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Gli stilisti tornano a guardare al concetto di co-ed, oltre la fluidità di genere

di Silvia Paoli

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Il regista e art director Tim Yip in giuria al Fashion Film Festival Milano di gennaio, con la sua creazione Lili, il manichino che adatta a diversi tipi di forme d'arte tra cui fotografia, video e scultura.

Il regista e art director Tim Yip in giuria al Fashion Film Festival Milano di gennaio, con la sua creazione Lili, il manichino che adatta a diversi tipi di forme d'arte tra cui fotografia, video e scultura.

Al via collezioni che ospitano proposte per uomo e per donna, ripartendo da nuove forme di dialogo. Il futuro è un guardaroba capace di aprirsi a più destinatari.

19 febbraio 2021
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4' di lettura

Galeotta fu la scocca (delle giacche, vuota). Il jersey di cashmere (fluido). La multifunzionalità dei capi che sono contemporaneamente indoor e outdoor (basta sovrapporli), intergenerazionali, perfetti al maschile e al femminile. Il viaggio al termine della ricerca estetica che il direttore artistico Alessandro Sartori ha fatto per l'ultima collezione di Ermenegildo Zegna, presentata il 15 gennaio in un corto sfilata dal titolo (RE)SET, ha condotto a capi sinestetici, confondendo piani percettivi e proponendo nuovi orizzonti. «Di che cosa abbiamo veramente bisogno? Davvero ci servono decine e decine di capi nel guardaroba? Dobbiamo ascoltare e ascoltarci, capire le nuove esigenze e tradurle nella progettazione e nella narrativa di una collezione: desideriamo maglie leggere, prodotti confortevoli. Stamani mi è venuto in mente il termine Zoomwear, abiti per lavorare su Zoom (su cui si è svolta questa conversazione, ndr), che però all'occorrenza siano sovrapponibili per poter uscire», dice Sartori.

E così le giacche camicia e le giacche tagliate a vivo, totalmente svuotate, in 100 per cento cashmere elasticizzato, fatte in sartoria, sono state indossate da uomini di diverse età e da donne, che - nei negozi - potranno quindi chiedere di avere la propria taglia che verrà creata su misura, mantenendo inalterato, anzi di più, identico il modello. L'eterogenesi dei fini: la ricerca estetica unita alla presa di coscienza delle reali esigenze del consumatore è sfociata in Zegna in una collezione che ha permesso al guardaroba di aprirsi a più destinatari, e alla sfilata, di accogliere 11 uscite femminili.

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ERMENEGILDO ZEGNA AI 21/21, collezione uomo indossata anche da 11 modelle.

L'apparizione in passerella di modelle nelle sfilate maschili (e viceversa) è però un fatto storico (risale a 40 anni fa). Negli anni Ottanta, Giorgio Armani faceva sfilare anche la donna nei defilé uomo e lo fa correntemente. Antesignana della copresenza dei due generi, come di moltissimi altri temi della moda, quali la sostenibilità, è stata Dame Vivienne Westwood. Sin dagli anni Ottanta, Westwood ha fatto sfilare donne e uomini insieme, come nelle collezioni Pirate (AI 1981/82), Savage (PE 1982), Nostalgia of Mud (AI 1982/83). Da lì in avanti, senza seguire uno schema preciso, in passerella ci sono sempre stati entrambi e sebbene, come per tutte le maison di moda, ci fossero linee dedicate (Vivienne Westwood Man per l'uomo e Vivienne Westwood Red Label per la donna), nella Gold Label sfilavano sia uomini sia donne. Dopo il 2010, a seguito di un ripensamento in ottica di sostenibilità, la produzione è scesa a due linee, Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood e Vivienne Westwood, con capi pensati per corpi maschili e femminili. Il lavoro degli uffici stile è rimasto separato per le due collezioni, ma la comunicazione è aperta, creando fluidità tra i generi, sia in fase di progettazione sia di presentazione e di styling, e spesso capi da uomo sono presentati sulle donne. Il motto della collezione PE 21? «Buy less, choose well, swap clothes (comprare meno, scegliere bene, scambiarsi i capi)».

