di Guglielmo Saporito
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Battaglia sulle “fettuccine” nelle aule di giustizia amministrativa. Il Tar Lazio, con sentenza 5864 del 19 maggio 2021, ha annullato il vincolo storico artistico sull’attività di un ristorante, consentendo così lo sfratto e un uso diverso dei locali. Venerdì 10 settembre, tuttavia, il Consiglio di Stato, con ordinanza 4747, ha sospeso la sentenza del Tar, assicurando continuità al patrimonio gastronomico e alla specifica attività di ristorazione.
La vicenda riguarda il ristorante «Il vero Alfredo» nel centro storico di Roma, noto per le sue fettuccine, ed è proprio sulla tutela di tale prodotto che si è svolta la contesa. Da un lato, il ministero riteneva che le norme sui beni culturali (Decreto legislativo 42/2004) consentissero di vincolare non soltanto beni, ma anche attività; dall’altro, il proprietario dei locali sosteneva che la legge non si può interessare dei prodotti elaborati all’interno dei locali, nemmeno se espressione di identità culturali collettive.
In primo grado la sentenza è stata favorevole al proprietario dei muri perché i vincoli che il legislatore può imporre possono essere finalizzati alla mera conservazione in buono stato dei beni culturali, con divieto di usi “non compatibili”. Secondo il Tar si può quindi vincolare un immobile, ma solo se sussista un collegamento dello stesso alla cultura, o un valore testimoniale, identitario o civico (articolo 10 Dlgs 42 del 2004): non basta quindi una generica, localizzata, produzione di qualità.
In appello, il Consiglio di Stato ha mostrato prudenza sul tipo di protezione, sospendendo gli effetti della sentenza ed evitando la possibile chiusura del locale. Fino a una prossima udienza, quindi, si è ritenuto prevalente il danno del conduttore (cioè del gestore del ristorante), che era già sotto sfratto e che vedeva minacciato il patrimonio enogastronomico accumulato in vari decenni.
La vicenda ha 2 aspetti: da un lato vi è la protezione dei beni culturali (Dlgs 42/2004), che può riguardare anche le espressioni di identità culturale collettiva, e cioè beni intangibili, non materiali nè incorporati nei luoghi. Dall’altro, vi è il contrasto tra il proprietario dei locali e il conduttore, con forti tentazioni, per il primo, di cedere alle lusinghe di un migliore canone di affitto, sostituendo all’esistente ristorante un negozio di abbigliamento o sport.
Il Tar, pur dando ragione al proprietario dei muri (annullando il vincolo), ha riconosciuto il pregio delle tradizioni, del resto già altre volte tutelate, ma ciò senza vincoli e solo con misure promozionali (quali quelle sulla pizza napoletana e la dieta mediterranea, tutelati dall’Unesco fin dal 2010). Quindi, solo gli immobili possono essere vincolati, mentre gli elementi di cultura immateriale (tra i quali le tradizioni enogastronomiche e di convivialità), possono ricevere solo una tutela indiretta, di sostegno e promozionale.
I locali nei quali si preparano e servono le “fettuccine da Alfredo” restano infatti solo strumenti per svolgere un’attività, e un vincolo di destinazione non può, da solo, assicurare il proseguimento di tradizioni. Se i consumatori - osserva il Tar, preferiscono acquistare prodotti di note case anziché articoli artigianali, o limitarsi a guardare le vetrine per poi comprarli su piattaforme digitali, occorre incidere su tali abitudini, con adeguate promozioni. Senza però interferire sul regime di proprietà vincolando le destinazioni.
Guglielmo Saporito
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