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Dall’industria ai servizi, Lombardia laboratorio della design economy

di Giovanna Mancini

30 maggio 2022
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4' di lettura

Il primato di Milano e della Lombardia nel settore design (inteso come mondo del progetto e della creatività) è prima di tutto nei numeri, ma non si ferma qui. Perché questo territorio si conferma oggi – così come lo era stato nel secondo Dopoguerra – un cantiere di creatività, un laboratorio di innovazione attrattivo a livello internazionale e ancora capace di dettare la linea nel mondo del progetto. Che non si limita alla (pur importante) industria dell’arredamento, di cui l’Italia è leader globale anche grazie al suo Salone del Mobile, che dal 7 al 12 giugno tornerà finalmente nei padiglioni di Fiera Milano a Rho. Ma si estende a tutti i settori della manifattura – dalla moda all’automotive, dall’agroalimentare al packaging – e da alcuni anni trova applicazione anche nei servizi.

I numeri della Design Economy

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Partiamo dai numeri di questa industria della creatività di cui, da cinque anni a questa parte, la Fondazione Symbola offre una fotografia attraverso il suo Rapporto «Design Economy». L’ultima edizione (presentata lo scorso aprile e redatta in collaborazione con Deloitte Private e PoliDesign) descrive una galassia di 33mila imprese e 61mila addetti in tutto il Paese, che nel 2020 hanno generato un valore aggiunto di 2,5 miliardi di euro facendo dell’Italia il primo Paese in Europa per numero di aziende. In questa cornice, spiega il direttore della Fondazione, Domenico Sturabotti, «Con quasi 5mila realtà, Milano concentra il 14,8% delle imprese del progetto, ma se consideriamo quelle con un fatturato superiore a 500mila euro, la quota sale a più di un quinto del totale». In Lombardia si trova invece il 32,6% delle società, ovvero il 35,1% se si considerano le realtà con fatturato superiore ai 500mila euro. Un altro dato interessante riguarda la produttività di questa «Design Economy»: Milano è prima tra le province italiane, con un valore aggiunto per occupato superiore alla media nazionale del 29,8%, mentre in Lombardia tale rapporto supera il dato nazionale delle regioni del 14,1%.

Manifattura e servizi

«Questi numeri non sorprendono – osserva Sturabotti – perché storicamente c’è un legame molto forte tra design e manifattura. Semmai è interessante notare che lo stesso tipo di rapporto sta nascendo nel mondo dei servizi e anche in questo caso la Lombardia e Milano sono all’avanguardia». Non a caso, il Politecnico di Milano è stato uno dei primi atenei a livello anche internazionale a fare ricerca e dedicare corsi anche alle possibili applicazioni del design ai servizi, che nella loro evoluzione necessitano di maggiore efficienza e cercano nuove forme di relazione con gli utenti. Con la diffusione ormai capillare e totalizzante della sfera digitale nella vita quotidiana, il mondo dell’informatica necessita ormai di competenze non solo tecniche, ma anche di progettazione, precisa Sturabotti: «Oggi il tema, per le aziende, è progettare la relazione: al proprio interno e con i clienti».

Non è un caso che, da alcune edizioni, il più prestigioso premio italiano del settore (il Compasso d’Oro) comprenda tra le sue categorie appunto il design per i servizi, ma anche per la mobilità, per il sociale, per le imprese. Ad assegnare il riconoscimento, dal 1954, è l’Adi-Associazione per il disegno industriale, che esattamente un anno fa ha inaugurato a Milano il suo Museo, che lavora in sinergia con il Museo del Design italiano di Triennale e con i musei di impresa della Lombardia, spiega il presidente di Adi, Luciano Galimberti.

Un ecosistema virtuoso

Industria, cultura e formazione creano sul territorio un vero e proprio ecosistema del design che ha pochi eguali nel mondo. «La competitività e l’attrattività di Milano in questo settore sono rafforzate dalla presenza anche dell’elemento culturale – osserva Galimberti –. Siamo la capitale del design, certo, ma questo titolo va dimostrato ogni giorno e un museo come il nostro, legato a un premio che viene dato alla contemporaneità, quindi alla capacità di innovare, ha un ruolo decisivo in questo senso». In questo ecosistema virtuoso, aggiunge Galimberti, si sta facendo strada un nuovo fenomeno, quello dell’autoproduzione, i cosiddetti «makers». «È una realtà ancora sottotraccia, difficile da monitorare – spiega Galimberti – ma ormai ha una sua dimensione e soprattutto un rapporto sinergico con l’industria, che in alcune occasioni si rivolge ai makers per realizzare alcune personalizzazioni dei prodotti che un processo di tipo industriale non potrebbe affrontare».

Di tutto questo fermento – della sua intensità e varietà – è testimone il successo e la riconoscibilità internazionale di un’altra grande manifestazione, legata a doppio filo al Salone del Mobile, il «Fuorisalone» che da ormai 30 anni apre la città a eventi, mostre e attività legate al mondo del design, coinvolgendo realtà di tutti i settori produttivi durante tutta la Design Week. «A oggi sulla nostra piattaforma sono registrati circa 500 eventi», spiega Paolo Casati, direttore creativo di Brera Design District e di Fuorisalone.it. Meno appuntamenti rispetto al 2019 (quando furono 1.300), ma più strutturati, con molte mostre collettive. Le attese sono buone: «Nonostante la pandemia, le aziende hanno continuato a investire in nuovi showroom e la collocazione nel mese di giugno favorirà l’arrivo dei visitatori, anche molti stranieri – dice Casati –. Non escludo che potremo superare i numeri pre-Covid, con 500mila persone».

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