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Un momento della sfilata Pirate AI 1981, di VIVIENNE WESTWOOD, fotografata da Robyn Beeche.

Tra l'indistinto che consente lo scambio e le peculiarità di genere, sta la terza via, battezzata co-ed, ovvero il confluire in un'unica collezione delle proposte per uomo e donna, unificate da un'unica matrice creativa, con obiettivi diversi, che vanno dalla fluidità di genere (Gucci) alla ricerca di un codice identitario comune pur nelle differenze (Salvatore Ferragamo) fino all'individualità “nell'infinitamente mutabile” (per Valentino, con una citazione di Pirandello).

Paul Andrew, direttore artistico di Salvatore Ferragamo, descrive così il suo viaggio nella co- ed, iniziata con la nomina a direttore creativo nel 2019: «La prima volta che abbiamo lavorato a una sfilata co-ed, ammetto, è stato un momento impegnativo per tutto il team. Prima di allora, le collezioni donna e uomo parlavano lingue diverse e sembravano indirizzate a consumatori diversi dato che avevano uffici stile e approcci differenti. Ricordo, nella prima riunione con i team, di aver chiesto loro di riflettere su un guardaroba femminile e maschile di persone che pensano allo stesso modo, forse hanno una storia d'amore o sono migliori amici, hanno le stesse passioni, interessi e influenze culturali. Da un punto di vista creativo, una sfilata co-ed ci permette di immaginare e dar vita a un dialogo tra i capisaldi del vocabolario dello stile maschile e femminile, per una narrazione che va ben al di là dei semplici elementi del guardaroba».

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Backstage SALVATOREFERRAGAMO PE 21.

Una presentazione co-ed quella della PE 2021 anche per Tod's che, sotto la direzione creativa di Walter Chiapponi, ha offerto un messaggio (il corto The Song) a generi unificati: «La mia idea», racconta, «era quella di riscoprire i classici della linea donna e uomo di Tod's, mostrando l'eleganza come atteggiamento, venata da un tocco di dolce ribellione». Un dialogo, una chimica di affinità elettive, trasmessa da una palette di colori condivisi, da dettagli di minuteria metallica che connettono borse e cinture, da un tone of voice identico, pur nelle declinazioni individuali (borsette fluo, calze con cristalli). «La donna e l'uomo Tod's amano entrambi una certa nonchalance e modernità, senza trascurare il loro personalissimo stile e, soprattutto, senza dimenticare la qualità», sottolinea ancora Chiapponi.

La riflessione che ha coinvolto i team Valentino, per la sfilata co-ed del settembre 2020 a Milano, è passata attraverso una frammentazione di vedute, proponendo dei moduli quasi estremi (come sintesi pure di forme, sapienze artigianali), ma che ognuno può assemblare secondo la propria visione personale e individuale, dando i significati propri, mutevoli, cangianti al proprio guardaroba.

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Un momento dello show VALENTINO Haute Couture PE21 Code Temporal.

Il passo successivo è stato compiuto con la sfilata Haute Couture PE 21 dello scorso gennaio in cui, per la prima volta, l'alta moda della maison viene declinata anche al maschile. Nel video, la collezione viene indossata dagli Humans of Valentino: uomini e donne che vestono oggetti atemporali, frutto di una lavorazione artigianale talmente alta da renderli astratti, quasi al di là del tempo e di ogni categoria, in modo da plasmarsi in forme fluide su ogni persona, permettendo di esprimere ed essere quel che si vuole. Linee verticali, asciutte, o silhouette tridimensionali realizzate ricamando 24 chili di paillettes, utilizzando 900 metri di tessuto, oppure frutto di 3mila ore di lavoro a mano. Guanti di nappa e dolcevita di lurex, cappe e trench. Così assoluti, così «umani».

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