di Giulia Crivelli
Un fase del processo di stampa di un plaid in cashmere, nella sede di Loro Piana, leader dai tessuti ai prodotti finiti
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In una fase di innegabile ripresa a V del tessile-moda-accessorio (Tma), Sergio Tamborini, nuovo presidente di Sistema moda Italia, avrebbe sicuramente preferito concentrarsi su temi come la sostenibilità e la formazione, sui quali si basa il futuro a medio e lungo termine della filiera. Ma quello a breve è minacciato dal rincaro delle materie prime, come già sottolineato da Marino Vago, che ha appena passato il testimone a Tamborini alla guida della più importante associazione del Tma, tra le sette federate in Confindustria Moda (si veda Il Sole 24 Ore del 28 settembre).
Il 2021, sulla scia di quanto già iniziava a farsi strada sul finire del 2020, è stato segnato dal costante aumento delle materie prime della filiera del tessile-abbigliamento, che si è fortemente accentuato a partire dall’estate. In settembre (ultimo dato disponibile, ma nulla fa presagire un’inversione quando sarà calcolato quello di ottobre) l’indice sintetico Smi presenta una crescita del 36,2% in euro e del 36% in dollari rispetto allo stesso mese del 2020. E il presidente di Smi – la cui assemblea generale è prevista il 17 novembre – lancia l’allarme: «Il continuo e per ora inarrestabile rialzo dei prezzi delle materie prime e delle fonti di energia elettrica e termica sta mettendo sotto pressione l’intera filiera – commenta Tamborini – . In alcuni casi si tratta di prezzi 3-4 volte superiori rispetto ai valori pre-pandemia, che non possono non riflettersi in un immediato aumento del valore di prodotti e trasformazioni, in particolar modo nelle aziende a monte della filiera. Molte di queste sono imprese di modeste dimensioni e con bilanci non in grado di assorbire questi rialzi dei costi. L’impossibilità o anche solo la difficoltà di procedere con aumenti dei prodotti finali, pur nel rispetto della logica del libero mercato, può mettere in difficoltà la tenuta della stessa filiera».
Nel dettaglio, è il cotone a essersi più apprezzato: l’indice A di Cotton Outlook ha registrato un aumento tendenziale, cioè rispetto a un anno fa, del 47,3% e del 6,3% su agosto. Per alcune tipologie di cotone importate in Italia e quotate al listino della Camera di commercio di Milano (Cciaa), i rincari risultano ancora più accentuati: rispetto a settembre 2020 una tipologia americana registra una variazione pari del 104,7%, una greca cresce del 53,9% e una dell’Asia Centrale del 46,6% (sempre facendo riferimento a valori in euro). Non molto diverso il problema delle lane: l’indice Awex Eastern ha chiuso settembre a +45,1% rispetto allo stesso mese del 2020. Le fibre sintetiche (poliestere, nylon, acrilico) crescono del 50,9%, quelle artificiali (viscosa) del 17,3% (in euro); la seta greggia sulla piazza di Como, infine, ha sperimentato un aumento di poco superiore al 30% rispetto allo scorso anno.
Giulia Crivelli
fashion editor
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