Blitz contro no-vax, perquisizioni di Polizia postale e Digos
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Dalle prime ore di oggi, la Polizia di Stato sta eseguendo perquisizioni domiciliari e informatiche a carico di appartenenti al mondo no vax che, tramite un gruppo Telegram, hanno manifestato intenti violenti da porre in essere in occasione di pubbliche manifestazioni. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano che ha delegato la locale Digos e il compartimento di Polizia postale, sono rivolte nei confronti di soggetti residenti nelle città di Milano, Roma, Bergamo, Reggio Emilia, Venezia e Padova.
Si definivano “i guerrieri’, su Telegram, gli indagati nell’operazione della Polizia di Stato coordinata dalla Sezione distrettuale Antiterrorismo della Procura di Milano, che ha portato oggi a eseguire numerose perquisizioni in varie regioni. La frangia No Vax, che aveva intenzione di costruire rudimentali ordigni “fai da te” e di approvvigionarsi di coltelli, era composta da 3 donne e 5 uomini, tutti cinquantenni, tranne un uomo di 33 anni. Due di loro, tra cui il creatore della chat, sono milanesi, due i romani, uno di Bergamo, uno di Reggio Emilia e poi due veneti, da Padova e Venezia. Quest'ultima, una donna, era una simpatizzante dell'indipendentismo veneto, a cui nel 2019 era stato ritirato il porto d'armi per uso sportivo per problematiche psichiatriche. Tra loro disoccupati, operai, dipendenti di catene commerciali e il custode di un condominio, senza legami con gruppi estremisti di destra o sinistra, né con l'ala anarchica.
Una sola la chat violenta. «Non risulta, al momento, dal nostro monitoraggio, che ci siano altre chat analoghe, con No Vax che istigano ad azioni violente», hanno precisato, nel corso di un incontro in questura, a Milano, i dirigenti della Digos Guido D’Onofrio e del Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni Lombardia, Tiziana Liguori. Il gruppo Telegram di cui gli 8 indagati erano gli ispiratori aveva circa 200 partecipanti. La discussione dell'estensione del green pass è stata la miccia che ha alzato il livello della violenza verbale. «É come se queste camere d'odio (le chat, ndr) facessero esplodere il peggio di queste perone che in questo circuito ristretto si sentono libere di dire le cose più velenose, che forse mai si sarebbero permessi di dire in un contesto pubblico», ha spiegato in conferenza stampa il dirigente della Digos Guido D’Onofrio.
Nel gruppo Telegram “i guerrieri” al centro dell'indagine dell'antiterrorismo della Procura di Milano, gli attivisti no green pass si scambiavano informazioni sul luogo di abitazione del presidente del Consiglio Mario Draghi. «L'appartamento di Mario Draghi è situato al numero di… quartiere di… questa fonte è sicura», si legge nello screenshot di una chat, in cui l'utente no vax chiedeva agli altri membri del gruppo di verificare che il presunto indirizzo del premier fosse quello giusto. Nel mirino dei “guerrieri” anche le antenne del 5G: «Dobbiamo bruciare, sono ben esposte…. Basta avere la mira giusta dalla distanza. Se ne può mettere fuori uso tanti contemporaneamente così che diventeranno matti nel correre dietro a ripararle».
In una delle conversazioni con cui i no vax coinvolti oggi nell’operazione della Polizia di Stato istigavano alla violenza, si parlava di far saltare il Parlamento con del tritolo, avvalendosi di un drone. Non si tratterebbe però di un progetto, ma di farneticazioni, definite dagli inquirenti «puro odio delirante». «Radere al suolo il Parlamento con tutti loro dentro - si legge - basta un piccolo drone pilotato a distanza da uno dei tetti di Roma... un 500 grammi di tritolo e lo lasci cadere durante la seduta». I no vax del canale Telegram incriminato erano anche convinti che i parlamentari non siano davvero vaccinati ma che, «ben consapevoli di un esperimento di ingegneria genetica in atto», si sarebbero fatti «inoculare solo una soluzione fisiologica». Gli altri bersagli erano i palazzi del potere a cui contestavano di portare avanti «un disegno di sistema del dominio». Nella chat monitorata dalla polizia postale, gli otto indagati - che hanno un’età fra i 33 e i 53 anni - infatti parlavano di “occupare i palazzi” del potere a Roma. Si stavano muovendo per creare una “rete” a livello nazionale per azioni violente e stavano pianificando una riunione operativa e preparatoria, o in un luogo fisico o rimanendo sui canali digitali, per la manifestazione ’no Green pass’ di sabato a Roma. Avrebbero già voluto anche creare disordini nel corso della visita, che poi fu annullata, del ministro della Sanità Roberto Speranza a Padova, che era in programma per il 2 settembre.
«Noi quando andiamo a Roma i primi che dobbiamo colpire sono i giornalisti. Sono da fare fuori». Questo è uno dei messaggi scritti dai membri del gruppo Telegram “I guerreri” indagati dalla procura di Milano per istigazione a delinquere perchè pianificavano azioni violente da commettere alle manifestazioni No green pass in programma a Roma l’11 e il 12 settembre. Gli otto No Vax coinvolti nell’operazione di oggi della Polizia di Stato invitando a «usare le molotov» (che non risulta possedessero) per «far saltare i furgoni delle tv». Secondo quanto riferito in questura a Milano, «per la stampa, ritenuta asservita al regime, avevano un vero e proprio odio».
Le “azioni violente” con armi ed esplosivi “fai da te” che stavano programmando durante le manifestazioni No Green pass previste per il prossimo fine settimana in tutta Italia e nella Capitale, avevano l’obiettivo di «mutare o condizionare la politica governativa e istituzionale in tema di campagna vaccinale», come si legge in un passaggio dei decreti di perquisizione firmati dai pm Alberto Nobili e Piero Basilone. Gli indagati portavano avanti «iniziative volte ad affermare le convinzioni dell’area cosiddetta ’no vax’».
Nel corso delle perquisizioni nei confronti del gruppo di no vax che stava progettando azioni violente, soprattutto per la manifestazione di sabato prossimo a Roma, sarebbero state trovate armi, come coltelli e bastoni. Uno degli otto no vax ha regolare porto d’armi per uso sportivo. A casa sua in provincia di Bergamo la polizia ha trovato diverse armi da fuoco regolarmente detenute. Un’altra attivista indagata, residente in provincia di Venezia, aveva il porto d’armi, ma le era stato revocato per problemi psichiatrici. A casa di altri sono stati trovati tirapugni e spray urticanti illegali. Un indagato residente in provincia di Reggio Emilia aveva una katana, una spada giapponese.
Per gli inquirenti il blitz rientra in una «importante attività preventiva contro dei disordini» che erano stati programmati. Da un lato, c’è il riscontro che questi gruppi stanno «alzando il tiro» e dall’altro si dimostra che le istituzioni e le forze dell’ordine sono presenti nel contrastarli. Le perquisizioni, come si legge nel decreto, riguardano documenti «di qualsiasi natura (anche informatici)” e dispositivi, come notebook, cellulari, memorie o supporti informatici, “utili alla ricostruzione dei fatti e della responsabilità». Caccia anche alle “armi” e a elementi che riguardano «i rapporti tra gli indagati e tra questi e altri soggetti che potrebbero aver concorso all’istigazione alla commissione di delitti connotati dalla violenza contro persone e cose» e per la «delineazione dei rispettivi ruoli».
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