di Elena Comelli
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Oggi è la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e cade proprio nel momento giusto. Con oltre il 20% del territorio nazionale a rischio desertificazione fin dal 2018 e con una situazione ulteriormente complicata dall’assenza di precipitazioni invernali, l’Italia è in piena crisi idrica.
Il deficit di pioggia e neve durante il passato inverno (rispettivamente -60% e -80% rispetto alla media stagionale) sta devastando le principali aree rurali del Nord Italia, con i grandi invasi di acqua riempiti a livelli minimi e ben al di sotto della loro capacità.
Il Po soffre della peggiore secca degli ultimi 70 anni e l'osservatorio dell’Associazione Nazionale Bonifiche denuncia flussi dimezzati per Arno e Ombrone, minimi storici per il Sentino, il Nera e l'Esino, mentre nel Lazio è iniziato il conto alla rovescia per il razionamento dell'acqua potabile.
In Italia mancano 5 miliardi di metri cubi di acqua rispetto a 50 anni fa, come rilevato dall’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio. L’agricoltura, che consuma oltre il 50% delle risorse idriche disponibili, è il settore più colpito.
L’emergenza si sta facendo sentire anche nel resto del mondo. Dal 2000 ad oggi il numero e la durata degli eventi siccitosi è aumentato del 29% a livello globale, al punto che la prolungata mancanza d'acqua è oggi il disastro naturale che conta il maggior numero di vittime: circa 650.000 morti dal 1970 al 2019. A cui si aggiungono oltre 2,3 miliardi di persone che fanno i conti annualmente con forti stress idrici.
E non si tratta solo di un problema di salute. La siccità colpisce duramente anche l'economia: in meno di 20 anni ha causato nel mondo perdite per oltre 120 miliardi di dollari.
Guardando al futuro, il numero di individui minacciati è destinato a crescere. Il rapporto della United Nations Convention to Combat Desertification prevede che per la metà del secolo il problema potrebbe colpire più di tre quarti della popolazione mondiale e che entro il 2030 circa 700 milioni di persone nel mondo potrebbero diventare rifugiati climatici a causa della siccità.
Unica soluzione: utilizzare con saggezza le risorse idriche che abbiamo, senza sprecarle. Un’indicazione che per ora non è presa abbastanza sul serio da nessuno, in primis dagli acquedotti italiani, che perdono il 42% dell’oro blu immesso in rete. Ma nemmeno dalle famiglie: con 220 litri al giorno per abitante (e punte oltre i 230 litri nelle città), gli italiani sono i più spreconi fra gli europei, dove la media ruota intorno ai 125 litri (dato Eureau).
L’agricoltura non è da meno nella classifica degli spreconi. Il rapporto tra superficie irrigabile e irrigata, secondo Eurostat, in Italia è superiore persino a quello della Spagna, che ha una superficie agricola superiore e soffre di maggiore siccità.
Per di più l’intensità d’irrigazione in Italia sta crescendo: una tendenza che rischia di diventare un circolo vizioso, man mano che la siccità aumenta.In un contesto così complicato, anche gli interventi mirati possono fare la differenza, come ad esempio il progetto “Acqua nelle nostre mani”, che sfida la siccità attraverso azioni concrete sul territorio per iniziativa di Finish, con il supporto del Future Food Institute.
L'iniziativa farà tappa quest'anno in Puglia, a sostegno della coltivazione dell'olivo, pianta fondamentale per il mantenimento del corretto equilibrio ambientale e barriera naturale contro la desertificazione. L'intervento, in corso di realizzazione, vedrà la piantumazione diretta di oltre 500 alberi resistenti al batterio della Xylella e il monitoraggio idrico delle coltivazioni su un totale di 500 ettari distribuiti nella provincia di Brindisi, che garantirà un risparmio annuale (considerate le 20 settimane di stagione estiva) di oltre 150 milioni di litri d'acqua. L'attività si svolge in collaborazione con la Cooperativa Agricola Sociale di Comunità Borgo Ajeni di San Michele Salentino.
A supporto di questo progetto ci sarà anche la tecnologia, strumento fondamentale per contribuire a ridurre lo stress idrico in agricoltura. Al centro dell’intervento c’è l'innovativa tecnologia Daiki di SmartIsland, startup siciliana selezionata nel 2021, in grado di rilevare, fin dal momento della piantumazione, dati climatici e idrici utili a monitorare il fabbisogno idrico delle piante, oltre che a prevenire le malattie.
Il monitoraggio sarà reso possibile attraverso una serie di tecnologie di data analysis che hanno l'obiettivo di prelevare informazioni sullo stato di coltivazione della pianta, in modo da offrirle il corretto fabbisogno idrico e generare di conseguenza un'attività di irrigazione controllata.
I dati raccolti dai robot non saranno solamente di natura visiva ma anche di carattere fisico e chimico, offrendo informazioni su possibili elementi avversi capaci di attaccare la pianta. I dati misurati vengono raccolti in tempo reale da specifiche centraline, connesse con elementi di intelligenza artificiale in grado di determinare i momenti di apertura e chiusura delle valvole per l’irrigazione.
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