di Rita Fatiguso
La storica sede della Shanghai Pudong Development Bank nel Bund della metropoli cinese (Reuters)
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I vasi comunicanti dei mercati finanziari globali, nel bene e nel male, non hanno limiti. Il crack della Silicon Valley Bank (SVB), fallita sotto il peso di 16 miliardi di dollari di perdite, rischia di presentare un conto salato anche in Cina dove SVB un decennio fa ha siglato una joint venture al 50% con la Shanghai Pudong Development Bank, tra le prime dieci banche statali commerciali del Paese, un gigante quotato dal 1999 con sede in un imponente palazzo del Bund.
Silicon valley bank è crollata sotto il peso di 16 miliardi di dollari di debiti
Svb era entrata in Cina nel 2005 con una branch dedicata al venture capital, poi nel 2012 la jv con Spd Silicon Valley Bank, autodefinitasi «la prima a ottenere una nuova licenza bancaria in 15 anni per l’offerta di servizi onshore e offshore per finanziare l’innovazione». Destinatarie degli interventi dei venture capitalist Usa, le start up cinesi meritevoli di essere finanziate in dollari.
Ai tempi la jv era l’unico modo per creare un’entità bancaria in Cina, oggi è possibile, invece, anche per le banche, la creazione di un’entità pienamente straniera. La Spd Silicon Valley Bank si è affrettata infatti ad affermare di avere un bilancio indipendente rispetto alla Spd, pari a 2 miliardi di yuan cinesi (290 milioni di dollari) di capitale sociale (fonte, il database Tianyancha), equivalente al 6,8% del capitale della Shanghai Pudong Development Bank capitale sociale di 29,35 miliardi di yuan.
Fatto sta che a fine di dicembre, Svb aveva circa 209 miliardi di dollari di attività totali e 175,4 di depositi totali, incluse quelle relative alle start up cinesi.
SVB permetteva alle start up cinesi di aprire un conto online in pochi giorni grazie a un numero di cellulare cinese
I paletti messi dalla Cina ai finanziamenti stranieri di attività strategiche rappresentano un problema strutturale, come è dimostrato dal sistema parallelo delle società cinesi offshore costituite nei paradisi fiscali. In questo caso, anche a detta dei clienti finali cinesi cioè i titolari delle start up in cerca di fondi la soluzione perfetta era il sistema online offerto dalla jv per l’apertura veloce, circa una settimana, di un account Svb che avveniva grazie a un numero di cellulare cinese, di certo un valore aggiunto rispetto ai 3-6 mesi dei più tradizionali Standard Chartered, Hsbc, Citi. Inoltre, grazie a quel sistema le start up potevano mostrare ai finanziatori come utilizzavano i fondi, invogliandoli a investire ancora di più.
Adesso il crollo della Silicon Valley Bank avrà inevitabili - ma difficilmente quantificabili - effetti a catena sulle startup cinesi, perché solo conti assicurati posso chiedere la garanzia ma soltanto fino a 250mila dollari entro lunedì prossimo offerta dalla Federal Deposit Insurance Corporation statunitense (Fdic).
Start up di successo finanziate dalla jv adesso raccolgono i cocci dopo il default di SVB: i depositi non assicurati rischiano di più
Non si sa quante startup con sede in Cina avessero conti Svb. Si sa però che moltissime hanno iniziato a operare con conti Svb. Zai Lab, società di biotecnologie di Shanghai a fine dicembre ha dichiarato che circa il 2,3% dei suoi conti pari a 1,01 miliardi di dollari di liquidità erano detenuti da Svb, la maggior parte erano stati affidati a JPMorgan Chase, Citigroup e Bank of China (Hong Kong). Everest Medicines, un’altra azienda biotecnologica, ha dichiarato di avere meno dell’1% della liquidità presso Svc e che prevede di recuperare la maggior parte dei suoi depositi. Fatto sta che la maggior parte dei depositi detenuti da Svb non erano assicurati, per questi depositari la Fdic ha detto che riceveranno certificati di amministrazione controllata per i saldi. Briciole di carta.
Rita Fatiguso
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