di Emiliano Sgambato
Aumenta l’interesse per le degustazioni guidate di Parmigiano Reggiano
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Sentori olfattivi vegetali e di burro cotto che si trasformano in frutta secca, e fino al cuoio con il passare degli anni. Non stiamo parlando di una pregiata bottiglia di vino, ma di una degustazione di Parmigiano Reggiano. E più in particolare di “Parmelier”: nato dalla collaborazione tra il Consorzio e l’Associazione assaggiatori Parmigiano Reggiano, è un progetto itinerante che permette agli amanti del formaggio Dop di partecipare in varie città italiane sia a serate di degustazioni guidate in abbinamento con altri prodotti, sia a veri e propri corsi alla scoperta di tutte sfaccettature del Parmigiano nelle sue declinazioni di biodiversità – complessità di profumi, aromi e sapori dovuti a fattori come l’alimentazione delle bovine, il modo di lavorazione del latte, le differenti aree all’interno della zona di produzione, la varietà di razze bovine – e stagionatura, che ormai può durare molti anni.
Come nel vino esistono le Doc ma i singoli produttori danno una identità precisa alle loro bottiglie, così tra i 307 caseifici del Parmigiano Reggiano è iniziato ormai da qualche tempo un lavoro di differenziazione tra le diverse produzioni. Un percorso che comprende una fase di “educazione” dedicata ai consumatori ma anche agli addetti ai lavori, con una attenzione particolare al mondo della ristorazione, dove il Consorzio vuole riprendere la crescita interrotta a causa del Covid e della conseguente sofferenza del “fuori casa”. Anche se il conflitto ucraino non sgombra certo le nubi all’orizzonte. «La ristorazione è il canale dove può essere maggiormente valorizzata la qualità del nostro prodotto che non è solo un formaggio, ma l’espressione di una filiera prodigiosa . Abbiamo assistito a una forte crisi dal lato dell’offerta che si è dovuta fermare – afferma Carlo Mangini, direttore marketing del Consorzio – ora ci potrebbe essere anche una crisi della domanda che sarà sempre più sensibile al rapporto qualità prezzo. Il nostro obiettivo è offrire eccellenza, formazione e servizi a valore aggiunto al mondo della ristorazione per crescere in questo canale». Se prima della pandemia la quota di business del Parmigiano Reggiano raggiungeva il 7% nel fuori casa, nel periodo Covid è calata al 2 per cento. «Penso che possiamo tranquillamente arrivare a una quota in doppia cifra», prevede Mangini. Pochi punti percentuali che diventano però cifre importanti se calate in un giro d’affari al consumo che nel 2021 ha toccato il massimo storico di 2,7 miliardi di euro (2,35 miliardi nel 2020). È all’interno di questa strategia che vanno inquadrate iniziative come il rinnovo della partnership del Consorzio con Identità Golose: il programma di Identità di Formaggio (sabato 23 aprile) può contare sulla presenza di Davide Oldani, di Riccardo Forapani, chef del ristorante Cavallino dal 1952 a Maranello, di Carmen Vecchione, alla guida di Dolciarte di Avellino e di Michele Casadei Massari, brand ambassador del Consorzio Parmigiano Reggiano e patron di Lucciola Italian Restaurant di New York.
Una strategia attiva anche all’estero dove 40 cuochi affiliati a Jeunes Restaurateurs d’Europe e provenienti da 13 Paesi europei hanno usato Parmigiano Reggiano 40 mesi per sviluppare ricette uniche e inedite ma allo stesso tempo legate alla propria zona di origine. Per il progetto, inquadrato in una partnership triennale tra il Consorzio e Jre che sarà rinnovata anche per il periodo 2022-2024, sono stati selezionati ristoranti in Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Irlanda e Regno Unito. Un’iniziativa inserita nell’ambito del “Progetto Premium 40 mesi”, lanciato dal Consorzio a novembre 2019 per promuovere lo sviluppo del nuovo segmento di mercato per le lunghe stagionature, protagonista anche alla quindicesima edizione di Pitti Taste, il salone dedicato «alle eccellenze del gusto, dell’Italian lifestyle e del design della tavola» alla Fortezza da Basso di Firenze.
Emiliano Sgambato
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