di Marco Ludovico
Il premier Giuseppe Conte (foto Epa)
3' di lettura
«Uno spirito di collaborazione non può e non deve mancare» se siamo «in materia di nomina dei direttori delle agenzie di informazione e sicurezza». Il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, presieduto da Raffaele Volpi, lo sottolinea al termine dell’audizione, durata più di due ore, del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. C’è dunque un dato inoppugnabile: la collaborazione tra organismi politici non c’è stata. Il Copasir si rivolge al Parlamento. Ma il messaggio pubblico è diretto al presidente del Consiglio.
Il comunicato ufficiale chiede che «il Parlamento possa intervenire, in uno dei prossimi provvedimenti, sulle norme della legge n. 124 del 2007» sulle nomine. Conte ha già introdotto una modifica su quella dei direttori di Aisi, Aise e Dis. Necessitata dalla volontà di non interrompere l’incarico per Mario Parente, numero uno del servizio segreto interno. Dopo una proroga di un anno con decreto di palazzo Chigi, bocciato dalla Corte dei Conti, il premier ha inserito una norma nel decreto legge di proroga dell’emergenza COVID-19. Di fronte alle proteste, più di tutti, proprio del M5S, alla Camera è stata messa la fiducia. Difficile ora una modifica immediata al Senato. L’impegno del premier al Copasir è di condividere insieme una serie di modifiche sull’intelligence nei prossimi provvedimenti in Parlamento a partire dal «decreto agosto».
Il comunicato del Copasir resta molto prudente nel profilo istituzionale ma il significato politico è diretto. «Nel corso della discussione è emersa l'esigenza, superando logiche emergenziali o contingenti, di avviare quanto prima un’organica azione di aggiornamento della legge stessa al fine di adeguarla all’evoluzione del quadro istituzionale e alle nuove minacce per la sicurezza». Il presidente del Consiglio è il titolare dell’indirizzo politico ed esecutivo dei servizi di informazione e sicurezza. Ma il comitato parlamentare sollecita un’azione di intervento condivisa in Parlamento: se non concertata, almeno confrontata. Come non è accaduto con la norma di palazzo Chigi poi ratificata dalla fiducia alla Camera per assicurare la prosecuzione dell’incarico al prefetto Parente. Le critiche di diversi esponenti del Copasir e di molti tra i cinquanta firmatari dell’emendamento soppressivo dei pentastellati furono severe.
La legge attuale sull'intelligence stabilisce per la nomina dei vertici il conferimento di un incarico di massimo quattro anni, rinnovabile una volta sola sempre fino a quattro anni massimo. L'emendamento di Conte prevede, nel caso di rinnovo, la possibilità per il presidente del Consiglio di dare più incarichi senza alterare il massimo di quattro anni: una sorta di spezzatino.
Ma la facoltà del rinnovo plurimo, anche senza alterare la durata complessiva di otto anni, per i critici dell’emendamento aumenta il potere del presidente del Consiglio.Non è in discussione la figura di Parente, un professionista stimato dall’intero arco parlamentare, ma lo spazio politico del presidente del Consiglio sull’intelligence. Molto ampio a partire dalle nomine e neanche attenuato dalla decisione, sollecitata ma finora non accolta da Conte, di nominare un’autorà delegata. Tra i predecessori, tuttavia, solo pochi l’hanno fatto.
La verità è che dietro la discussione sulla modifica delle norme per la nomina dei direttori dei Servizi rumoreggia da mesi una battaglia politica e di potere dai confini vasti. Ci sono due posti vacanti di vicedirettori all’Aise, a dicembre se ne libera uno all’Aisi e scade il primo mandato del direttore del Dis, Gennaro Vecchione, generale di assoluta fiducia del presidente del Consiglio. In pista con candidature più o meno forti ci sono prefetti, alti graduati delle forze armate e delle forze di polizia ma anche dirigenti di rilievo della stessa intelligence.
Si intrecciano e si scontrano forze ed equilibri instabili, pressioni politiche ed esterne, influenze straniere: è sempre stato così. Il governo deve fare i conti anche con la nomina a gennaio 2021 del nuovo comandante generale dell’Arma al termine dell’incarico di Giovanni Nistri. Le sfide dureranno ancora a lungo. Sia quelle di facciata sia, soprattutto, quelle per il potere vero.
Marco Ludovico
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy