di Manuela Perrone
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Sono state due appassionate lectiones magistrales fuori dagli schemi a dare il via alle celebrazioni del trentennale della scomparsa di Guido Carli, l’ex ministro del Tesoro ed ex Governatore della Banca d’Italia dal 1960 al 1975, gli anni chiave dello sviluppo economico italiano. La Fondazione Guido Carli, presieduta da Romana Liuzzo, ha affidato la doppia lectio a Claudia Parzani, prima presidente di Borsa italiana, che ha tessuto un provocatorio «Elogio dell’insuccesso» e alla direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, che ha raccontato l’importanza di «Cantare fuori dal coro». Un evento promosso nell’Aula Magna della Luiss che ha incantato un parterre eccezionale tra top manager, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni e del mondo della cultura.
La data non è stata scelta casualmente. Lo ha spiegato Liuzzo aprendo i lavori: «Il 6 marzo è la Giornata europea dei Giusti. Una Giornata dedicata alla memoria del bene. E di bene, all'Italia e all'Europa, Carli ne ha fatto moltissimo». La presidente della Fondazione, nipote dello statista, ha condiviso un ricordo privato della firma del Trattato di Maastricht, il capolavoro negoziale di Carli: «Mi raccontò poi in privato che quel giorno gli tremava la mano. David Sassoli, due anni fa, disse che “quella mano tremava nello sforzo di tenere ancorato a tutti i costi un Paese al suo futuro. Per dare a tutti noi una speranza”.Nel trentennale della sua scomparsa, è quella speranza, quella ostinata fede nel futuro, che la Fondazione Guido Carli vuole celebrare». Assieme alla lungimiranza, perché - ha sottolineato Liuzzo - «basta leggere le cronache per comprendere quanto la sua lezione sia ancora straordinariamente attuale: come un faro, il sogno di Carli ha illuminato la storia italiana fino ai giorni nostri». Lo stesso ha rimarcato Gianni Letta, presidente onorario della Fondazione, nelle conclusioni, parlando di «intuizioni profetiche».
Identico sentimento è stato espresso dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo saluto istituzionale, ricordando le «due condizioni» per lo sviluppo del Paese poste da Carli nei vari ruoli che rivestì, compreso quello di presidente di Confindustria: «uno sforzo incessante per promuovere innovazione e ricerca» e «la liberazione dalle rigidità legislative, burocratiche e corporative dai “lacci e lacciuoli che ad uno o a pochi sono utili”», secondo la citazione di Tommaso Campanella che gli era cara. Un messaggio, ha detto ancora Visco, «che nel suo ricordo non possiamo fare a meno di continuare a fare nostro».
A introdurre le lectiones è stato l’ambasciatore Giampiero Massolo, numero uno di Ispi e Atlantia, che ha dato merito alla Fondazione Guido Carli di riproporre l’attualità del pensiero di Carli «sempre cambiando la modalità», con «un’attività mai rituale» che si esplica nelle lectio e nel Premio dedicato all’ex Governatore, la cui cerimonia di assegnazione del riconoscimento ai talenti che fanno grande l’Italia nel mondo, il 5 maggio nella solenne cornice del Teatro dell’Opera di Roma, rappresenterà il culmine delle celebrazioni. Con la doppia lectio, ha osservato Massolo, si parla «per paradossi»: riuscire attraverso l’insuccesso, riuscire cantando fuori dal coro. Tutto come «un elogio della mitezza», «il miglior modo per celebrare Carli».
