaneamente mentre usi le tue capacità al massimo».
Infine, la quinta competenza. Per certi versi la più sfidante. Fluisce dalla social collaboration, ovvero dalla capacità di collaborare in gruppi di lavoro online, che presuppone una mentalità delocalizzata votata agli obiettivi, quindi anche allo smart working. Il digital learning architect declina questa competenza in Community Collaboration, organizzando online comunità di apprendimento comprendenti gruppi di lavoro, di condivisione e di gioco.
Questo periodo è certamente difficile, tragico per molti, e le sfide che si prospettano nei prossimi anni non faranno sconti a nessuno. Eppure, allo stesso tempo, è anche un momento straordinariamente ricco di opportunità per imparare cose nuove, inimmaginabili fino pochi mesi fa. Non eravamo forse noi formatori e consulenti a ripetere ai manager come nelle più grandi discontinuità si nascondessero le migliori opportunità?
* Partner di Newton S.p.A.
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