Claudia Parzani è partita da un’immagine potente: quella dei primi passi che muove un bambino nel mondo. «Nessuno cammina e basta»: si cade e ci si rialza, ci si fa anche male, a volte. Ma «nessuna idea di fallimento», «nessuna fretta» davanti alle cadute: «Solo un invito a riprovare, ancora e ancora». Perché «il fallimento, l’insuccesso, l’errore sono concetti degli adulti che i bambini non hanno». Da questa metafora è cominciato un viaggio, ricco anche di aneddoti personali, per smontare lo «stereotipo dell’avere successo» di cui è permeata la nostra cultura, inclusa quella del business, e invece riconoscere e valorizzare, persino nel curriculum vitae, il «diritto all’errore». Soltanto chi sbaglia ha tentato. «Quando parliamo di insuccesso parliamo di coraggio»: il coraggio di rischiare, di cercare il meglio. Per questo l’insuccesso «è sempre un’occasione di crescita e di miglioramento», un’opportunità di perfezionare le proprie competenze. Gli errori sono «i portali di nuove scoperte».
È la ragione per cui, secondo la presidente di Borsa, che ha citato la Silicon Valley, Thomas Edison, Michael Jordan - gli scienziati e gli sportivi, i più consapevoli del valore dello sbaglio - ma anche Hegel («La peculiarità dell’esistenza è l’erranza») ha invitato a «uscire dalla comfort zone» delle abitudini e a osare. Anche perché «sbagliare ci rende umili» e ai leader di oggi, che devono gestire sfide molto complesse, si richiede la capacità di mostrarsi fragili, vulnerabili, umani, la fiducia nella «forza della squadra». Qualità che ne portano con sé altre: il rispetto, la gentilezza, l’ascolto, l’inclusione.
Parzani ha concluso con le tre questioni aperte che le stanno più a cuore. La prima è il tasso di occupazione femminile (inchiodato ancora intorno al 51%) e la violenza di genere. «In Italia il divario tra l’occupazione delle donne e quella degli uomini è pari a circa il 20%: se non ci fosse, si potrebbe generare un impatto economico annuale fino a 11.200 miliardi di dollari nei Paesi del G20 più la Spagna». E il lavoro, ossia l’indipendenza economica sostenuta dall’educazione finanziaria, è un antidoto alla violenza. «Serve un piano d’azione globale contro gli stereotipi», per un cambiamento culturale. Il secondo punto chiave è l’attenzione all’inclusione, non solo di genere, ma anche generazionale e territoriale: «Non più un nice to have, ma un imperativo economico per le aziende». Il terzo tema è cambiare i paradigmi anche per attrarre investimenti, perché «l’industria italiana è asse strategico del Paese». In sintesi, ciò che Parzani ha proposto è un «patto di fare», ché «il solo senso della parola potere è il potere di fare».
Da un lato l’elogio dell’insuccesso come motore di cambiamento, dunque. Dall’altro lato, con Beatrice Venezi, l’invito a non conformarsi «al pensiero unico del mainstream»: «Cantare fuori dal coro non significa essere stonati, ma cantare diversamente». È in fondo ancora un appello al coraggio, molto declinato al femminile. Un appello che secondo Venezi non può confondersi con le derive della cancel culture, dello schwa o della «mortificazione sessista delle quote rosa. «Se si elimina la differenza e il genere grammaticale è sostituito dallo schwa qual è il senso del femminismo? Che senso ha parlare di diritti delle donne?».
E di diritti delle donne, il «direttore d’orchestra» Venezi, come preferisce essere chiamata, ha parlato raccontando le musiciste e compositrici «geniali volutamente ignorate dalla storia fatta dagli uomini»: una carrellata emozionante da Ildegarda di Bingen a Fanny Mendelssohn, da Nadia Boulanger, maestra di innumerevoli famosissimi musicisti, a Ethel Leginska, da Antonia Brico a Mary Ethel Smith, da Elisabeth Kuyper a Carmen Bulgarelli Campori, fino a Veronika Borisovna Dudarova e a moltissime altre. «Moltiplicatele per ogni ambito: queste donne sono un capitale umano imprescindibile. Vere rivoluzionarie, che hanno lottato per la parità e non sono state un’eccezione, ma un esempio di coraggio, tenacia, perseverenza, resilienza. Eversive. A poche donne viene perdonato il talento, a pochissime il successo».
Manuela Perrone
inviata parlamentare
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